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martedì 28 novembre 2023

post di novembre focaccia genovese

 Se i giovani sapessero, e i vecchi potessero... Quante cose ci passano davanti scorrendo come rivoli senza che ci facciamo un pensiero sopra. Da bambino, ho abitato a Torino in due vie di periferia, via Belfiore in zona Valentino, e via Spalato, in zona Fiat materiale ferroviario.

io a destra, sopra di me mia sorella Bianca, gli amici del cortile, da via Raffaello. 

Belfiore ricorda i moti rivoluzionari per l'indipendenza del lombardo-veneto, ma si studiano al liceo, quindi il nome della via mi è rimasto anonimo a lungo

Spalato/Split è stata una delle città bilingui, nell'Istria, come Zara ceduta alla fine della seconda guerra mondiale, con l'esodo degli abitanti di lingua italiana, tra cui Laura Antonelli, che militava negli anni '60-70 in Democrazia proletaria, esuli che soggiornarono  per poco o per molto nei campi profughi di Padriciano e di Gaeta.  Pidocchi, cibo scadente, filo spinato.... sempre in quei luoghi, furono concentrati gli esuli/profughi cecoslovacchi negli anni 66'-69'. Per me, una via che conduceva alle scuole medie, passando per prati e campi per giocare a pallone, e dopo i bar con i flipper, per raggiungere borgo San Paolo, piazza Robilant, la chiesa con l'oratorio....

Essere figlio di operai FIAT aveva i suoi pro ma anche i suoi contro. C'erano le colonie estive, un anno a Salice D'Ulzio ed un anno al mare, Igea Marina, un mese con bambini uguali a noi con cui passare le giornate ed i giochi, condividere pane e cioccolata, pranzi e cene frugali, pasta, frittata di zucchine, serate in cortile o davanti ad un cinema col telone bianco. A Natale, la distribuzione di giocattoli all'Expo, assegnazione di trenini, piste automobilistiche, e aeroplani da parte di hostess e giovani che si guadagnavano un extra per conto della FIAT. 

Tra i contro, andare al liceo tra compagni benestanti, con cui parlavo poco, e fingere che tutto vada bene anche se c'è stato un licenziamento per mio padre, a casa aria drammatica, ma la vita va avanti.

Un mio compagno di classe (vedi post precedente), Rocco, giornalista attivo sui social, scrive spesso di ricette, di locali, e di episodi delle sue estati o del liceo.  Nel '69 era in campeggio a Riomaggiore, con il gruppo Abele, e ricorda con nostalgia la focaccia genovese, bianca, con olio EVO e grani di sale grosso (anche nella mia quarta ginnasio in via Bligny la fugassa comprata in panetteria mi faceva da merenda per ricreazione). Queste serate estive al mare si concludevano verso le due di notte. 

A me queste serate a far tardi fanno pensare a Martina liceale, oggi sistemata in un albergo in Nuova Zelanda, al tempo dei miei soggiorni a Castrignano del Capo, 2013-15, lavorava le sue estati come cameriera, e tutti i giovani che prestavano servizio nei locali estivi si ritrovavano verso le tre di notte, a chiacchierare e socializzare dopo una dura giornata di lavoro.

Per la focaccia genovese, ecco alcune informazioni su come si prepara a casa, dagli ingredienti alla salamoia, all'occhiatura.....

Per me, le uscite serali hanno avuto inizio con il conseguimento della patente, e solo per eventi eccezionali, le cene di classe, e qualche spettacolo di jazz. La libertà è venuta con la maturità, l'iscrizione a medicina, e una benevola concessione dell'uso dell'auto di mia sorella. Ma ci si trovava in centro, alla Gran Madre, raggiungibile in tram, e per i rientri bastava un passaggio in centro. Andare in tram verso la collina lo facevamo anche nelle prime ore del mattino, per fare la corsa e gli allenamenti del gruppo di teatro. In inverno, capitava di passare da una pioggerella fine ad una nevicata a mezza quota. Nel '73, andai a fare una corsa in salita in piena estate, il giorno di ferragosto, il sudore che asciugai era eccezionale, una sauna estiva. 

