giovedì 26 febbraio 2009
Makoto Ooka
Renshi, si tratta di poesie legate scritte da diversi poeti, una nuova forma di verso libero di poesia collaborativa adattata dalle forme Renga e Renku, in voga tra i poeti classici giapponesi a partire dal secolo tredicesimo.
Makoto Ooka cominciò a scrivere Renshi negli anni '70 con colleghi della rivista Kai (remi).
Da "What the kite thinks", poesie collegate di Makoto Ooka, Wing Tek Lum, Joseph Stanton, Jean Yamasaki Toyama, edite da Lucy Lower, University of Hawaii
1 What the kite thinks
Because a hand holds me down to earth
I can climb the staircase of the sky.
Each time I push against the wind with my shoulders
I am sucked even furhter upward into the bosom of the sky.
Because a hand holds me down to earth
I hold the earth suspended in the air. (Ooka)
2 In the air
In the air rise the curlicues of incense
to pierce my nostrils
with the sense of eternal
that I exale in turn
to mingle with the here and now
of earthbound scents. (Toyama)
3. Earthbound scents.........
mercoledì 25 febbraio 2009
Kenzaburo Oe
Tra i grandi autori e sperimentatori della seconda metà del 900
Da: note sulla letteratura del'900. (primi anni '90)
Nei primi anni del '900 l'espressione "wakon-kansai" o " spirito Yamato unito alla lezione appresa dalla Cina", viene sostituito da Wakon-yosai, " spirito Yamato unito alla lezione dall'occidente". Anche questa prese una connotazione militaristica. Nessuno può negare l'utilità della scienza, dell'arte e tecnologia occidentali, ma l'ideologia, considerando l'imperatore un essere assoluto, era sempre al di sopra di tutto. Questo assolutismo era privo della tolleranza e sensibilità caratterizzante lo spirito del Genji monogatari. Ho conosciuto questo fanatismo perchè mi fu instillato quando ero bambino. Come tutti a quel tempo, mi fu fatto credere in questa pazza convinzione di superiorità nonostante l'arretratezza nelle tecnologie militari, così lontana dallo "spirito Yamato" presente in Murasaki Shikibu, "senza l'apprendimento non ha nessuno scopo".
Il maggiore scrittore giapponese dopo la restaurazione Meiji fu Soseki Natsume, che visse in un periodo di rapida modernizzazione. Tra i suoi lavori meglio noti c'è Sorekara, tradotto in "E allora", And then. Scritto nel 1909, in anni di pace seguenti la guerra russo-giapponese, descrive la vita di Daisuke, un giovane benestante intellettuale che cade in amore con la moglie di un amico e si ritrova in preda ai tormenti. Qeusto protagonista mi ha interessato perchè ha l'abitudine di criticare senza riserve la società in cui vive.
In alcuni momenti la novella cita i Giapponesi come "un popolo sfortunato in preda ai forti appetiti della vita" ed egli lamenta che la morale europea non è loro nota. Oggi, i fieri appetiti nel 1990 sono ancora più forti, il consumismo, la corrente di ondate che arrivano dalle spiagge europee. Dei giudizi profetici di Soseki ne manca uno, non avendo immaginato che un giorno il Giappone sarebbe stato in grado di stare spalla a spalla finanziariamente con le grandi potenze europee. Questo è avvenuto, senza l'effetto benefico che Soseki immaginava: un bilanciamento tra gli appetiti e la moralità non si è avverato, e il deficit spirituale è diventato più acuto.
Io rimasi a Tokyo dopo la laurea, e, come Takashi protagonista di un racconto, sono stato coinvolto nel movimento del 1960 contro il trattato di sicurezza USA-Giappone. Per me, questa esperienza non mi portò solo indietro ai ricordi del villaggio, ma a conoscere di più Okinawa, una prefettura sotto occupazione. L'indipendenza culturale di questa isola piantò in me un seme che è cresciuto in una nuova prospettiva sulla cultura giapponese nel suo insieme. Al di là di quanto giapponesizzata possa sembrare, Okinawa mantiene la sua identità non-Yamato. E, a differenza della cultura giapponese del Kanto, centrata sull'imperatore, rimane benedetta da una ricchezza e diversità peculiare alle culture periferiche. La sua gente possiede una apertura al mondo che deriva dal conoscere il significato dei valori relativi.
