giovedì 29 gennaio 2009
Pacifico
Dentro ogni casa
E' uscito da poco Tu che sei parte di me, dall'album "Dentro ogni casa" di Pacifico, al secolo Gino De Crescenzo. A me piace specie quando entra la voce graffiante della Nannini.
Quelle strofe,
"accendi i fuochi, piccole tracce, per ritornare a casa
ultima luce, ultima insegna accesa"
mi ricordano i pomeriggi delle domeniche, in auto, lungo una delle lunghe oodori a Tsukuba, al tramonto, una cassetta (sic, 10 anni fa) in sottofondo, spesso "La cura" di Battiato, come traccia arrivata da 12000 km olte oceano per farmi ritornare a casa.
martedì 27 gennaio 2009
Terezin
Today is the memory day remembering all the holocaust victims.
In this time, my thought goes to Eva and Rellah Berkovich, two sisters which I had the possibility to know up to my adolescence, in Teplice, since they were neighbours of my granparents.
I remember the number marked on their arm, but over all things I remember their energy and good aptitude to life.
And there are also the memories from my mother, that is quite clear up to now.
She was working as office account for the Municipality, and had enough food tickets to distribute to other friends for the weekly allowances. Often one the Berkovich sisters came to visit her to ask for food ticket, or eggs, since these were provided only for specific health needs.
This lasted for several years after the end of the war, even after the socialist party took the lead of the country. After that, foods were free to buy, but very few could be found in the shops. Luckily, czech cuisine does not require so much, since during the week it is based on potatoes, soups, souces and knedliky.
Eva e Rellah Berkovich erano due sorelle, di cui ricordo il numero marchiato sul polso dai tempi del campo di concentramento di Terezin.
Lavoravano a Teplice, in una edicola di giornali, o così le associo. Facevano compagnia, i nonni avevano piacere a vederle, buoni rapporti di vicinato.
Ai tempi dei tickets per il cibo, durati fino ai primi anni 50, le si passava loro qualche buono per uova, e ingredienti primari.
Terezin era coperta di scritte, l'opera di protesta oggi non è più leggibile, i muri sono stati imbiancati, sotto uno strato di intonaco giace la vera voce del '900, come quelle poche opere in esposizione nel ghetto di Praga, alcune poesie scritti su fogli volanti che andrebbero riportate sui libri di testo. E il cimitero monumentale nel quartiere sud-est, vicino all'area verde di Praga, il quartiere senza padroni, oggi le case sono state espropriate a chi ci abitava da tranta o quaranta anni, perchè costruite senza permesso edilizio.
Ebbene, se c'è un cimitero che parla, che comunica, è qui, tra le tombe dei benestanti borghesi tante sono le lapidi e le edicole, di famiglie ebraiche di fine '800, che sono state parte della città e poi strappate via.
In this time, my thought goes to Eva and Rellah Berkovich, two sisters which I had the possibility to know up to my adolescence, in Teplice, since they were neighbours of my granparents.
I remember the number marked on their arm, but over all things I remember their energy and good aptitude to life.
And there are also the memories from my mother, that is quite clear up to now.
She was working as office account for the Municipality, and had enough food tickets to distribute to other friends for the weekly allowances. Often one the Berkovich sisters came to visit her to ask for food ticket, or eggs, since these were provided only for specific health needs.
This lasted for several years after the end of the war, even after the socialist party took the lead of the country. After that, foods were free to buy, but very few could be found in the shops. Luckily, czech cuisine does not require so much, since during the week it is based on potatoes, soups, souces and knedliky.
Eva e Rellah Berkovich erano due sorelle, di cui ricordo il numero marchiato sul polso dai tempi del campo di concentramento di Terezin.
Lavoravano a Teplice, in una edicola di giornali, o così le associo. Facevano compagnia, i nonni avevano piacere a vederle, buoni rapporti di vicinato.
Ai tempi dei tickets per il cibo, durati fino ai primi anni 50, le si passava loro qualche buono per uova, e ingredienti primari.
Terezin era coperta di scritte, l'opera di protesta oggi non è più leggibile, i muri sono stati imbiancati, sotto uno strato di intonaco giace la vera voce del '900, come quelle poche opere in esposizione nel ghetto di Praga, alcune poesie scritti su fogli volanti che andrebbero riportate sui libri di testo. E il cimitero monumentale nel quartiere sud-est, vicino all'area verde di Praga, il quartiere senza padroni, oggi le case sono state espropriate a chi ci abitava da tranta o quaranta anni, perchè costruite senza permesso edilizio.
Ebbene, se c'è un cimitero che parla, che comunica, è qui, tra le tombe dei benestanti borghesi tante sono le lapidi e le edicole, di famiglie ebraiche di fine '800, che sono state parte della città e poi strappate via.
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venerdì 23 gennaio 2009
Gingko tree - Ichoo
Zempukuji temple
Il più vecchio albero di Gingko a Toyko si trova nel giardino del Zempukuji, 1-6-21 Moto-Azabu. Ci si arriva passando dalla salita del pino solitario, Ipponmatsu-zaka. L'albero ha più di 760 anni, e la caratteristica sono le radici aeree che pendono dai rami.