Per inciso, quei grani di sale grosso sopra la focaccia mi ricordano i panini in Cecosclovacchia, housky, coperti dal sale e dai semi di cumino,  il prodotto alimentare di cui ho più nostalgia, insieme ai cornetti, rohliky. 




venerdì 22 settembre 2023

Dove non mi hai portata - violino tzigano


Ho in lettura il libro di Maria Grazia Calandrone, che usa un linguaggio ricercato e poetico, per fare lo storytelling della sua nascita, nel libro si parla di Palata, nell'Abbruzzo, e di sua madre, sposa inviolata, e dell'amore censurato da tutto il paese con il suo vero amore, che è diventito il padre della scrittrice. 

Il libro è una immersione in quegli anni e nello spirito del tempo, la disparità tra uomini e donne, il potere inviolabile dei genitori sulle figlie, l'unica via di uscita la fuga al nord. La scrittrice utilizza per rendere il periodo vissuto esempi delle canzoni di quegli anni, come questo video, colonna sonora di Mamma Roma e di un tango ballato nel film. Oppure il Sei diventata nera dei los Hermanos Ferial, che vinse Il disco per l'estate nel '64. IN quegli anni non c'era ancora il test di gravidanza, ma nel libro ci sono tre metodi empirici per farsi il test da soli. In quegli anni "il cremino Algida costa 50 lire, oggi circa tremila lire, una proporzione di 1:60". Un appartamento a Milano Un milione (a Torino, nel 1970-72, il prezzo era già 8 milioni). 
Descrive bene la città capitale del lavoro, citando le periferie chiamate Coree. In fabbrica, alla Fiat, la Corea era un reparto di segregazione, per gli operai sindacalizzati.
All'ingresso della stazione centrale, è citato un modellino di transatlantico, la Michelangelo, scala 1:50, sotto una teca di cristallo. Anche a Torino ricordo un modellino simile, alla stazione di Porta Nuova. 
Dal cavalcavia di corso Sommelier era possibile una vista sulla ferrovia, sui tanti binari e qualche volta sui treni di passaggio.
Nel libro si parla dei grandi magazzini, dello stile dei vestiti, a volte dismessi. Anche a Torino c'era un magazzino Standa in centro, vicino a via Carlo Alberto, in prossimità del cinema Ambrosio. Mi era permesso accompagnare mia madre, nei giorni seguenti la ricevuta dello stipendio,  che ci permetteva di comprare beni di lusso per quei tempi, cioccolata, acciughe sott'olio, scatolette di sardine.
La scrittura  della Calandrone è avvincente, una grande personalità dello spettacolo e della poesia, scrittura ricercata e di belle parafrasi, lo leggerò velocemente.

