venerdì 25 marzo 2022

Salento estate 1981, il ragno del dio che danza

  Nel 1974 l'Odin teatret di Eugenio Barba soggiorna nel profondo sud, in Salento, in diverse tappe, a Carpignano Salentino, sulle tracce della cultura orale, i cunti, le canzoni e le danze, ed a Monteiasi nel Tarantino, allestendo presentazioni del lavoro teatrale, e parate. I resoconti di questo viaggio sono pubblicati in un depliant distribuito al festival di teatro di Venezia, con le foto di Tony D'Urso a fissare le performance e la meraviglia del pubblico, grandi e bambini. In un post precedente ho scritto su alcuni di questi episodi/eventi. Il depliant dell'Odin: Immagini di una realtà senza teatro, presentava il soggiorno nel Salento, le parate di strada, a Carpignano Salentino. Già avevamo insaurato una amicizia con i gemelli Costa e Benia, bottega di cartapesta "I messapi", ci siamo frequentati a Torino, quindi nel dicembre  '75, e poi varie volte nel 77, sono sceso a Lecce a trovarli e a conoscere il Salento 

Io arrivavo da Torino, città in cui avevo lavorato nell'animazione, con la cooperativa della svolta (1976-1977) e con Renato Giuliani, ai tempi di Nalpas teatro, con vari spettacoli di clownerie e con animazioni nei centri estivi (scuole di Nichelino), avevo conosciuto Giorgio di Lecce, e fatto stages con il gruppo teatrale Domus de Ianas. Con Renato ed i gemelli partecipammo allo spettacolo "per la metamorfosi" da Kafka.

In questo post raccolgo i miei ricordi dell'estate  1981, da marzo ad agosto, quando insieme ai docenti di Storia del Teatro di Lecce, all'Oistros, ed agli studenti che aderirono, si svolse la preparazione degli stages teatrali, e dello spettacolo in turnèe nei paesi della Grecìa salentina, Il ragno del dio che danza.

Il gruppo che si era formato comprendeva attori già provetti, come Franco Corallo, Cristina Ria, e Mario Blasi, e studenti, come Marcella Quarta, Annarita Rizzo, Marcella Ferraro, Maria Rosa da Martina Franca, Vera De Luca, Grazia da Bari, Raffaele (reduce da Pontedera ma domiciliato in Salento) oltre a vari partecipanti che per loro ragioni non proseguirono fino alle rappresentazioni di luglio, tra cui l'uomo pietra, Vito Mazzotta, Anna Cerignola, e Costantino Piemontese, che con il gemello Beniamino (I Messapi) utilizzò Raffaele come modello per la colata di gesso, e fecero un Cristo crocifisso in cartapesta di dimensioni reali.

disegno dell'assistente del prof.  Lapassade, il ricercatore Abdelatif Elazami

Gli stages teatrali erano presieduti dal sociologo francese e specialista della transe nel mediterraneo Georges Lapassade, la trance allucinatoria delle discoteche odierne e di paesi del mediterraneo come Egitto e Marocco, in cooperazione con i docenti Nicola Savarese e Marisa Turano, e gli assistenti di Storia del teatro, come Gino Santoro, fondatore del gruppo teatrale Oistros, la partecipazione di Luigi Chiriatti, antropologo di Calimera e tra i fondatori del gruppo musicale Canzoniere Grecanico, della casa editrice Kurumuny,  del centro studi Diego Carpitella, etnomusicologo e docente alla Sapienza, raccoglitore delle musiche tradizionali del Salento insieme a Ernesto De Martino, autore del libro di lavori sul tarantismo nel Salento "La terra del rimorso" della tarantola e della condizione sociale disagiata delle donne, sul lavoro nei campi ed in famiglia. Venne anche proiettato uno degli ultimi reportage cinematografici sulle tarantate davanti alla cappella di San Pietro e Paolo a Galatina, ad opera di Oronzo Marmone e Luigi Chiriatti nel 1977. 

Da marzo a giugno si sarebbero alternati vari corsi, con Tapa Sudana, balinese attore di Peter Brook nel Mahabarata, sul tema: corpo movimento e espressione, Monica Solem (The House), sulle tecniche corporali e vocali, Cristina Cibils e Erico Carbeiro, attori del Living theatre, su trance e lavoro dell'attore.

