domenica 18 novembre 2012

Tokyo, l'altro da te, 1Q84

Provate a immaginare voi in un salto di 12 ore culturale e emozionale. Siete appena scesi a Narita, un incaricato vi stava aspettando con un cartello con il vostro nome,  vi salutate, e affrontate il viaggio in auto fino alla Shuuto expressway, la tangenziale sopraelevata su cui sfrecciate fino alla residenza destinata. Entrate nell'appartamento confortevole, destinato agli ospiti stranieri del Centro, vi lasciate sorprendere che le scarpe si lascino nell'ingresso, e prima de i saluti vi danno una cartina della metro, con spiegato il percorso da fare il giorno dopo per arrivare a destinazione. Ecco, ora c'è silenzio, il parquet di legno, il bagno è un blocco unico, fatto di  un laminato che sembra bachelite bianca comprendente la vasca quadrata e sale ad altezza soffitto, la cucina è quella in uso da un altro, qualche provvista (c'è un biglietto in italiano che parla di razioni kappa), la strada, tranquilla con i suoi negozietti, mini supermarket, e l'aria mite di ottobre, ecco, le stagioni sono tutte belle, ma l'aria di ottobre vi entra nella pelle, le sere miti di ottobre, il farsi scuro e tiepido, piacevole, accompagnato dai passi strascicati delle ragazze e dei giovani che rientrano dal lavoro. La metro è una ginkana, si corre, si cambia linea, si sale e si scende, le ore del mattino di punta, la metro è un salto temporale, si arriva e ci si acclimata, come durante una emersione subacquea,  si ritorna alla vita di fuori, strade, scuole e negozi e pacchetti regalo e pranzi da asporto. La metro è una mappa, un tesoro che racchiude mete ambiziose, luoghi non accessibili (il palazzo imperiale), gli spazi dello svago (Yurakucho, Omotesando, Shinjuku, Roppongi), la città elettrica (Akihabara), i centri dello studio (Ueno/Hongo/Nezu; l'università per eccellenza, la "Todai"). Muniti di questa mappa preziosa, ci si appresta a esplorare le numerose mete, la promessa di fine settimana pieni. Ecco, nei libri di Haruki Murakami, come lo chiamiamo in occidente, col nome prima del cognome, c'è sempre un  luogo preciso, un riferimento da condividere, un quartiere perbene o quieto o importante.

C'è Tokyo, che è viva e pulsante. Ci sono stati precedenti;  in A hard-boiled wonderland and the end of the world, Aoyama ni-chome (e Aoyama è sinonimo di vita notturna, oltre che di un bel cimitero) è il punto di emersione dopo la fuga dagli inkling, il ritorno alla vita quotidiana, alla spesa al supermercato, ai caffè, al jazz, al quotidiano.

 In 1Q84, la vita si svolge in quartieri non dormitorio, ma tranquilli, e quella dei ricchi, come la proprietaria della casa rifugio per donne oppresse da violenze, è ubicata ad Azabu, Nishi Azabu è zona di ambasciate, e di colline con ville residenziali, è immediato localizzare e identificare il tipo di quartiere. La sua villa è circondata da vecchi salici (a cui sarà destinata una fine vicina per dare spazio a caseggiati lussuosi) e la si immagina avvolta nel legno stagionato, e nella carta di riso, ma anche nei circuiti di sorveglianza, telecamere, e sistemi anti-intrusione. 
Scrive Cotroneo che potrebbe essere uno scrittore da Nobel (se ne è parlato prima che nominassero il cinese Mo Yan) ma che lui Cotroneo se lo risparmia di leggere, perchè è prolisso, perchè ha altri tipi di libri da leggere. E' vero , a volte è prolisso (come Carver), e ripetitivo, rifà il punto del racconto a nome dei vari personaggi, da più punti di vista. E come ha fatto Cotroneo anche io ho letto di traverso, iniziando dalla fine del primo libro sono andato a ritroso. Per questo secondo volume, non ce n'è stato bisogno.

C'è una pace che è quella delle serate di ottobre, a Tokyo. C'è il profumo, che è quello del gusto per piatti cucinati, con sapiente accostamento di gusti, e c'è il profumo dei bucati, delle lavatrici, di detersivo, di saponette Shiseido al lime, di quaderni e di libri di scuola. E c'è violenza, tanto che il primo volume è stato da me rimosso (perlomeno i capitoli crudi), la soppressione del male è stata accompagnata da un senso di sollievo. E c'è la sinfonietta di Yanacek, andate su Youtube e vedete quanti commenti del tipo "ho ascoltato /visto il filmato dopo aver letto 1Q84, bella, mi è piaciuta..." 
Non si legge 1Q84 per voler leggere un libro, si legge Murakami perchè si hanno apprezzato i libri precedenti e si vuole scovare la poetica di Murakami anche nella sua nuova opera. Il quale autore ci parla di storia, di movimenti sovversivi, delle loro influenze sulla società, sull'economia, della fortuna che fin'ora non abbiano ottenuto quello che si prefiggono, ma sono sempre lì a tramare. Parla poi di stringhe temporali, di passaggi telepatici e contatti con altre intelligenze, ma questo è il fascino immediato, la superficie, la pelle del racconto. Come possono piovere rane o altro, come pietre o caverne racchiudano forze non comprensibili razionalmente, non lo dice Murakami, sono archetipi collettivi, non è mitologia, sono riti (Rta,  in sanscrito).
Che il mondo reale sia più fantastico e macchinoso dei sogni collettivi, lo si vede dal potere dei zaibatsu, gli azionariati trasversali, la Mitsubishi che produce una telecamera per il rilevamento dei radioisotopi, ora che ne hanno creato il bisogno. Nel macrocosmo dei potentati politici, spicca la famiglia Tanaka, quella delle tangenti di Nakasone, della figlia grande manovratrice di parlamentari e grande azionista del settore costruttivo (grande proprietaria terriera), case autostrade e industrie. Dove c'è stato da fare investimenti e da fare soldi, non si sono mai sottratti. Anche durante l'armistizio, con gli americani occupanti, investivano in case bordello a fare i doppi turni, i bianchi di giorno, i neri la notte, un business enorme. E nel microcosmo, le sette hanno colpito a varie riprese, l'Aum Shin Rinkyo  e il gas sarin, non l'episodio noto della metropolitana nel '95, quello precedente, del 1994, una notte lo usarono su un condominio uccidendo sette persone, un caso chiuso, irrisolto, come quello del gregge di pecore morte per il gas, liberato dal cielo, fino alla venuta allo scoperto l'anno dopo.
Insomma, in Murakami si apprezza la città silenziosa, la dimensione vivibile, dove le auto non usano il clacson, ma della vita si impara a conoscere bene anche il suo lato oscuro, quella realtà fatta di gente prezzolata, e quello di un mondo contrapposto al bene, di un piano finalizzato ad un potere che non va a nostro vantaggio, che potrebbe nuocere a noi o al mondo come lo vogliamo. Qualcuno sparisce, o fatto sparire,  un costo inevitabile, un prezzo da pagare; visto dalla dimensione personale del soggetto, il mondo è ancora lo stesso, il nostro, quello a cui siamo attaccati, ma fino a quando!

Nessun commento:

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità . Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001