mercoledì 14 giugno 2023

Torino anni '60

 Ho ricordi delle esperienze di quegli anni, grazie a quello che succedeva intorno a me, nella mia famiglia, due sorelle più grandi, le loro comitive, le uscite insieme, le canzoni di De Andrè, Re Carlo tornava della guerra... Di quelle volte che le ho accompagnate, alla Sip, al grattacielo palazzone dietro al mattatoio, l'entrata ed uscita delle impiegate, uomini ad aspettarle all'uscita, anche qualche cantante, tante ragazze, chi era toscana, chi siciliana, chi piemontese, come la grande, immensa Lia Tarditi. Era una volontaria, la sera si metteva alla chat, diremmo oggi, per Telefono amico, tante chiamate di disperati, molto soli, che chiedevano conforto. La ricordo le domeniche nell'Astigiano, a trovare qualche prete sociale, di quelli che dicevano la messa all'aperto, davanti ad un tavolo con sopra l'essenziale, oppure andare alla vendemmia solo per il piacere di pranzare, dopo, al pomeriggio, con tutta la famiglia  e gli aiutanti, a Lecce lo chiamiamo il capicanale. Ha avuto molta forza, prima nel periodo 2003-2005 a sostenere le mie iniziative sulla diagnostica mediante microchips, o quando la Tim mise tutte le sessantenni che avevano fatto la storia della SIP in prepensionamento, e poi, alla fine, durante la chemio, io a sostenerla ed a darle consigli su cosa poter mangiare. C'era una bella foto di Lia con mia sorella, vestite da sera, per un ballo di quelli ufficiali, forse una serata aziendale, e poi le vacanze estive a Rimini, ancora nubile. Da sposata, con Giancarlo, non ho ricordi, se non le persone con cui si frequentavano, ma che io non conosco di persona. Ricordo bene la comitiva di mia sorella maggiore, con alcune coppie un pò scoppiate, Enrico che gestiva un negozio di dischi, e diversi scapoli, come il proprietario di un'autoscuola, che veniva con il pulmino, e li scarrozzava sulle colline, in Val di Susa, e certe domeniche ci si trovava tutti insieme nel nostro salotto, come se fosse normale avere tanti amici e condividere il pomeriggio. Qualche volta, si usciva la sera, andavamo al palazzo del ghiaccio a pattinare, c'era anche un ragazzo molto alto, oggi avrebbe fortuna, sia come sportivo sia per il gusto delle donne verso gli uomini super. Dopo, si faceva una scappata in qualche piola in collina, le osterie dove si suonava la chitarra, e si seguiva qualche canzone un pò sconcia, davanti ad una barbera stupa. 

le gite in campagna nei fine settimana, a pochi kilometri dalla città, per rilassarsi insieme

L'altra sorella, Bianca, più grande di me, era segretaria in una ditta metalmeccanica, fidanzata con un parente del padrone, e le uscite erano meno straordinarie, a trovarli a casa, in via Borgaro (ricordo un pomeriggio con altre amiche della comitiva a giocare al gioco della bottiglia, uscimmo io e una ragazza, facemmo finta di darci un bacio) o quella volta fuori, come l'estate che mi portarono al mare, a Trani, e per tornare demmo l'assalto al treno fermo a Barletta, centinaia di emigranti che prendevano lo stesso mezzo: fu un mese strano per me, che non conoscevo la vacanza al mare, sapevo solo le colonie estive, con le maestre, il sonnellino al pomeriggio, la merenda con pane e cioccolata, la cucina aziendale, frittata con le zucchine, qualche spettacolo serale, proiettavano un film, o ci riunivamo per cantare insieme. Ma c'era qualche bambina più audace, due di noi in coppia, che le sorridevamo, e due di loro ci restituivano il sorriso, e ci restava un senso di gioia, di gratitudine, forse la vita dei grandi è così, ci si piace e ci si scambia amicizia reciproca. 

Delle uscite all'estero, oltre ai nostri viaggi per tornare dai nonni, e dopo che sono morti, per trovare qualche conoscente in Repubblica Ceca, c'erano i viaggi delle agenzie turistiche, a cui mia sorella offriva il servizio di traduttrice, e che la portavano spesso oltre la cortina di ferro, occorreva ancora il visto dell'ambasciata, sul bus c'era tanto spazio nel bagagliaio, quanche volta si trasportava anche antiquariato, armature, oggetti del mercato nero,  altre volte erano viaggi per battute di caccia, al fagiano, alla lepre, anche all'orso. In quelle occasioni capitò di fare conoscenza ed amicizia con Viorika, una bella signora divorziata, rumena, che viveva a Praga, e di cui ho conosciuto la figlia, quando ci ospitò a casa sua per qualche giorno. Era brava, cucinava saporito, carne di maiale con crauti e peperoni, e sapeva raccoltare aneddoti piccanti sui cacciatori che andavano non solo per la caccia, ma anche per le amanti.

Vicino al parco del Valentino, mia madre al centro con la nonna in visita da Teplice, e la zia Magna

Delle mie estati, ce ne sono state diverse a trovare i nonni, io a 13 e 14 anni, e il cambio di ambiente, da Torino, città di solitudini profonde, a Teplice, era  incommensurabile, bastava scendere sotto casa in strada con la comitiva di ragazzini e ragazzine, alcune più grandi e mature, avevo occhi solo per loro. Giochi di guardie e ladri tra androni dei condominii e il giardino della scuola di infanzia, scavalcabile, oppure rincorrersi lungo i bordi del quadrato pieno di sabbia, la piscina per bambini, non si ci faceva male.

