per recuperare la lunga assenza, ci siamo fatti compagnia per una settimana, dal sabato prima di Pasqua alla domenica del 27 (con una breve pausa il 23 e 24 aprile) durante la quale ho viaggiato in Romania con volo Bologna- Cluj Napoca (ClùsceNàpoca, con la J francese). Prima sorpresa, i controlli dei passaporti a ogni ingresso.
Seconda novità, i lavori alla stazione di Parma sono a buon punto, e la piazza della stazione è senza la sua storica fontana con i giardinetti, al suo posto un grande parcheggio sotterraneo...
il bar della stazione per fortuna è sempre uguale (graffiti compresi)
A Colorno ho conosciuto un nuovo parente, Emilio, Milietto, è simpatico, nipote dello zio Rino, e cugino del Bava, ha il diabete, ci dice che ha eliminato il pane... ci parla dei nipoti, di un nipote bello e bravo... ci abbraccia, ricambiamo.
Acacia robinia in fiore....
Acacia robinia in fiore....
Si parla tanto di Unione Europea come concetto introdotto in questi anni recenti.
il Po straripò nel 1951 e per salvare Casalmaggiore il flusso fu deviato su Colorno e le aree di Copermio, Mezzani, Torrile (Parma morta e gli argini dei canali collaterali), Trecasali,
I paesi Europei (almeno, quelli comunisti di allora) fornirono contributi alimentari e di prima necessità grazie alla trattenuta di un'ora di lavoro sindacale dagli stipendi. Una manna dal cielo, visto che all'epoca si acquistava tutto a debito, e c'erano quaderni di pagherò per ogni cosa, alimenti, legna, e ogni genere commerciale.
il Po straripò nel 1951 e per salvare Casalmaggiore il flusso fu deviato su Colorno e le aree di Copermio, Mezzani, Torrile (Parma morta e gli argini dei canali collaterali), Trecasali,
La Parma morta e gli argini andando verso Copermio, visti dalla ferrovia
I racconti della mamma sono iperboli e voli pindarici, basta dare il la, e si viaggia in epoche che non è facile fissare negli anni. Per questo, il narrare questa volta ha avuto un migliore e più precisa connotazione storica.
Come già scritto in altri post, mia madre racconta di periodi ben precisi.
Prima del '37, il comune si prendeva carico delle spese ospedaliere se la famiglia non aveva di che pagare. Mia madre fu ricoverata per appendicite, e la nonna Saurova aveva sempre la fattoria ipotecata (in modo da non pagare spese mediche e tasse), così i costi furono pagati dalla cittadina di Roudnice.
Già alla nascita erano dovuti ricorrere alla chirurgia plastica, per una saldatura tra un indice che si era concresciuto con l'osso mascellare, entrando nel naso. Da allora rimase una cicatrice sul labbro superiore.
Da ragazzina d'estate faceva il bagno nell'Elba, con un costume di maglina. Un giorno la corrente la spinse sotto, un vortice gorgo, da cui uscì con grande spavento e fortuna.
Il 1934, anno in cui la crisi di Wall Street si fece sentire sui livelli di occupazione in Cecoslovacchia, l'inverno pochi soldi aspettando qualche chiamata per lavoro temporaneo in primavera, il Natale fu allietato dai vicini che portarono dolci, alcuni di loro, ebrei, non tornarono dalla guerra e dai campi di concentramento.
Nemmeno uno zio comunista, Matousek, ce la fece e finì la sua vita a Mathausen.
Vasek Matouskovic, militare, lo rivedemmo negli anni '70 a Litomerice, raccontava dei mesi di esercitazioni all'aria aperta, e delle azioni di boicottaggio in corso durante la primavera di Praga, da parte degli agenti filoamericani, un pò come in Ucraina oggi.
Nel 1968, a novembre, il nonno ebbe un secondo infarto, quello decisivo, ascoltando alla radio l'intervento di una compagna con critiche motivate al partito.