Sternatia, atrio del castello (Marisa Turano davanti a Cristina Ria, Franco Corallo di spalle, il padre di Gino a destra, in secondo piano Annarita Rizzo, Maria Rosa e Marcella))
qui sulle spiaggie di Sant'Andrea


servizio fotografico di Oronzo Marmone
nelle campagne di Caprarica, sulle serre salentine



Raffaele, Mario Blasi, Vito Mazzotta

La prima fase si svolse nelle aule dell'università, con studi sulla trance, le tradizioni popolari. i canti e lamentazioni funebri, le Baccanti di Euripide, il ruolo dato a Dioniso nella Grecia classica e nelle rivisitazioni colte, e fasi di improvvisazione e psicodrammi sulla vita personale nella famiglia e società odierna. 

Il nome della rassegna e dello spetttacolo estivo deriva dal Dio bambino, il sole dentro di noi

Dioniso è la forza vitale (per Janmaire) coloro che si riparano dietrro la sicurezza della ragione sono destinati a cadere. Per Dodds, riguardo gli attacchi di isteria collettiva  il rito doinisiaco riesce a contenerli, sfociando nel rito religioso. Resistere a Dioniso è inutile, la parte più profonda si scava una via di uscita, se è repressa esce fuori con violenza, invece di manifestarsi come forza vitale. Anche Ernesto De Martino ha descritto azioni di isteria collettiva, in "Furore, simbolo, valore".

Dioniso è quello che facciamo con lui. Euripide non prende posizione, lascia le contraddizioni perchè la nostra sensibilità possa analizzarle. "Le supplici" parla del significato della sepoltura rituale, l'importanza degli onori ai defunti, per assicurarsi la benevolenza degli dei e della morte. Per Oreste, le Erinni esistono solo nella mente degli uomini, e dietro c'è la mentalità che l'assassinio richiami l'assassinio, come diritto dell'anima a essere vendicata. 

Lamentazioni funebri: Nel villaggio Iugur in Romania, nel buio una vecchia si lamenta camminando, segue un rituale e cerca aiuto nel pianto. Nel villaggio Tei in Carpazia, i lamenti non sono suoni umani, sono molto intensi. Non isolano la voce che piange, ma la fondono in un luogo vivente. Parla con tutti quelli che possono ascoltare, i monti, le piante, tutti gli uomini sulla terra.

Dibattiti sono serviti a formare un ponte tra storia delle religioni e il tarantismo studiato da De Martino, Luigi Chiriatti, i musicisti delle musiche tradizionali Diego Carpitella e Alan Lomax.

Nel frattempo, si studiava, per eventualmene utilizzare qualche brano, il testo delle Baccanti

Dalle terre dell'Asia                          Asiàs apogàs
dal Tmolo il sacro monte                 ieròntmolon amèipsasa toàzo
qui accorro in delirio                         bromiò pomoèdiu
sforzo dolce, fatica felice                  xamatòn t'èukamatòn
per celebrare Bacco.                        Bakkion èuazomenà.
Chi è là, chi è là, nella via?              Tis odò? Tis odò? Tis?
nelle stanze sta appartato                 melatròis exoposèsto
e la sua bocca nel silenzio santifica  Stomatèufemon apàs exosiùsto.
Con i miei canti rituali                        Ta nomìzenta garàei
sempre Bacco celebrerò                   Dyony'son ymnèso.
Beato chi conosce
i misteri divini
e vive religiosamente
e si entusiasma nell'anima
e partecipa sui monti
alla purificazione bacchica
e partecipa alle orgie di Cibele      Ta te màtros megalàs
la grande madre                             orghia Kùbelas temitèuon
e solleva il suo tirso                        ana ty'rson te tinàsson 
e si circonda di edere                     kissò te stefanòteis  
come servo di Dioniso                   Dyony'son terapèuei. 


Baccanti, riti dionisiaci, trance, accompagnati da musiche  e tamburello, sin dalla Grecia antica

Gli incontri con Tapa Sudana si svolsero tra il salone del collegio Argento, uscite all'aperto (Caprarica, Torre dell'Orso), e la chiesa degli Agostiniani a Melpignano. Molti esercizi di ginnastica orientale e arti marziali, come il Tai Chi Chuan, e lavoro con le maschere del teatro balinese, la donna, il demone, il vecchio. A conclusione, si tenne una rappresentazione di gruppo a storia del teatro, inscenando un Gamelan, il coro balinese (TIAK, TIAKTIAKTIAK ripetuti, PON PON PON SRR, HES HES BIO SRR; Sorian gherian narian horian), con noi nella posizione del fiore di loto, in cerchio.
Canzone di Gianin Gianguer

Tapa Sudana è una persona ed un attore fuori dal comune, unisce tecniche di uso delle maschere giapponesi e orientali con la danza. Di notte, è andato a piedi fino al mare, nel neretino; negli anni '80 cambiò tutto e il traffico notturno sulle strade non permetterà più queste libertà. 