Avevo la testa per le attività sportive, al liceo mi inventavo partite tra classi o gruppi di amici, affittando un campo di calcio, ma più spesso scendendo ai giardinetti davanti a via San Paolo, partitelle uno contro uno o due contro due, Michelangelo il vicino con cui avevo legato, mi fece conoscere una discoteca a pochi passi da casa, che io visitai senza capire (non si entra alle 16, di pomeriggio, ci si trova una ragazza casualmente, neanche ti guarda): poi ci fu il periodo del CUS, al palazzetto il sabato quelli più grandi di me si allenavano a Basket, io mi univo a loro senza combinare molto. Sono stati gli sport che ho praticato ancora anni dopo in Giappone. Ma una fine estate mi iscrissi anche al gruppo di atletica, e partecipai a una corsa sui 400 metri, un giro dello stadio, quello di corso Unione Sovietica, con medaglia ricordo, ma il ricordo forte era delle colleghe, in campo e dopo, alla fermata del tram.

Di come fosse la vita da adulti, maturi sessualmente, l'ho immaginato dopo l'esame di maturità: il compagno di classe Sergio Caciagli mi ha portato a casa sua, monolocale in centro, l'oggetto più rappresentativo era lo stereo, c'era un letto grande, matrimoniale, aveva la fidanzata, ha trovato lavoro e ci siamo persi di vista; questa passione per la musica in stereo l'ho ritrovata nei giocatori della squadra di calcio del Matis, con cui andammo io e mia madre come accompagnatori, e traduttori, fino a Decin, e giocammo qualche partitella con la squadra locale, in albergo l'ascensore si fermava spesso, stranamente, con loro che portavano su le ragazze, ed anche i giocatori cechi non perdevano occasione di fare bisboccia con le amiche. Ricordo Ancia, e le sue compagne, ragazzine che lavoravano come cassiere o simili, e smaniavano di uscire fuori dal paese, di visitare l'Europa, di diventare grandi ed avere un bel ragazzo figo. Ho tanta nostalgia della mia adolescenza, della famiglia, sono stato bene, fortunato a poter vivere e vedere tanti paesi, tante persone in quegli anni.

Ho avuto un breve flirt, con una ragazza  più giovane, Daniela/Dana, a Decin, ci siamo conosciuti un anno, ci siamo scritti, ci siamo rivisti ancora, ma mancava una passione in comune, il fine suo era una famiglia con tanti bambini, mi regalò un libro sulla Cina, vista con gli occhi del comunismo sovietico. Devo averlo ancora da qualche parte. Da parte mia stavo studiando anatomia, le scrissi che mi piaceva Joe Cocker, She came in through the bathroom window, e David Bowie, Starman.

There's a starman waiting in the skyHe's told us not to blow it

'Cause he knows it's all worthwhile

And he told me:Let the children lose itLet the children use itLet all the children boogie

venerdì 21 aprile 2023

Raccolte a punti e premi grandi marche

All'inizio furono le figurine. Negli anni 1936-37 quelle della Perugina, insieme ai prodotti Buitoni ed alle sigarette "Fano", "Zara" e "Principe di Piemonte" delle Manifature Tabacchi Orientali di Zara. L'introvabile Feroce Saladino valeva 25 punti ed era necessario per completare gli album.

