martedì 27 gennaio 2009

Terezin

Today is the memory day remembering all the holocaust victims.
In this time, my thought goes to Eva and Rellah Berkovich, two sisters which I had the possibility to know up to my adolescence, in Teplice, since they were neighbours of my granparents.
I remember the number marked on their arm, but over all things I remember their energy and good aptitude to life.
And there are also the memories from my mother, that is quite clear up to now.
She was working as office account for the Municipality, and had enough food tickets to distribute to other friends for the weekly allowances. Often one the Berkovich sisters came to visit her to ask for food ticket, or eggs, since these were provided only for specific health needs.
This lasted for several years after the end of the war, even after the socialist party took the lead of the country. After that, foods were free to buy, but very few could be found in the shops. Luckily, czech cuisine does not require so much, since during the week it is based on potatoes, soups, souces and knedliky.

Eva e Rellah Berkovich erano  due sorelle, di cui ricordo il numero marchiato sul polso dai tempi del campo di concentramento di Terezin.
Lavoravano a Teplice, in una edicola di giornali, o così le associo. Facevano compagnia, i nonni avevano piacere a vederle, buoni rapporti di vicinato.
Ai tempi dei tickets per il cibo, durati fino ai primi anni 50, le si passava loro qualche buono per uova, e ingredienti primari.
Terezin era coperta di scritte, l'opera di protesta oggi non è più leggibile, i muri sono stati imbiancati, sotto uno strato di intonaco giace la vera voce del '900, come quelle poche opere in esposizione nel ghetto di Praga, alcune poesie scritti su fogli volanti che andrebbero riportate sui libri di testo. E il cimitero monumentale nel quartiere sud-est, vicino all'area verde di Praga, il quartiere senza padroni, oggi le case sono state espropriate a chi ci abitava da tranta o quaranta anni, perchè costruite senza permesso edilizio.
Ebbene, se c'è un cimitero che parla, che comunica, è qui, tra le tombe dei benestanti borghesi tante sono le lapidi e le edicole, di famiglie ebraiche di fine '800, che sono state parte della città e poi  strappate via.

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