Degli incontri con Monica Solem ricordo gli esercizi sulla corsa personale, spostando il peso del corpo avanti, indietro, e la canzone corale, con gruppi alternati sulle prima, seconda e terza strofa 
Cucù when I was walking   in a may morning           I heard a bird sing!
                                           Cucù when I was walking....
                                                                                  Cucù when I was walking........

Con gli attori del Living theatre ricordo pochi stages, tenuti nel salone del collegio Argento, in cui si decisero le sorti di quella estate: ci fu una presentazione di lavoro al collegio Argento, con tavole viventi di ogni partecipante (il juke box). Gli attori del Living lasciarono a fine giungo, per dissidi interni.
Fu a questo punto che lo studio seminariale del fenomeno tarantismo ed i seminari teatrali si trasformarono in una carovana del teatro itinerante.
Gino Santoro prese accordi con i sindaci dei 7 comuni della Grecìa Salentina, finanziatori, per ospitare la carovana itinerante della preparazione dello spettacolo, e delle serate che ne conseguirono: A Martignano, nella chiesa e nelle strade (5/7/1981), a Sternatia, nel palazzo baronale (18/7), a Melpignano, nella scuola elementare (belle le serate alla fine degli incontro, sotto il loggiato della piazza, a bere un'acqua tonica o un panino del chioschetto, ricco di salse), ed a Muro Leccese, in piazza. In tutto, lo stage è durato 41 giorni, fino ai primi di agosto.

Tra le persone che seguirono i seminari fino all'estate, le motivazioni erano varie. L'apparire insieme nelle rappresentazioni, la potenziale partecipazione ad un festival che si teneva ad Essaouirà in Marocco sulla trance del mediterraneo (poi sfumata, per mancanza di fondi, a vedere altre culture, altri spettacoli, ad Essaouirà fu girato l'Otello di Orson Welles, con la cittadella fortificata, la Medina, e altre scene furono girate al El Jadida, all'interno della cisterna portoghese); 
per alcuni fu occasione di nuove amicizie e frequentazioni, come i due ragazzi gay che arrivavano con dei palloncini dalle forme sessuali), per altri fu occasione di spogliarsi, al mare, dei vestiti, e culturalmente, di pregiudizi e morali superate. 
Ci fu assegnato un rimborso, per la benzina, per tutti i viaggi su e giù tra casa e la Grecìa Salentina. I comuni con le amministrazioni di centro sinistra avevano finanziato gli interventi teatrali.
Discussioni si animarono per scegliere i costumi e gli oggetti di scena, dai taraletti per far asciugare il tabacco, oggetti dell'universo domestico (danza-incubo degli ombrelli, la valigia di cartone, lenzuoli, scope, sedie, appendiabiti, fascine, comò)
il sogno-incubo, ma anche l'entusiasmo
un sogno con delle pause, di scena, dentro il sogno, di realtà sociale, le partenze, le separazioni
orgia di oggetti quotidiani con molti usi
il bestiario dei sogni ed ossessioni delle tarantate
uno degli elementi totemici del tarantismo, i fili/fettucce di seta, colorati, sgargianti, usati per decorare la stanza della tarantata sotto terapia, secondo il colore della taranta che l'ha posseduta, nello spettacolo sono stati elemento decorativo ma anche rappresentativo, disposti a raggera come tela di ragno, 
il sonoro dà densità allo spettacolo e regge le immagini
uccelli, attori sbattono le ali, universo domestico allucinante, giostra trascinante
le creature come ospiti interni alla tarantata, prologo della donna che racconta, 
spazio mentale, oggetti sono ospiti della sua mente
lei come casa abitata da quegli oggetti che cantano, si agitano, sono dentro di lei
i canti delle prefiche, moruloia,
le grida delle tarantate nella cappella di S. Pietro e Paolo, lavò, lavò
Montaggio sonoro con le musiche dei Pink Floyd, dall'album "the wall" (Gianni Renna alle musiche)
Costumi: tanti camicioni del nonno e camicie da notte del primo novecento

Tra i testi da recitare 
ognuno si scelse qualche verso di Vittorio Bodini, o anche di Vittorio Pagano 

Quanto manca d'azzurro a questo cielo (Mario Blasi)

Oh non sapremo mai d'essere stati fantasmi!

