domenica 16 novembre 2014

imprenditori e operai

Questo è un periodo che sono bloccato a letto con una tracheobronchite, tra acqua che scende sul nord e acqua che sudo di mio c'è umidità in giro, ho aperto una scatola di sali antiumido per far asciugare i cuscini e il piumino. E si parla di ingegno italiano, di imprenditori capaci, e ritorno col pensiero al mio anno in FIAT Lingotto, nel 1979-80.
In precedenza, da studente di medicina, avevamo partecipato alle 150 ore con gli operai di Mirafiori, ci scontavano una parte dell'esame di fisica, quella sull'udito.
Nel settembre '79 grazie alle sovvenzioni statali vennero assunti a Torino in migliaia, anche una decina di attivisti di lotta comunista, attingendo dalle liste di collocamento.
Come prima esperienza mi mandarono in lastroferratura, turnista, ogni settimana cambiavo turno, o il primo, dalle 6 alle 14, o il secondo dalle 14 alle 22. Uno stress il dover cambiare ritmi giornalieri ogni settimana, e doversi alzare alle 5 del mattino, alle volte prendevo il tavor per addormentarmi.
Il capannone era diviso in due, la parte preistorica, dove lavoravamo alla vecchia maniera, con le saldatrici a mano, e quella avveniristica, dove robot saldatori mettevano i punti alla scocca senza intervento manuale. 
I saldatori anziani raccontavano di quando negli anni '60 si punzonava il numero di serie sul telaio con il martello, e che preferivano venire a lavorare con il mal di denti piuttosto che stare a casa.
Di tutta la squadra che si stava affiatando, io mostravo qualche imprecisione, nell'uso delle saldatrici, un colpo di martello in meno, una saldatura a mano con il filo di stagno, che nelle mie mani forava la sottile lamiera del furgone 238, anche in versione ambulanza (simile al pulmino Volkswagen).
In due mesi ero finito a fare il jolly, un giorno a tinteggiare di antiruggine la scorta di laminato e bulloni, e poi il distaccamento alla fine della verniciatura, quando le scocche venivano smontate dalla catena di montaggio e depositate su carrelli spinti a mano nel cortile esterno da cui autotrasportatori li avrebbero trasferiti in altre fabbriche.
Il superiore anziano sembrava un padreterno, aveva potere di staccare la corrente, con un bottone fermava tutta la catena, con le scocche che venivano verso di noi, e le metteva in attesa fino a che  non veniva fatto nuovo spazio nell'officina spostandole nel cortile all'aperto.
L'organizzazione del lavoro ai miei occhi risultava quasi assente, come se si vivesse improvvisando. Eppure la presenza di occhi vigili e controllori e una gerarchia di capetti e capi c'era. Natale passò in fretta, con un cenone della vigilia in fabbrica al turno serale, tutti riuniti attorno alla tavolata insieme al caposquadra.   A novembre, una rapina delle buste con gli stipendi  spinse la FIAT ad accreditarci i soldi sui conti correnti.
Ricordo le pause pranzo, il riposino nell'abitacolo biposto, qualche collega (Carmine)  intento a finire il lavoro assegnato nella calma e nel silenzio, canticchiando melodie napoletane (non quelle classiche e famose). 
A gennaio avevo chiesto una mano ad un dirigente per evitare i turni, volevo fare l'orario unico. La notizia passa dalla direzione al caposquadra, che mi avvisa che devo andare dal caporeparto. In suo cospetto, mi comunica che sì. c'è la possibilità di accedere ad altro turno, ma che il mio comportamento non è affidabile, e che non devo frequentare una compagnia sinistra come ho fatto fino a quel momento. Si trattava di due coetanei, con cui parlavamo sia nelle pause che fuori, nei fine settimana, essendo accomunati da un destino simile e da interessi intellettuali.
A questo punto ho interrotto i rapporti con i colleghi. Passano un paio di settimane, a metà gennaio mi spostano al terzo piano, turno unico 8-17, catena di montaggio parti interne, radiatori, eccetera, Ma la settimana di prova non convince, o forse si crea il bisogno di una unità al collaudo fine montaggio, dove inizio a lavorare testando le frenate. Si producevano   124 coupè e la F/X, sportive, per il mercato americano. In poco tempo passo alla verifica delle chiusure dei bulloni, con il dinamometro, al controllo delle parti assemblate che spesso non sono complete. Vincenzo!!! la scatola guida! correttore di frenata!!! e dietro la coppia di meccanici alla verifica pronti a intervenire coi cacciaviti elettrici prima che le auto siano scese dalla catena di montaggio. Il nostro lavoro di collaudo si concludeva con la timbratura, ognuno aveva una pinza che effettuava un forellino, diverso per ognuno, in modo da riconoscere  chi era stato alla verifica.  Il check con le chiavi dinamometro sui bulloni, l'arrivo del maresciallo, foriero di sfuriate: un'auto sulla pista si è schiantata! chi oblitera con il punzone a stella?
Intanto, si spargeva la voce che l'azienda sovvenzionava chi voleva lasciare il posto con dei buoni uscita di qualche milione, in tempi in cui la busta paga era 400 mila lire.
Passo un periodo difficile, quasi un mese in malattia, fino a metà agosto, mi sento di nuovo in forze, e parto per un viaggio. Al ritorno, non ho più interesse a riprendere il lavoro, mi presento giusto per dare le dimissioni immediate /senza gli 8 otto giorni di preavviso, e senza buonuscita. Andandomene,  mi sono precluso di trovare una assunzione nuova (dopo i 12 mesi di lavoro l'ufficio di collocamento dava la possibilità di cambiare lavoro) ma mi sono aperto la strada per cambiare vita, famiglia e città. Da Torino, bella città ma in cui avevo problemi a socializzare, sono finito in Puglia, campagna e mare, olivi e viti, e finalmente finisco i corsi universitari.
E a fine 1980, a distanza di pochi mesi dalla mia uscita, il Lingotto fu chiuso, tutti in cassa integrazione, solo pochi smistati a Mirafiori. Dopo Fiat Ferriere, Fiat materiale ferroviario, anche il Lingotto diventava una operazione finanziaria di riqualificazione urbanistica ed edilizia.

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