Questo post è sulla mia ultima esperienza ospedaliera, a seguito del ricovero nel reparto di neurologia dell'ospedale Vito Fazzi (DEA, dipartimento di emergenza e accettazione), ricovero avvenuto il 7 marzo, I miei sintomi erano tremore, afasia, difficoltà a ricordare i numeri di telefono, blocco del camminare, blocco del controllo nervoso vagale
alcuni esami sulla mia lucidità erano: che mese è? Aprile (era marzo). Dove siamo? Copertino (ero al Fazzi, a Lecce). Alcuni momenti li ho rimossi, come quando ho cercato di uscire dall'ospedale, passando davanti al pronto soccorso, i poliziotti mi questionavano come se fossi un drogato, poi un infermiere informato del mio stato mi ha riaccompagnato in reparto.
Ero a neurologia, aspettando un letto, in stato confusionale, e vedo tra il gruppo di dottori, una mamma mora, col suo piccino, lei a seno scoperto, sembrava una natività, una madonna nera.
Ho dimenticato i miei mali, l'elettroencefalogramma, la puntura lombare per escludere una meningite; mi sono raccontato a terapia intensiva, ho raccontato della Repubblica Ceca, di mio padre che era andato a lavorare dopo la guerra, ho raccontato della mia operazione alle tonsille da bambino. Intorno c'era l'agonia, una camerata di letti di moribondi. Io ero perso nella fiducia, ma la testa mi stava tornando a posto.
So che alle due di notte ero ancora a terapia intensiva, forse erano le 4 o le 5 quando mi hanno dato il letto, ricordo Salvatore paramedico che mi preleva il sangue, le infermiere che mi incontrano nel corridoio e mi riaccompagnano a letto, io che mi alzo per andare in bagno e mi tolgo il pannolone bagnato, le infermiere mi trovano che mi sono vestito, io che chiedo la colazione ma mi hanno appena registrato, mi offrono fette biscottate, io ho sete, scendo al secondo piano per prendere una bottiglia al distributore dell'acqua, alla sera le OSS vengono a prendermi la pressione con le mimose, è la festa della donna, io che le ringrazio e faccio loro gli auguri per la festa.
Non dimenticherò mai quella visione o apparizione, quella madonna nera, con bambino, la cu ivista mi ha ridato il senso del mio stare lì, fiducia nel recupero, delle funzioni mentali, della memoria, del cercare di stare bene e soprattutto del senso di appartenenza, del essere anche io relazionato, come biologo, come insegnante, come paziente che si racconta, e che ha storie da raccontare.
Quarto piano, sezione a sinistra, camera 29, neurologia.
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