Vattene cielo vattene, voltati dall'altra parte

da cui uscivamo al sole come numeri
dalla faccia d'un dado.

Sulle pianure del Sud non passa un sogno.

Battono colpi a case addormentate, ne trasale la luna (Grazia)

Uomini con camicie silenziose
fannno un nodo al fazzoletto
per ricordarsi del cuore

Qui non vorrei morire dove vivere
mi tocca, mio paese
così sgradito da doverti amare

Viviamo in un incantesimo 
tra palazzi di tufo
in una grande pianura. 
Sulle rive del nulla
mostriamo le caverne di noi stessi (Raffaele)

Chiudi le mani a pugno o luna sull'asfalto
lasciaci indovinare dove hai nascosto la moneta d'oro

Le bambine negli orti 
a ogni grido aggiungono una foglia 
alla luna e al basilico.  (vedi link)

Che erba hai in mano! - ho un mazzetto
di balconi e di capre 
di calce azzurra,
e per cielo, lattuga e erba cedrina
il verde cielo d'una tartaruga...

di cicogna, che si spulciano il petto 
che prendono pietre da terra
 e le buttano più in là.

Tre bambine che saltano alla corda 
arancio limone mandarino
e il cielo ai vetri rotti di un finestrino 
arancio limone mandarino (Maria Rosa)

Io avevo una pietra
e questa pietra aveva un orizzonte
e l'orizzonte un desiderio
d spaccarsi, di fendersi
in melagrane
in bianchi muri di calce
secondo un disegno che era
il disegno della mia morte.
E' con la propria morte
che bisogna abitare.....
ma ormai
senz'ombra
senza pietra come
come farò a sapere
dove sono, fino a che punto sono morto
o vivo
le cose da lasciare 
e quelle da prendere.
E' la caverna, è la caverna.
E' la caverna dell'uomo 
che ha i pantaloni stirati.

E' in una sera dipinta sulla seta che vi lascio
negli odori di umido e di carta bruciata (Addio e non leggete)

Sto davanti alla tua caverna.
Esci fuori e arrenditi.
Noi abbiamo la sintassi e la radio,
i giornali e il telegrafo,
e tu non vivi che del mio sonno,
non hai che la roccia a cui ti tieni abbrancato,
e per farmi dispetto
non mi rispondi nemmeno.

Uno l'ho visto io
camminare col capo in giù
sul soffitto,
altri bevevano a un pozzo
di scorpioni e di serpi,
non senza gridi,
nel viola acido e sporco
d'una cappella,
mentre fuori era il chiaro giorno
steso coi piedi avanti
come il Cristo del Mantegna.

Cade a pezzi a quest’ora sulle terre del Sud
un tramonto da bestia macellata.

E' qui che i salentini dopo morti
fanno ritorno
col cappello in testa.

Un monaco rissoso vola tra gli alberi.

Tutto ciò che ti dono 
non t'interessa.....
cos'è che ti rattrista,
che respingi ogni cosa:
se è l'orgoglio e i belletti del piacere
o se il dispetto di non essere eterno.

Quando tornai al mio paese nel Sud,
io mi sentivo morire.

Biancamente dorato
è il cielo dove
sui cornicioni corrono
angeli dalle dolci mammelle,
guerrieri saraceni e asini dotti
con le ricche gorgiere.


Bibliografia





mercoledì 23 marzo 2022

esercizi letterari

 In diversi periodi della vita mi sono imbattuto in amicizie e legami che hanno lasciato delle tracce, episole, esercizi di stile, letteratura di buona fattura. Spesso con riferimenti a cantautori e ai loro classici. Con riferimenti al teatro immediato, ed ad una sera di commiato con Ugo Giletta, in cui improvvisò discorsi di saluto o addio ad ognuno di noi.

