giovedì 12 dicembre 2024

indovinello veronese- la scrittura

L'indovinello veronese è il primo testo scritto arrivatoci di lingua italiana volgare, tra l'VIII e l'inizio del IX secolo, che usala lingua romanza (i giuramenti di SAtrasburgo sono datati cinquant'anni dopo) la cui soluzione è: la scrittura sulla carta. «se pareba boves alba pratalia araba et albo versorio teneba et negro semen seminaba» Se questa interpretazione sulla scrittura è stata valida per tanto tempo, oggigiorno con l'uso prevalente di smartphone, segreterie vocali e registrazioni del testo con scrittura di intelligenza aritficiale, pone il problema di una revisione del proverbio, come nel seguente haiku: 
"sulla tastiera, -
 al vorticar delle dita, -
 pensieri scritti" -
 sullo stile della metrica 5, 7, 5, come nel caso di Cristina Bove
"era la barca -
 un battito di chiglia -
 piange il mare"
l'Indovinello non segna un punto di svolta epocale nella trasformazione del latino in volgare, nonostante la caduta delle desinenze latine e il vocalismo schiettamente volgare di negro. i caratteri tardolatini che non mostrerebbero ancora un volgare "maturo" affrancato dalla vecchia lingua. Si pensi alla coniugazione in -eba e in -aba, in cui la b non è ancora diventata v, al semen che è un nominativo/accusativo latino. Ciò che induce a guardare al volgare è la mancanza della -t finale nei verbi (si dice appunto pareva, arava ecc. in italiano), l'aggettivo negro (e non nigrum come vorrebbe il latino), in pratica già italianizzato per la -o finale e la trasformazione di i breve > e (é chiusa), mentre la -es di boves sarebbe da attribuire non direttamente al latino, bensì ad influenze ladine, data la collocazione geografica di Verona. Albo è precedente all'introduzione del Germ. blank > it. bianco fr. blanc ecc. nel mondo tardo-latino e può essere considerato un volgare molto arcaico. Notiamo ancora albo versorio in -o, come appunto vuole l'italiano ovvero il dialetto. Carlo Tagliavini, in Le origini delle lingue neolatine, ipotizza un'origine dotta con connotazione semivolgare, proveniente da ambienti scolastici ecclesiastici, nei quali gli alunni chierici utilizzavano come mezzo di comunicazione una lingua latina sgrammaticata e con molte incertezze lessicali. Ciò spiegherebbe perché nello stesso testo convivono latinismi e volgarismi. Arrigo Castellani, in I più antichi testi italiani: edizione e commento, ritiene anch'egli che il testo abbia un'origine dotta, ma che quella giunta sino a noi sia una testimonianza del latino medievale e non del volgare.
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