Mi ha dato maggiori dettagli sul periodo di Vienna, quando aveva optato per il servizio di un anno lavorativo in fabbrica, piuttosto che in agricoltura, ed era diventata la migliore saldatrice, preparavano i box in acciaio per le munizioni dei soldati. Un giorno, assente per malattia, una bomba distrusse tutta la fabbrica. Come ai minori di diociotto anni tedeschi, le era stata assegnata una quantità di ticket alimentari pari a 3000 calorie/giorno, più 10 grammi di cioccolata al mese. Lei ed il nonno Zavorka a cui spettavano mille calorie/giorno, vissero quasi due anni a Vienna, fino alla liberazione da parte dei russi ed alla loro ritorno a casa, raggiunti per un periodo anche dalla nonna, che i primi tempi organizzava spedizioni di pacchi di cibo dal paese con la posta.
Il nonno Zavorka era addetto ad una squadra di prigionieri francesi, a costruire strade, il suo mestiere, ma spesso lui lavorava di prima mano e li lasciava riposare.
Insieme ad una signora austriaca, avevano recuperato tre galline, che portavano due uova al giorno, e se le spartivano. Venivano nutrite con fieno, un pò di grano, e avanzi di cibo.
La signora allevava tre piccoli tedeschi, figli fuori del matrimonio o dati in affido per assenza del genitore in guerra. Era una attività sotto banco, che poteva andare incontro al sequestro, ma era necessaria.
Una volta una bomba cadde vicino, il nonno subì un contraccolpo che lo spostò di 200 metri, in ospedale prese un infiammo alle vie respiratorie. Ne uscì facendo un gargarismo con il petrolio (per liberarsi del soffocamento causato dalla difterite). Un altra volta, stava preparando un barbeque in giardino, è dovuto rientrare in casa un attimo e in quel momento una bomba caduta sul giardino mandò in fumo il pranzo.
Bombe per tutto il 44-45, granate, truppe tedesche al contrattacco... quando Vienna fu liberata, i morti gonfi lungo le strade si confondevano con le statue del museo delle cere, sparse in giro nel parco del Prater...
I carnet dei biglietti alimentari e la carta moneta erano un genere molto appetibile, soggetto a furti dalle borsette tra colleghi e vicini, ma anche a gesti di generosità. Quando a mia madre furono sottratti, un lavoratore dei magazzini le fornì un sacco di piselli per conforto.
Pensare a una città sotto assedio fa venire in mente immagini di desolazione e le case di legno degli emigranti, ma stare a Vienna per dei lavoratori trasferiti da altre parti del mondo è anche la cattedrale di Santo Stefano, passegiare in centro la domenica, il palazzo degli Asburgo e la principessa Sissi.
Ritorno in Czeckia. Il mercato alimentare rimase soggetto a una calmiere anche dopo la guerra. Con l'avvento dei comunisti, durò fino al 1953, e mia madre ragioniera ogni lunedì distribuiva i tickets con le razioni alimentari alle famiglie, con un mercato libero che era soggetto alla disponibilità di moneta. Un fine settimana, il governo soppresse i tickets, e lasciò di stucco i cittadini che aspettavano le loro razioni, entrò in vigore il mercato libero, a prezzi alti. Da un giorno all'altro, entrò in vigore anche il nuovo cambio, 500 corone=1 nuova corona. La bisnonna, baba Saurova (Schauer, in tedesco= aceto), aveva accumulato valigie di carta moneta, a scapito di mia madre che le pascolava le oche, per poi chiederle in prestito ogni volta le 5 corone (prestamele, non ho spiccioli) e ricevere in autunno un vestitino per la scuola. Le negava il latte o la panna ma la dava ai maiali (che vendeva meglio perchè nutriti bene), mentre alla mamma le spalmava per ore un sottile strato di strutto sul pane, e quello per condire le patate bollite era centellinato. Quando entrò in banca aveva valigie piene di soldi, quando uscì aveva un borsellino.
