Qualche tempo fa parlavo dell'incontro con Francesco Spada, art designer a Milano, che ci mostrò le foto della sua documentazione sulle lotte contadine dell'Arneo, avente per sogetto una anziana neretina narrante, con le mani e con tutto il corpo, con il linguaggio dei gesti; questo è uno storytelling: racconti a qualcuno e il racconto finisce, sparisce, verrrà solo ricordato, e quindi sarà un altro racconto, l'originale ormai perduto, a meno che una tecnologia, fotoscatto e registrazione, non lo fissi nel tempo. Oggigiorno basta un iPhone, un buon cellulare, ma un filmato da solo non racconta tutto, occorre ripensare il significato, fare uno storytelling.
Gli storiografi sono nati con l'antichità, da Plutarco a Tito Livio. Gli annalisti romani sono i Valerii, che hanno funzione filoplebea, intesi come ordine sociale complementare a quello patrizio, ma anche portatrice di incarichi ambiti, che spingono alla transizione di ordine, patrizi che diventano plebei. I Valerii addomesticano gli eventi, pro domo sua, ma attenti a non alterare troppo la storia, dato che i pontefici avrebbero potuto (e forse non hanno fatto abbastanza per) censurarli.
Celestine Freinet scriveva sul suo diario: “il bambino scrive per essere letto”. Questo vale per chiunque e per qualsiasi attività. Non penso che tu prepari una fantastica cena, stabilisci che è molto ben riuscita e quindi la getti, ancora calda e fresca, nella pattumiera! Probabilmente la gusterai organizzando una serata con amici. Quello che vale per la scrittura e la cucina, vale per qualsiasi attività creativa umana, per l’idraulica, per la pittura, per la fisica termonucleare… Il cuore di tutta la questione riguarda una relazione fra persone (“essere letti”). E quello che davvero conta in una relazione di apprendimento, è la relazione stessa. Freinet aveva portato una macchina tipografica a scuola con la quale i bambini creavano e stampavano un giornalino che veniva diffuso in paese. I bambini scrivevano per essere letti. Freinet aveva in grande considerazione il lavoro dei suoi bambini e ha cercato di favorirlo al massimo grado. Perché? Perché se l’aspirazione di un bambino è di essere letto, quella dell’insegnante è di essere appreso, diciamo così. Queste due aspirazioni si incontrano in classe, a scuola, in aula, nella sala formazione di un’azienda: tu non puoi scrivere senza “essere letto” e io non posso insegnare senza “essere appreso”. È una relazione equilibrata, democratica, che condivide rapporti giusti ed equi fra tutti i tutti i membri: bambini, ragazzi, studenti universitari, adulti, insegnanti, maestre d’asilo, formatori, tutor. Questa relazione è, prima di tutto, una relazione umana, fra soggetti umani, piccoli o grandi. Cioè è una relazione affettiva perché non esiste relazione umana senza l’espressione dei sentimenti e delle emozioni. Costruire questa relazione in modo da spingere il più avanti possibile l’apprendimento e l’intelligenza umana è possibile se si accetta di mettere in gioco la propria umanità e di “prendersi cura” di quella degli altri. Nel corso degli anni di insegnamento e formazione in tutti i contesti possibili e immaginabili, Albero Pian ha osservato a fondo questo meccanismo. Non solo Freinet, ed i suoi principi. Così l'autore ha creato delle tecniche pedagogiche utili per favorire la costruzione di questa relazione. Alberto Pian ce lo spiega nel suo ultimo libro, "In aula a distanza misto", con tantissimi esempi concreti, dedicato a tutti gli insegnanti e ai formatori. Quello che scrive in questo libro non è molto comodo per il lettore perché, alla fine, gli chiede di mettersi in gioco con grande apertura e impegno. Qualcuno, seppur non una massa, darà l’attenzione di cui parlava Freinet in cambio di cuore, l’essenza, la radice più profonda della esperienza quando parliamo di una relazione pedagogica, squisitamente umana, alla base di un sano apprendimento e insegnamento.
Uno dei temi che più interessano educatori come Alberto Pian riguarda il linguaggio. Qualsiasi comunità ha bisogno di un suo codice speciale per riconoscersi, anche all’interno della lingua ufficiale. Fino a creare nuovi mondi, proprio attraverso nuovi “linguaggi“. Lo sapeva Dante, lo sa oggi l’influencer Elisa Esposito, lo sapeva John Fante, e lo sappiamo anche noi quando vogliamo raccontare. Ma perchè si scrive, perché si racconta? E perché in campo artistico i linguaggi si moltiplicano all’infinito, ma nessuno di loro può essere subordinato a regole e obiettivi?
Oltre al lavoro sul suo blog, Alberto segue una comunità di educatori ed insegnanti ed organizza eventi.
che cos'è oggi lo storytelling senza il cinema e le immagini?