Ad esempio, di recente Popinga ha scritto sulla prima liceo, tra sesso e rivoluzione (cito la chiusura):

"... il futuro sembrava promettente, in quell’estate di Rare Bird e Mungo Jerry, di Procol Harum e Vanilla Fudge. Stavano iniziando gli anni formidabili e ingenui in cui il futuro sembrava ricco di promesse. Non me ne rendevo pienamente conto, ma ero felice." (Confusa e felice, Carmen Consoli)

Questa lettera risale al 20.4.1989

"tutti sanno che la barca prende acqua; tutti sanno che sto guardando questo segreto amore; tutti sanno che io sto andando; tuti sanno di chi è la colpa; tutti sanno che sono stato descritto da molta gente come uno che potrebbe raggiungere l'obiettivo; tutti sanno chi è il nostro obiettivo; tutti sanno che potrei essere io o tu; tutti sanno che l'affare è corretto se non è sbagliato; tutti sanno che l'affare diventa difficile; tutti sanno che il peccato è morto; tutti sanno che sono nei guai; tutti vedono la mia trasparenza e prendono la mia barca che fa acqua e il mio segreto cuore e  la mia strada e la mia colpa e il mio obiettivo e la nostra storia ed i miei errori. Tutti sanno che voglio un altro tipo di amore senza rancore in cui io non devo essere il dottore; io so che posso respirare la luna e correre attraverso questo sogno, attraverso queste donne di cui ho bisogno: io non posso dimenticare, forse solo per caso potrei. E se io cado addormentato, sogno di bambini che crescono, di capitani enigmatici e di amanti che chiedono un altro tipo di amore. Tutti sanno che se io l'avessi di fronte piangerebbe sulla scia di questo triste valzer dicendo "I want you, I want you, I..."   (Leonard Cohen Everybody knows;  If you want a lover I'll do anything you ask me to, And if you want another kind of love I'll wear a mask for you (I'm you man)

Primi mesi 1990:

D'inverno, coll'accorciarsi delle giornate, calava la sera prima che avessimo finito di cenare. Quando ci ritrovavamo nella strada la fila di case era già in ombra. Il tratto di cielo sulle nostre teste si faceva d'un colore viola cangiante e verso di esso i lampioni stradali protendevano i loro lumi storti. E noi intirizziti nell'aria fredda giocavamo fino a sentirci i corpi in fiamme (Joyce, Gente di Dublino)

Una missiva del 25.12.1988

strano come il mio cuore batte trovando me stesso ancora sopra la tua spiaggia. Strano come io ancora sento il mio conforto perso. Fredde onde si affannano a lavare via i sogni di gioventù; così il tempo è rubato ed io non posso più mantenerti a lungo. E così, è lì che dovrei essere ora, lì, assieme ai miei giorni ed alle mie notti cadute via. Io so di un sogno che dovrei mantenere. Io so dei giorni e delle notti cadute via. Soffici blu orizzonti mi raggiungono dietro la mia infanzia allo stesso modo in cui tu mi sorgi dentro - riportandomi alle mie dimenticate vie. Strano come io fatico a mantenermi in piedi in queste acque profonde. Strano come il mio cuore batte - trovando me stesso in piedi sulla tua spiaggia (Enya, On your shore).  

Sarà il vento del nord che mai risparmia queste mattine di dicembre o queste onde che si allargano ad anello portandosi dietro - lontano - il dimenticato mio color pastello. Sarà alla fine di questo inverno venuto troppo tardi o questi segni che tardano a venire. Voglio lasciarmi andare e sparire dietro alla luce della luna; trovare la strada. Sarà tutto questo che mi respira accanto a farmi pensare alle notti passate via. Sarà tutto questo, ma quando la notte si impone e la sera cade, io non posso lasciare le memorie, troppo vicine, mai abbastanza lontane. -Memorie- quei ricordi mai lasciati indietro e mai sempre gli stessi: io mi inchino a voi. (Enya: Exile, Evening Fall)

1990, primavera

In ognuno di noi c'è un equivoco. Come la corda arrotolata di un pozzo d'acqua pura, scura. Si è tutti radunati sotto la grande arcata di un ponte: clochard, viandanti in attesa di salire sul ponte e passare... non vi è nebbia, e neppure la tristezza della disperazione, dell'abbandono. Si rappresenta la vita. E due personaggi vivono momenti di un loro mondo, che è assurdo come il nostro, che è buffo e drammatico, che non ha senso, eppure... ne ha, con emozione e profondità. Chi sono? due uomini? due simboli? due anime che si specchiano nel rivo che hanno davanti? non lo sappiamo bene, perchè questa scena è un cammino, così come per tutti noi. E nel cammino vi è sempre una presenza invisibile, che è "noi" ma non lo è. Non sono incertezze, è solo una danza. Una danza di Anima e Animus. E vi è un solo modo per non restare sotto il ponte, andare dall'altra parte. Se volete bagnatevi: anche voi, una volta lì, passate le acque, camminate nel sole. (Alice, Il sole nella pioggia, Nomadi;  Mannoia: ascolta l'infinito; Grignani, cammina nel sole)

