martedì 10 gennaio 2023

prima del subbuteo

 


Quartiere San Paolo, via San Paolo, un quadrilatero di strade tra corso Peschiera, piazza Robilant e via Racconigi, sono gli spazi in cui si svolgono questi episodi. I miei compagni di avventura, Paolo Viale, e Luigi Piazza, con cui feci una gita in bicicletta in collina, in cui rovinai capitolando lungo una scarpata, senza fortunosamente farmi male. I nostri giochi, tra il 1966 ed il 1969, erano il flipper, ed il calcio, esercitato nei prati dove è sorta poi la scuola materna Santorre di Santarosa, per le sfide con i ragazzini della strada, e altre sfide tra di noi, con una pallina da tennis, sui marciapiedi davanti a casa, in via Tolmino, o su corso Ferrucci.  

Prima del subbuteo, i giochi da tavolo erano ancora da codificare, il nostro si svolgeva su una coperta per simulare un campetto di calcio od un tappeto delle dimensioni di un campetto, 40x120 o poco più. Spesso appoggiati su un tavolo, o anche per terra, su un tappeto più grande. I requisiti erano: 11 biglie di vetro  a testa, di cui una o più grandi, in difesa, per fare da muro alla boccetta, una biglia molto piccola che veniva smossa dalle biglie in gioco, con dei tiri delle dita, come nella foto qui sopra. Due porte fatte di cartone, alte circa 5-6 cm e larghe 14-15 cm, dovevano essere centrate dalla boccetta, o per libertà di spazio tra le biglie a difesa, o per sollevamento, con un tiro ad effetto che la faceva volare al di sopra dei difensori, tipo cuchiaio di Totti, o pallonetto. Scopo e divertimento finale era organizzare il campionato, con partite in casa e partite in esterna, in cui ci si sfidava nei tempi prestabiliti, 30 minuti per tempo, e poi cambio di campo.                                                        

La varietà del gioco consisteva nei diversi terreni di gioco, nello spessore delle coperte, terreno liscio e scivoloso, e nei tappeti, che offrivano una setosità più consistente, una maggiore resistenza alla corsa delle biglie. Ma quello che maggiormente ci esaltava era il possesso della biglia unica, nominata con il nome di un campione di quei tempi, dai colori personali, a volte tricolori, altre volte di tinta unica, o di ceramica. Ricordo un Anastasi, un Burgnich, un Bulgarelli, un Corso, ma anche un Polacco, nazionalità suggestiva.

  

     


Una conseguenza della nostra passione era il girare le cartolerie, alla ricerca di un retino di biglie particolari, che ancora non erano in nostro possesso, da esibire e da far meraviglie sul campo di gioco.
Quando una biglia dopo il tiro finiva fuori campo, riprendeva il gioco come per la ripresa laterale, cercando di centrare la boccetta, altrimenti poteva colpire le avversarie facendo fallo. 
Questa passione, eccitazione, diede in seguito spazio ad altre fissazioni, chi per una maturità sessuale, il bisogno di uscire con la ragazza, chi per nuovi oggetti del desiderio, come il biliardo, che si pratica con tuoi pari, persone mature con cui si fanno scommesse, che si perdono, e quindi il bisogno di avere qualche soldo in tasca, fare lavoretti fuori orario, come le pulizie negli uffici. Paolo era ingegnoso, dipingeva quadri ad olio, decise di construirsi una lente per un telescopio, ed ogni giorno la modellava. Suonava il clarinetto, ed anche qualche ragazza.
Quel periodo di allontanamento dai miei compagni di gioco, ha significato per me un riavvicinamento alla famiglia.
Gite in auto fuori Torino, in collina o in montagna, viaggi insieme, spesso verso Teplice, fino a quando c'è stato qualche parente, i nonni, e in seguito diretti in altre città, Decin, Roudnice, con nuove conoscenze, nuove amicizie, qualche ragazza da frequentare. E, in estate, le due vacanze di due settimane, in Spagna, Costa Brada, con mia sorella, ed una anche con la mamma. La sera facevo compagnia a mia madre, le ragazze avevano la libera uscita, e il nuovo giorno portava gite al mare, discorsi con il cuoco dell'albergo, piatti nuovi e panini per pranzo. Il mare come non l'avevo ancora mai vissuto, se si fa eccezione in colonia FIAT ad Igea marina, ed un mese a Trani, quindicenne, con mia sorella ed il suo ragazzo, però io mi sentivo in disparte, al seguito. L'unica cosa buona del viaggio a Trani, fu che il prof Chicco di storia dell'arte mi chiese se avevo visto la cattedrale di Trani, e questo mi rese consapevole, della esperienza e di quello che avevo visto e vissuto.


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