giovedì 26 dicembre 2024

Poincarè cadde dal tram

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E qui il testo letterario, sulla fisica agli inizi del '900.

Io, Henrì Poicarè, mi ritrovo alla fine del XIX secolo, a tentare di risolvere un divario enorme tra i progressi nel campo delle scienze fisiche e la squareness dei filosofi e dei teorici della geometria euclidea, quella con la G maiuscola. Come è possibile che in una epoca cha ha visto nascere l'astrofisica, la scomponibilità della materia, la costante di Planck, la natura sia continua (ondulatoria) che discontinua (quantica) delle onde elettromagnetiche, le geometrie ad enne-dimensioni, i piani sferoidi a tre dimensioni, in cui la linea più breve tra due punti è un arco geodetico, e altre innovazioni, ci si debba chiedere se lo spazio esiste, se è una forma pura, se sia e come sia curvo? Anche il mio amico Mach, che si dice convenzionalista come me, capace di teorizzare su spazio-tempo-velocità è solo un cavallo da tiro, e continua a considerare il piano come un corpo rigido. E questo benedetto assioma delle parallele, che nessuno riesce a dimostrare; se non è vero, allora ha ragione Riemann, o all'opposto, Lobatchevsky? E cosa sono gli assiomi? I razionalisti tosti dicono che sono giudizi a priori, valori assoluti; gli empiristi parlano di giudizi sintetici, basati sull'esperienza, e in mezzo, i soliti kantiani con il minestrone dei giudizi sintetici sì, ma a priori, spazio e tempo sono sperimentabili, ma sono forme pure. Eh, no! Così non si può andare avanti! E questa storia del Poincarè svitato, cha ha la lampadina sulla testa come Archimede pitagorico, che rischia di uccidersi contro il tram perchè scivola sul predellino! Ma scherziamo! Sono un giovane speculatore elettrizzato da questi tempi nuovi, che cerca di far piazza pulita dai preconcetti. E sono attratto da un desiderio di semplificazione, sento quell'armonia che deve legare la nostra natura di soggetti al mondo esteriore, quelle leggi generali che permettono di farne esperienza. 


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