Dicono che fossero gradite perchè aumentavano la produzione di latte nelle madri.
This is the oldest Gingko tree in Tokyo, more than 760 year old, located i nthe temple Zempukuji, in moto-Azabu.
The aerial roots, visible in the picture, grow from the branches down to the ground.
In ancient time people said theroots were good to increase milk production in lactating women.
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mercoledì 21 gennaio 2009
Zia Maria (zie di tutto il mondo)
In questa foto, una delle ultime foto che comprendono le zie Maria e Memè, c'è tutto un mondo. La famiglia Guerrieri (con mia moglie a rappresentare la generazione attuale, oltre ai nipoti dal ramo di zio Uccio) e una amica, Teresa, ora ad Udine.
Rimangono ancora tutte le memorie, i racconti e gli affetti, mentre le zie ci hanno lasciato nel 2008, a 90 anni la Memè e a 91 la zia suora.
Ecco, i racconti del monte Tabor sono quelli più vivi, sia perchè vi ha trascorso 30 anni, sia perchè oggi il convento delle suore mercedarie è stato chiuso, e sono rimasti solo i padri francescani.
Alla vista delle foto di Suor Carmen, molti si rcorderanno questa bella presenza, viva, e quegli occhiali di fabbrica anni '70, fatti in Israele, dove si curava solo per motivi strettamente impellenti.
Forse la ricorderà Khadim, il figlio non voluto, (così lo chiamarono i genitori quando nacque, alla fine della guerra) oggi funzionario di polizia.
Forse, se vive ancora, la ricorderà Zora, l'aiutante di cucina, che una volta cercò di nascondere delle patate nelle vesti, la zia se ne accorse e le disse "ma Zora, se hai bisogno di qualcosa, prendila, basta chiedere".
Sicuramente se la ricordano i molti che la intervistarono, o scambiarono qualche parola là, sul monte della trasfigurazione, oggi parco naturale del Tabor.
E ce ne ricordiamo noi, nelle nostre preghiere.
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lunedì 12 gennaio 2009
Da "le nuvole" - Fabrizio De Andrè - Ivano Fossati 1990
(La cima)
Ti t’adesciàe ‘nsce l’èndegu du matin
ch’à luxe a l’à ‘n pè ‘n tera e l’àtru in mà
ti t’ammiàe a ou spègiu dà ruzà
ti mettiàe ou brùgu rèdennu’nte ‘n cantùn
che se d’à cappa a sgùggia ‘n cuxin-a stria
a xeùa de cuntà ‘e pàgge che ghe sùn
‘a cimma a l’è za pinn-a a l’è za cùxia
Cè serèn tèra scùa
carne tènia nu fàte nèigra
nu turnà dùa
Bell’oueggè strapunta de tùttu bun
prima de battezàlu ‘ntou prebuggiun
cun dui aguggiuìn dritu ‘n pùnta de pè
da sùrvia ‘n zù fitu ti ‘a punziggè
àia de lùn-a vègia de ciaèu de nègia
ch’ou cègu ou pèrde ‘a tèsta l’àse ou sentè
oudù de mà misciòu de pèrsa lègia
cos’àtru fa cos’àtru dàghe a ou cè
Cè serèn tèra scùa
carne tènia nu fàte nèigra
nu turnà dùa
e ‘nt’ou nùme de Maria
tùtti diài da sta pùgnatta
anène via
Poi vegnan a pigiàtela i càmè
te lascian tùttu ou fùmmu d’ou toèu mestè
tucca a ou fantin à prima coutelà
mangè mangè nu sèi chi ve mangià
Cè serèn tèra scùa
carne tènia nu fàte nèigra
nu turnà dùa
e ‘nt’ou nùme de Maria
tùtti diài da sta pùgnatta
anène via.
Ti sveglierai sull’indaco del mattino
quando la luce ha un piede in terra e l’ altro in mare
ti guarderai allo specchio di un tegamino
metterai la scopa dritta in un angolo
che se dalla cappa scivola in cucina la strega
a forza di contare le paglie che ci sono
la cima è già piena è già cucita
Cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura
Bel guanciale materasso di ogni ben di Dio
prima di battezzarla nelle erbe aromatiche
con due grossi aghi dritti in punta di piedi
da sopra a sotto svelto la pungerai
aria di luna vecchia di chiarore di nebbia
che il chierico perde la testa e l’asino il sentiero
odore di mare mescolato a maggiorana leggera
cos’altro fare cos’altro dare al cielo
Cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura
e nel nome di Maria
tutti i diavoli da questa pentola
andate via
Poi vengono a prendertela i camerieri
ti lasciano tutto il fumo del tuo mestiere
tocca allo scapolo la prima coltellata
mangiate mangiate non sapete chi vi mangerà
Cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura
e nel nome di Maria
tutti i diavoli da questa pentola
andate via
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