Nel 1957 il nonno cadde dall'albero nell'orto, lontano da casa, rimanendo tutta la notte all'addiaccio, e si prese la polmonite. Il dottore Vranej, del partito, venne chiamato in tempo, e prescrisse una terapia a base di streptomicina, allora rara.
Di inverno, le uova erano più rare, e quindi più care. Si usava metterle via in estate quando costavano pochi centesimi, in bottiglie ermetiche conservate con un preservativo a base di sali di calcio.
In un anno imprecisato tra il '54-56, la famiglia era venuta da Teplice a Colorno, insieme a mio padre non trovarono resto dei soldi che avevano spedito dall'estero, finito a pagare vecchi debiti, e dovettero ritornare con la ferrovia senza un soldo. Peraltro, il biglietto della tratta sul Brennero era stato aumentato dal primo ottobre, e il vecchio biglietto fatto prima del viaggio non copriva l'aumento. La differenza venne versata da un viaggiatore italiano, che prese a compassione la situazione difficile dei suoi vicini di compartimento.
La mamma racconta di storia, di leggende, di episodi che spaziano negli anni e nelle varie epoche/epiche.
Alla fine della prima guerra mondiale, uno dei presidenti designati era uno slovacco, il generale Stefanik, eroe di guerra e aviatore con i francesi. Assunse (1910) la cittadinanza francese e durante la guerra, arruolatosi volontario nell'aviazione francese, vi raggiunse il grado di generale. Membro del consiglio nazionale cecoslovacco, insieme a E. Beneš e T. G. Masaryk, ebbe parte di rilievo nella creazione delle legioni cecoslovacche. Fu amato da una viscontessa italiana. Le legioni Cecoslovacche combatterono al fianco delle truppe italiane.
Agli inizi del 1919, stava atterrando vicino al suo paese natale, quando l'aereo ebbe un incidente. Si dice che una bomba o la contraerea fecero cadere l'aereo, erroneamente scambiato per ungherese, avendo colori simili.
Da wikipedia: "On 4 May 1919, at around 11:00, his plane tried to land near Bratislava, a military conflict area between the First Republic of Czechoslovakia and the Hungarian Soviet Republic, but crashed near Ivanka pri Dunaji. Štefánik died, along with the rest of the crew (two Italian pilots, Colonel Giotto Mancinelli Scotti and Sergeant Umberto Merlino, as well as a mechanic-radiotelegrapher, Gabriel Aggiusto)....
Sources do not substantiate rumours of disagreements arising between Štefánik and Beneš or Masaryk, mainly on the position of Slovakia in Czechoslovakia. On the contrary, telegrams sent by Štefánik from Vladivostok to the Czechoslovak National Council in Paris on 7 December 1918 indicate that Štefánik had a good relationship with them. To Masaryk, he wrote "with my filial feelings and a great patriotic happiness, I salute you, venerable professor, as the first president of the Czechoslovak Republic". To the President of the Council, Karel Kramář, he wrote, "Thank you, my dear president, for having chosen me as member of our National Ministry. You and your other co-workers can be sure of my loyalty and my fraternal feelings". To Beneš, he was even more friendly by using informal pronouns (he used formal pronouns to address Masaryk and Kramář): "Mr. Beneš, Ministry of Foreign Affairs in Prague: "I hug you affectionately, my loyal and precious companion during the hours of anxiety".
Sergio Tazzer, presidente del CEDOS (Centro di documentazione Storica sulla grande Guerra) è autore del libro pubblicato da Kellerman "Banditi o eroi? Milan Rastislav Stefanik e la legione ceco-slovacca".
Il primo presidente fu Masarik, figlio di un fabbro, che studiava legge a Praga, ed era evitato dall'elite dei figli dei ricchi commercianti e agricoltori della pianura dell'Elba, Roudnice e Melnik. Quando da presidente era in tour, toccava molti paesi ma evitava sempre quelle due città.
the Allies recognized Masaryk as head of the provisional Czechoslovak government. On 14 November 1918, he was elected president of Czechoslovakia by the National Assembly in Prague while he was in New York, and returned from exil on 21 december 1918 (wiki).