Gli album davano accesso al concorso per vincere una FIAT 500 Topolino oltre a vari premi (un libro illustrato ispirato alla trasmissione; confezioni di pasta assortita; scatole di cacao, mandorle, cioccolatini o caramelle).  In quegli anni vigevano le sanzioni economiche che la comunità internazionale applicava per la guerra in Etiopia.  Nel marzo del '37 il Ministero delle Corporazioni  promulgò un’apposita legge per imporre la produzione di figurine in uguale numero, per evitare la corsa a quelle introvabili (la bella Sulamita; il cagnolino pechinese; Madame Butterfly; il leone della Goldwin). La febbre delle figurine colpì tutto il paese, al punto da produrre “borsini, stamperie illegali e circoli di scambisti. A Roma un orefice accettava album completi come pagamento, a Nettuno i biglietti potevano essere barattati con le figurine". La Barilla, sempre nel 1937, lanciò il “Concorso Bonaventura”. Per partecipare bisognava completare l’album con 50 esemplari diversi, stampati e messi in circolazione negli stessi quantitativi, come espresso a chiare lettere nel regolamento. Un valore aggiunto ribadito, sulla copertina dell’album, dalla scritta sul cartello in bocca al cane del signor Bonaventura: «nessuna figurina rara». Il Minculpop si occupò della trasmissione del radiosceneggiato: I quattro moschettieri, che richiamava al libro di Dumas ed alla cultura francese, a cui la raccolta era abbinata al Feroce Saladino della Perugina. Il 10 novembre 1937 il Ministero decretò la fine di tutti i concorsi basati sulla raccolta di figurine. Paola Basile "Il museo della figurina. Dagli antecedenti alla figurina moderna" in collaborazione con Thelma Gramolelli, Modena, Panini, 2014, p. 75).

Negli anni '60 ritornarono in auge le raccolte di figurine, come quelle della ditta Panini di Modena, con figurine dello sport, della natura e di animali. In terza media (1966) ero spesso dal giornalaio, a cercare qualche bustina per completare l'album sulla natura. I ragazzi se le giocavano tirando contro il muro una pietra piatta, vinceva chi ne faceva girare di più.

Un'altra collezione era quella delle raccolte a punti, passavamo i pomeriggi a ritagliare con le forbici ed incollare i punti sull'album delle varie aziende (ricordo che andavo a casa di un compagno di classe, Bertoldi, nel 1965-66). Le raccolte a punti continuano ancora oggigiorno, sia per prodotti della stessa linea, che per i supermercati.

Ma la collezione che mi dava più soddisfazione era quella di francobolli, scambiate con gli amici o ricevuti dal frate a scuola, nel doposcuola, o compravo le bustine della Bolaffi di quelli usati, o qualche prima stampa, come quella sui 50 anni della liberazione, sull'anniversario della resistenza, nel 1995, bellissimi. Ci fu un periodo in cui ricevevo le nuove uscite con timbro da mia nonna, in Repubblica Ceca, ed ho ereditato dallo zio Doskocil, morto in un incidente d'auto nel '66, una bella collezione di francobolli europei, ne ero felice. La storia della Comunità Europea per mezzo delle emissioni di francobolli del XX secolo.

A parte queste attività prolungate nel corso dell'anno, c'era l'attesa della apertura di prodotti per la casa, scatole di Tide e di detersivo in cui trovavo soldatini di plastica verde, nella posizione di marines appostati a terra a sparare, o in formazione di marcia, e che segnarono un periodo di disegni di carri armati ed aerei da guerra. 

Stessi argomenti che cercavo nei fumetti "Intrepido" ed "Il monello", che per fortuna  alternavano storie di guerra con altre meno cruente, di cowboys, astronavi, principi indiani, e personaggi scanzonati. In quei primi anni 1963-66 non ero io a fare l'acquisto, era mia sorella maggiore, che inoltre collezionava un feuilleton/romanzo d'appendice su un maharajah, con ambientazione in India. Caratteri del romanzo d'appendice erano: pubblicazione su un mezzo di comunicazione di massa, frammentazione della vicenda in puntate con lo scopo di mantenere viva la curiosità del lettore, ripetività degli schemi narrativi, fidelizzazione del pubblico. Questi giornalini si scambiavano tra amici, e furono seguiti alla fine degli anni '60 dai fumetti monotematici, Alan Ford, Il grande Blek, Diabolik, Tex Willer, Zagor, Corto Maltese). Negli anni '70, oltre a questi fumetti, il giornale che ho comprato con interesse è stato Linus, di cui ho acquistato anche vecchi numeri sulle bancarelle di corso Siccardi: su Linus venne dato spazio ai Peanuts, agli interventi di Oreste Del Buono, che ha lanciato strisce come Braccio di Ferro, Li’l Abner, Krazy Kat. Linus ha avuto collaborazioni importanti con Stefano Benni, Beniamino Placido, Pier Vittorio Tondelli, Michele Serra.