 28.12.1988

Io  voglio raccontare delle tre forze che sorreggono la mia vita. Due di esse sono a te comuni e familiari. La terza è molto piccola e debole, e, veramente, invisibile. Essa è piumata come un piccolo uccello chiuso in una minuscola gabbia uno o due pollici sopra il mio stomaco. Qualche volta, nei momenti più inaspettati, il piccolo uccello vorrebbe volare, liberare e distendere le ali. Allora anche io alzo la mia testa ed in quel breve momento sento che l'amore e la furia sono più potenti di odio e speranza e che da qualche parte dietro il mio orizzonte comincia il tuo e lì la vita è indistruttibile, sempre trionfante. In confidenza, io traporto il mio passato come un album di cartoline illustrate che la gente può aprire e sfogliare e portare a casa come souvenir di città straniere. Ho subìto allora una massima depredazione di ricordi e la perdita di due orizzonti che si chiudevano da destra e da sinistra. L'ultimo orizzonte è ancora ancorato al tuo, ed io per primo mi stupisco del tuo capire...

E ti racconterò su quanto ti è più caro. Di te, così profondamente; si parlerà di te, girandoci intorno, e tutti e nessuno ricorderanno le parole di un maggio lontano, quando dicevi che "l'amore è lo sconforto, è il bello e non è per l'anima. Forse prenderà forma l'essenza che lo salverà, anche se - già si sa - sarà l'effimero" (Battisti, L'apparenza; La sposa occidentale, A portata di mano)

Voce dei pensieri :  Mi ricordo di me, per un istante, sento il sereno;  è come un sole acceso, come un vento caldo del mattino, a volte mi piace essermi vicino (Claudio Corradini, Gloria mundi, movimenti celesti: Capitani coraggiosi)


"Give peace a chance" "stop alle bombe" "Immagina". 1980, fine di John Lennon. La gente pensa che sono pazzo, la gente dice che sono pigro" 

Sees the sun going downAnd the eyes in his headSee the world spinning 'round
Well on the wayHead in a cloudThe man of a thousand voicesTalking perfectly loud
But nobody ever hears himOr the sound he appears to makeAnd he never seems to notice
But the fool on the hillSees the sun going downAnd the eyes in his headSee the world spinning 'round
And nobody seems to like himThey can tell what he wants to doAnd he never shows his feelings
But the fool on the hillSees the sun going downAnd the eyes in his headSee the world spinning 'roundOh, oh, oh, oh, oh, oh'Round and 'round and 'round and 'round and round
He never listens to them, He knows that they're the fools (The fool on the hill)


"The long and winding road, that leads to your door, will never disappear, I've seen that road before, it alsways brings me here". La lunga e ventosa strada che conduce alla tua porta mi riconduce qui, non scomparirà mai (Paul McCarty). C'è un fuori ed un dentro, mondo interiore che si scontra e si incontra, ascoltare insieme la radio, una canzone, il fuori è una gita in auto con tettuccio aperto, ma anche le cose che non scorrono, il computer che si impalla, i doveri. Il dentro è leggere un libro, un racconto, pensare come scrivere e rendere partecipi gli altri, condividere la tua storia. Narrare cose uniche, come la migliore musica o la città più bella. Il punto di incontro, è quando si tocca una corda che vibra, vibrare insieme. Noi siamo uno stampo, e a nostra volta lasciamo delle orme, che il tempo spazza via. E ci chiediamo se quella volta fosse andata diversamente. Il punto di incontro è questo momento, l'al di qua di quel ricordo, prima che le strade siano segnate per sempre. 


Sei una spina, 

un letto di sassi, 

un giorno in piedi


Allora sarà spaccata come l'aurora la tua luce 

e la tua pelle, distendendosi, presto germoglierà (chiudendo le ferite), 

la sua nuova cicatrice


E mai ti sei sbagliata, 

solo una volta, una notte

che avesti il capriccio di un'ombra

- l'unica che  ti è piaciuta.

Un'ombra sembrava.

E desiderasti abbracciarla

ed ero io.


Sì, al di là della gente ti cerco.