Agli inizi del 1919, stava atterrando vicino al suo paese natale, quando l'aereo ebbe un incidente. Si dice che una bomba o la contraerea fecero cadere l'aereo, erroneamente scambiato per ungherese, avendo colori simili.
Da wikipedia: "On 4 May 1919, at around 11:00, his plane tried to land near Bratislava, a military conflict area between the First Republic of Czechoslovakia and the Hungarian Soviet Republic, but crashed near Ivanka pri Dunaji. Štefánik died, along with the rest of the crew (two Italian pilots, Colonel Giotto Mancinelli Scotti and Sergeant Umberto Merlino, as well as a mechanic-radiotelegrapher, Gabriel Aggiusto)....
Sources do not substantiate rumours of disagreements arising between Štefánik and Beneš or Masaryk, mainly on the position of Slovakia in Czechoslovakia. On the contrary, telegrams sent by Štefánik from Vladivostok to the Czechoslovak National Council in Paris on 7 December 1918 indicate that Štefánik had a good relationship with them. To Masaryk, he wrote "with my filial feelings and a great patriotic happiness, I salute you, venerable professor, as the first president of the Czechoslovak Republic". To the President of the Council, Karel Kramář, he wrote, "Thank you, my dear president, for having chosen me as member of our National Ministry. You and your other co-workers can be sure of my loyalty and my fraternal feelings". To Beneš, he was even more friendly by using informal pronouns (he used formal pronouns to address Masaryk and Kramář): "Mr. Beneš, Ministry of Foreign Affairs in Prague: "I hug you affectionately, my loyal and precious companion during the hours of anxiety".
Sergio Tazzer, presidente del CEDOS (Centro di documentazione Storica sulla grande Guerra) è autore del libro pubblicato da Kellerman "Banditi o eroi? Milan Rastislav Stefanik e la legione ceco-slovacca".
Il primo presidente fu Masarik, figlio di un fabbro, che studiava legge a Praga, ed era evitato dall'elite dei figli dei ricchi commercianti e agricoltori della pianura dell'Elba, Roudnice e Melnik. Quando da presidente era in tour, toccava molti paesi ma evitava sempre quelle due città.
the Allies recognized Masaryk as head of the provisional Czechoslovak government. On 14 November 1918, he was elected president of Czechoslovakia by the National Assembly in Prague while he was in New York, and returned from exil on 21 december 1918 (wiki).
La zia di Roudnice, Ana Slafik, non prese mai la desinenza del nome del marito, come si usa in ceco, ma scelse lo stile tedesco, per sua scelta e tradizione filo tedesca. Noi la chiamavamo Kiticka, fiorellino, sempre accompagnata dalla sua cockerina bianca e nera.
Mio cugino, Jara Doskocil, sposato a Torino, elettricista, è scomparso nel '97 per un tumore al pancreas. Io ero in Giappone, quando mi chiama la mamma addolorata, ed io non posso fare nulla, troppa la distanza. Rimangono le figlie, Alessandra, Natascia, i nipoti, e una sorella in Czechia, Hana. Una buona spalla e un compagno di strada, aiutò la mamma nell'ultimo trasloco, in parrocchia lasciò un grande segno e rimpianti. A Torino, mi accompagnava al cinema, gli piacevano i film western. Si era trasferito con la madre, a 21 anni, e poi era rimasto ed aveva rifatto il servizio militare in Italia. Aveva un buon lavoro da elettricista spesso fuori dal comune, in giro per il nord. Quando venne il figlio di sua sorella, Libor, a trovarli a Torino, facevano passeggiate in centro, a guardar le vetrine. Se Libor si accorgeva che Jara era interessato alle ragazze, e se queste si intrattenevano per parlare, esclamava "Pa-pà!", per farle allontanare e farlo smettere.
Quando ho lasciato casa di mia madre, sono uscito dal retro, senza i soliti saluti e sbracciate di mano. Tanto ci rivedremo presto, tra un mese.
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