Infine, un giornale che non è mai mancato a casa fin dagli anni '60 era La settimana enigmistica, che oltre ai cruciverba classici offriva spazio al pubblico per concorsi, tra cui Finisci il disegno, Invia una barzelletta, o quelli a puntate, Trova gli oggetti. Come premio, si vincevano oltre a biciclette o elettrodomestici, scatole di biscotti (Plasmon), almeno una volta anche io avevo vinto.


lunedì 13 marzo 2023

Artisti del Piemonte: Paolo Spinoglio

 Di Torino manengo alcuni contatti, preziosi, con compagni di liceo e di università. Con uno di questi, Lino Sturiale,  condivido le esperienze di teatro sperimentale, sotto la guida di Renato Giuliani, ai tempi di Nalpas teatro, del Living theatre, e delle corse in collina alle cinque di mattina. Lino mi ha parlato molto bene di una sua conscenza, Paolo Spinoglio, con uno studio nelle campagne di Canelli, e deceduto nel 2002. Oltre alle pagine dedicate a Spinoglio dalla Associazione fondata dalla moglie e dai figli, con sede a Mombercelli, consiglio di guardare anche il blog di Nadia Presotto. 

La sua arte da figurativa diventa negli anni più essenziale, con prevalenza di sculture, ceramiche in bianco, in nero o in terra refrattaria colorata, rossiccia, in marmo ed in bronzo; oltre a quadri ad olio, e anche poesie. 

       
  

Delle sue opere, visitabili presso l'Associazione, sono continuamente organizzate grandi mostre: nel 2021 la mostra su Ettore ed Andromaca a Bari, Banca Sella, nel 2022 quella nello spazio BAart ad Agliano Terme,  e quella visitabile fino al 23 marzo 2023 a Santo Stefano Belbo, Sei di sangue e di terra, organizzata dall'Associazione Cesare Pavese. Le sue opere sono esposte in chiese e fondazioni private. Alcune statue  sono state commissionate da Chiese, un esempio quella a Collegno, San Pietro apostolo e San Lorenzo martire, in due nicchie della facciata.   




















 










Negli anni tra il 1970 ed il 2020 molti artisti torinesi affermati sono stati presenti nei circuiti espositivi nazionali ed internazionali. Tra questi cito Ugo Nespolo (che ha allestito una mostra anche a Novoli, per la festa della Focara 2013); Nicola De Maria, uno dei cinque della Transavanguardia, come Mimmo Paladino, che con i suoi cavalli ha allestito la Focara del 2012.   
Le elaborazioni di artisti italiani come Boetti, Merz, Zorio e Anselmo sono il risultato della relazione tra energia manuale e mentale: un tentativo di far risorgere un’artigianalità tutta italiana. Tra gli esponenti dell’Arte Povera, Pistoletto e Piero Gilardi sono gli unici a perseguire negli anni un’intenzione creativa comunitaria, anche al di fuori dei luoghi istituzionali dell’arte.
Ebbene, quasi tutti hanno una pagina su wikipedia. Spero che anche per Paolo Spinoglio sia dato questo spazio sul web.

martedì 10 gennaio 2023

prima del subbuteo

 


Quartiere San Paolo, via San Paolo, un quadrilatero di strade tra corso Peschiera, piazza Robilant e via Racconigi, sono gli spazi in cui si svolgono questi episodi. I miei compagni di avventura, Paolo Viale, e Luigi Piazza, con cui feci una gita in bicicletta in collina, in cui rovinai capitolando lungo una scarpata, senza fortunosamente farmi male. I nostri giochi, tra il 1966 ed il 1969, erano il flipper, ed il calcio, esercitato nei prati dove è sorta poi la scuola materna Santorre di Santarosa, per le sfide con i ragazzini della strada, e altre sfide tra di noi, con una pallina da tennis, sui marciapiedi davanti a casa, in via Tolmino, o su corso Ferrucci.  

