"sulla tastiera, -
al vorticar delle dita, -
pensieri scritti" -
sullo stile
della metrica 5, 7, 5, come nel
caso di Cristina Bove:
"era la barca -
un battito di chiglia -
piange il mare"
l'Indovinello non segna un punto di svolta epocale nella trasformazione del
latino in volgare, nonostante la caduta delle desinenze latine e il vocalismo
schiettamente volgare di negro. i caratteri tardolatini che non mostrerebbero
ancora un volgare "maturo" affrancato dalla vecchia lingua. Si pensi alla
coniugazione in -eba e in -aba, in cui la b non è ancora diventata v, al semen
che è un nominativo/accusativo latino. Ciò che induce a guardare al volgare è la
mancanza della -t finale nei verbi (si dice appunto pareva, arava ecc. in
italiano), l'aggettivo negro (e non nigrum come vorrebbe il latino), in pratica
già italianizzato per la -o finale e la trasformazione di i breve > e (é
chiusa), mentre la -es di boves sarebbe da attribuire non direttamente al
latino, bensì ad influenze ladine, data la collocazione geografica di Verona.
Albo è precedente all'introduzione del Germ. blank > it. bianco fr. blanc ecc.
nel mondo tardo-latino e può essere considerato un volgare molto arcaico.
Notiamo ancora albo versorio in -o, come appunto vuole l'italiano ovvero il
dialetto. Carlo Tagliavini, in Le origini delle lingue neolatine, ipotizza
un'origine dotta con connotazione semivolgare, proveniente da ambienti
scolastici ecclesiastici, nei quali gli alunni chierici utilizzavano come mezzo
di comunicazione una lingua latina sgrammaticata e con molte incertezze
lessicali. Ciò spiegherebbe perché nello stesso testo convivono latinismi e
volgarismi. Arrigo Castellani, in I più antichi testi italiani: edizione e
commento, ritiene anch'egli che il testo abbia un'origine dotta, ma che quella
giunta sino a noi sia una testimonianza del latino medievale e non del volgare.