In una intervista sul nuovo album e il suo Ombra tour, Vinicio Capossela descrive: la polvere è maschile, come la fatica del mietitore; l'ombra, in una vetta montana, è là dove non batte il sole, l'ombra è femminile, ctonia, notturna, evento di presagi, magie, sotto l'influenza della luna.
a chi ha seguito le occasionali uscite e i tentativi di presentate delle non-notizie, dei fatti personali ... dedico queste poesie di Capossela
mi addentro nell'ombra, e inizio un altro viaggio, irto di insidie, l'ombra come lato oscuro, la depressione, la malattia, ma l'ombra è anche l'inconscio, e allora sarà un incontro con l'altro, o forse solo uno svanire nel buio...
Quando arrivi, quando verrai per me
guarda l'angolo del cielo
dov'è scritto il tuo nome,
è scritto nel ferro
nel cerchio di un anello...
E ancora mi innamora
e mi fa sospirare così.
Adesso e per quando tornerà l'incanto.
E se mi trovi stanco,
e se mi trovi spento,
se il meglio è già venuto
e non ho saputo
tenerlo dentro me.
I vecchi già lo sanno il perché,
e anche gli alberghi tristi,
che il troppo è per poco e non basta ancora
ed è una volta sola.
E ancora proteggi la grazia del mio cuore
adesso e per quando tornerà l'incanto.
L'incanto di te...
di te vicino a me.
Ho sassi nelle scarpe
e polvere sul cuore,
freddo nel sole
e non bastan le parole.
Mi spiace se ho peccato,
mi spiace se ho sbagliato.
Se non ci sono stato,
se non sono tornato.
Ma ancora proteggi la grazia del mio cuore,
adesso e per quando tornerà il tempo...
Il tempo per partire,
il tempo di restare,
il tempo di lasciare,
il tempo di abbracciare.
In ricchezza e in fortuna,
in pena e in povertà,
nella gioia e nel clamore,
nel lutto e nel dolore,
nel freddo e nel sole,
nel sonno e nell'amore.
Ora io... vorrei... che mi credeste... una volta... io vorrei veramente esaudire dei... desideri, anche se penso che quella dei ritardatari già è qualcosa... voi fate una preghiera... e noi sistemiamo le cose...
Voglio morire nelle mie parole
fino a che posso
per liberarle vive dall'incanto
prima che le divorino le rime, i versi, il senso
lasciandomi più povera di adesso.
quella mano,
farli passare tra i morti del mio sguardo,
poi, me ne andrò a dormire, tra campo, cielo, e acqua senza fondo,
il cane, e l'osso, uno dentro l'altro,
tenendo quella mano finche posso.
Silvia Bre
Molte sono le creature della Cupa per cui è meglio non affacciarsi ai pozzi, non uscire la notte, non esporsi al
pericolo. Come in una ninna nanna su una culla fatta di rovi, ecco l’elenco: la masciara, il pumminale, il maranchino e soprattutto la creatura della Cupa, neonata che ispira tenerezza, ma a sollevarla piega le gambe per il peso abbracciato, oro che il demone ha trasformato in piombo.