Prima del subbuteo, i giochi da tavolo erano ancora da codificare, il nostro si svolgeva su una coperta per simulare un campetto di calcio od un tappeto delle dimensioni di un campetto, 40x120 o poco più. Spesso appoggiati su un tavolo, o anche per terra, su un tappeto più grande. I requisiti erano: 11 biglie di vetro  a testa, di cui una o più grandi, in difesa, per fare da muro alla boccetta, una biglia molto piccola che veniva smossa dalle biglie in gioco, con dei tiri delle dita, come nella foto qui sopra. Due porte fatte di cartone, alte circa 5-6 cm e larghe 14-15 cm, dovevano essere centrate dalla boccetta, o per libertà di spazio tra le biglie a difesa, o per sollevamento, con un tiro ad effetto che la faceva volare al di sopra dei difensori, tipo cuchiaio di Totti, o pallonetto. Scopo e divertimento finale era organizzare il campionato, con partite in casa e partite in esterna, in cui ci si sfidava nei tempi prestabiliti, 30 minuti per tempo, e poi cambio di campo.                                                        

La varietà del gioco consisteva nei diversi terreni di gioco, nello spessore delle coperte, terreno liscio e scivoloso, e nei tappeti, che offrivano una setosità più consistente, una maggiore resistenza alla corsa delle biglie. Ma quello che maggiormente ci esaltava era il possesso della biglia unica, nominata con il nome di un campione di quei tempi, dai colori personali, a volte tricolori, altre volte di tinta unica, o di ceramica. Ricordo un Anastasi, un Burgnich, un Bulgarelli, un Corso, ma anche un Polacco, nazionalità suggestiva.

  

     


Una conseguenza della nostra passione era il girare le cartolerie, alla ricerca di un retino di biglie particolari, che ancora non erano in nostro possesso, da esibire e da far meraviglie sul campo di gioco.
Quando una biglia dopo il tiro finiva fuori campo, riprendeva il gioco come per la ripresa laterale, cercando di centrare la boccetta, altrimenti poteva colpire le avversarie facendo fallo. 
Questa passione, eccitazione, diede in seguito spazio ad altre fissazioni, chi per una maturità sessuale, il bisogno di uscire con la ragazza, chi per nuovi oggetti del desiderio, come il biliardo, che si pratica con tuoi pari, persone mature con cui si fanno scommesse, che si perdono, e quindi il bisogno di avere qualche soldo in tasca, fare lavoretti fuori orario, come le pulizie negli uffici. Paolo era ingegnoso, dipingeva quadri ad olio, decise di construirsi una lente per un telescopio, ed ogni giorno la modellava. Suonava il clarinetto, ed anche qualche ragazza.
Quel periodo di allontanamento dai miei compagni di gioco, ha significato per me un riavvicinamento alla famiglia.
Gite in auto fuori Torino, in collina o in montagna, viaggi insieme, spesso verso Teplice, fino a quando c'è stato qualche parente, i nonni, e in seguito diretti in altre città, Decin, Roudnice, con nuove conoscenze, nuove amicizie, qualche ragazza da frequentare. E, in estate, le due vacanze di due settimane, in Spagna, Costa Brada, con mia sorella, ed una anche con la mamma. La sera facevo compagnia a mia madre, le ragazze avevano la libera uscita, e il nuovo giorno portava gite al mare, discorsi con il cuoco dell'albergo, piatti nuovi e panini per pranzo. Il mare come non l'avevo ancora mai vissuto, se si fa eccezione in colonia FIAT ad Igea marina, ed un mese a Trani, quindicenne, con mia sorella ed il suo ragazzo, però io mi sentivo in disparte, al seguito. L'unica cosa buona del viaggio a Trani, fu che il prof Chicco di storia dell'arte mi chiese se avevo visto la cattedrale di Trani, e questo mi rese consapevole, della esperienza e di quello che avevo visto e vissuto.


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