Non nel tuo nome, se lo dicono,

non nella tua immagine, se la dipingono,

al di là, più oltre, più in là.

Ancora oltre, più in là di me ti cerco.

Non nello specchio, non nella scrittura.

Non sei ciò che io sento di te

non sei ciò che mi sta palpitando

con sangue mio nelle vene

senza essere me.

Più in là, al di là ti cerco.

Per incontrarti, lasciar 

di vivere in te, e in me,

e negli altri.

Vivere già al di là di tutto

- per incontrarti

come se fosse morire.



sabato 12 marzo 2022

cucina vegetariana a Torino anni 70

 Ogni periodo ha le sue mode e una preferenza per certi cibi rispetto ad altri. Oggi si parla di vegano, di crudismo, uova sì o uova no, dieta bilanciata per evitare ipovitaminosi o deficienza di micronutrienti, in primis il ferro. Non si tratta solo di ideologia, ossia proteggere gli animali dagli allevatori industriali, o la crudeltà dei mattatoi. 

 Un dato interessante si ricava dai corsi e ricorsi storici, come una moda prende piede, ma anche come viene presto dimenticata.

Negli anni '70, e precisamente dal 1973 al 1979, avvenirono dei cambiamenti alimentari che è necessario ricordare. Ci fu la moda della macrobiotica, con lancio di una serie di prodotti commerciali, dal tamari, precursore della odierna salsa di soia ma più scuro e denso, i semi di soia viola (Azuki)

ai semi di sesamo arrostiti col sale (gomasio), e macinati, usati come condimento, alla insorgenza di cibi salutistici come il riso integrale, il miglio, l'avena, il grano saraceno, il pane di farina integrale cotto su pietra.... Indimenticabili, i giorni trascorsi con gli attori del Living Theatre a Torino, in collina, in cui si cucinavano pane fatto in casa, riso speziato all'indiana, e in altra occasione a Pontedera, ad uno spettacolo del Bread and Puppets, 

a fine rappresentazione offrirono e spezzarono pane cotto al forno su pietra per tutti noi.

Di pari passo, si è assistito alla apertura di una serie di ristoranti mai visti prima, di cibi naturali,  madre terra, in cui si potevano mangiare  torte salate e sfarinati dal sapore genuino, oltre a cibi che non avremmo preparato a casa, per disabitudine o difficoltà di preparazione, polpette di miglio, riso integrale con legumi azuki viola e verdure, cotto nella terracotta....  Si operò anche una consegna di prodotti crudi o già preparati per i gruppi di acquisto. Un nome tra altri La finestra sul cielo

Rivoluzionaria per noi era la cottura in pentole di creta (A Lecce si chiama pignata) ma dopo i primi dieci minuti sul fuoco, si toglie dal fuoco e si avvolge in una coperta di lana, che permette di arrivare a fine cottura in 6 ore senza costi per la bolletta. Oggi gli chef propongono la cottura della pasta a fuoco spento, dopo i primi 3 minuti di bollore, espettando dieci minuti con il coperchio chiuso (si risparmia un sacco di gas)

A fianco a questa linea di ristoranti di cibi genuini e salutistici più ortodossi, venivano aperti altri locali  dal menù più vario, ma che offrivano piatti nuovi, come  fritture di alghe di mare (quelle verdi, allungate, tipiche dei piatti napoletani).

 Ci fu anche la prima ondata di ristoranti cinesi,  che avevano il difetto di adattare le loro ricette al gusto occidentale come potevamo immaginarlo, e di consegenza carichi di monosodio glutammato. Su richiesta alla cucina, in un fuori orario, mi è stato possibile ottenere piatti da asporto fatti secondo ricetta cinese originale. Con una collega in Giappone, mangiammo ravioli preparati la mattina con erba cipollina e chiusi a mano, cotti al vapore. Ottimi. Ma viene da sè che un conto sono il gusto commerciale dei piatti pronti, e un conto quello di cibi cucinati a partire dagli ingredienti originali. Inoltre, tempi di cottura e dispersione delle vitamine nell'acqua incidono sulla permanenza e stabilità dei fattori bioattivi.

Compagni di queste nostre uscite serali erano per me Raffaella e Francesco, indimenticabile una serata fuori nell'astigiano, a Soglio, a guardare le stelle, e ad immaginare che le tre più vicine e brillanti fossimo noi tre, uniti in una relazione affettiva e immaginativa.   


Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità . Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001