Quando ho scritto The Silent cry, con questa ricchezza di compresione, non ho fatto altro che identificare gli elementi nelle leggende del mio villaggio che contengono elementi in leggende simili delle Corea e altre nazioni dell'Asia. In un certo senso, la novella diventa quello che Michail Bakhtin chiama "un sistema di immagini del realismo grottesco". Infatti fu la teoria di Bakhtin che mi permise di fare queste connessioni culturali. Nel processo del fare, fui capace di riscoprire e rappresentare aspetti di Okinawa che sono contenuti nel profondo entro altre culture periferiche del Giappone. Il soprannome o nome del clan dei fratelli nella novella è Nedokoro, che significa "il luogo delle proprie radici". Ho preso il nome dalla parola Okinawa Nendukuruu, ossia "una casa che protegge le radici degli spiriti dei membri del proprio clan". La parola mi attrasse perchè, come uno che aveva lasciato il paese natio per Tokyo, e i cui occhi son ostati aperti dalo studio della cultura europea, io ho riscoperto- grazie al mio incontro con Okinawa- la mia propria casa foresta, il terreno fertile in cui la mia scrittura si è sviluppata.
Ora, mentre mi avvicino ai 60 anni e guardo indietro alla mia carriera, realizzo che ogni cosa che ho scritto è stat, in una maniera o nell'altra, una estrapolazione di queste due novelle che ho discusso....
...Yasunari Kawabata, primo scrittore giapponese premio Nobel per la letteratura, diede una lezione intitolata " Giappone, il bello, e me stesso" fu una lezione sia molto bella che vaga, nell'equivalente di Aimaina, una parola aperta a tante interpretazioni. Il genere di vaghezza che K. adotta è implicata nel titolo della lezione, con l'uso della particella "no" (=di) collegante la parola "me stesso" con la parola "il bel Giappone". Un modo di leggerlo è "io come parte del bel giappone" indicando la relazione del nome seguente rispetto al nome precedente, come una relazione di possesso o di attacamento. Ma può essere anche interpretata come "il bel Giappone ed io", la preposizione in questo caso collegando i 2 nomi in apposizione, che è come appare il titolo nella traduzione del Prof. E. Seidensticker, eminente studioso di letteratura giapponese. Grazie a qel titolo K. parlò di quell'unico tipo di misticismo presente nel pensiero giapponese e nella filosofia orientale, nel buddismo zen. Pur come scrittore del XIX secoolo, K. identificava la sua mentalità con quella affermatasi nei poemi scritti dai monaci Zen. Molti di quei poemi trattano dell'impossibilità liguistica di dire la verità. Le parole sono confinate entro schemi chiusi... invece, per rispondere ai poemi zen ci si deve abbandonare ed entrare intenzionalmente dentro le chiuse pareti di quelle parole.
Perchè K. decise di leggere quei poemi esoterici zen prima della audizione a Stoccolma? Io guardo con nostalgia a quel coraggio diretto che egli perseguì alla fine della carriera e che gli permise di fare una confessione di fede. K. fu un pellegrino artistico e produsse molti capolavori. Alla fine dei suoi pellegrinaggi, attraverso i discorsi sulla fascinazione della poesia riuscì a sorprendere e rendere vano ogni tentativo di comprenderlo a pieno, e gli permise di parlare del "Giappone, il bello, ed me stesso", cioè, sul mondo della sua vita e sulla letteratura che aveva creato. Degna di nota è la conclusione della sua lezione: "ile mie opere sono state descritte come opere di vuoto, ma non bisogna scambiare questo vuoto con il nichilismo occidentale. La fondazione spirituale è alquanto differente. Dogen intitolò la sua poesia sulle stagioni " realtà innata", e per quanto egli decantò la bellezza delle stagioni, egli fu sempre profondamente immerso nello zen".
Qui io trovo una autoasserzione forte e diretta. Non solo K. identifica se stesso come appartenente nella essenza alla tradizione della filosofia zen, e alla sensibilità estetica che pervade la letteratura orientale, ma volle distinguere la vuotezza delle sue opere dal nichilismo occidentale. Con ciò, egli indirizzò il messaggio allle generazioni future dell'umanità, in cui Nobel pose la sua speranza e fede.
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lunedì 16 febbraio 2009
Kiji e i fagiani di montagna
Tsukuba è una città fondata negli anni '70, in occasione di un Expò sulla scienza e la tecnica e l'esplorazione dello spazio, situata tra 4 villaggi agricoli e le loro risaie, ai piedi dello Tsukuba-san, una montagna di circa 1800 metri, con una bella riserva naturale, un tempio e una bella vista della valle del Kanto, fino alla cima del monte Fuji.
La mia prima "forte" impressione fu la conoscenza con il fagiano blu, che incontrai nel parcheggio dell'Università nel 1994. Un fagiano dalle piume lucide, tutto blu, dal colore intenso, metallico.
Nel 1996-97 ho preso casa presso un condominio a nord, tra un bosco di bambù e case coloniche, campi coltivati e orti. I fagiani blu vagavano in libertà, i miei incontri si sono fatti più frequenti.
Questo nella foto non è blu, ma coloratelo mentalmente e ne avrete un'idea.
ad una mia domanda sul loro nome, i bambini risposero: Kiji キジ
Green Pheasant
Phasianus_versicolor
questo è l'unico fagiano che ho conosciuto, veniva a pascolare nell'orto tra le zucchine, e una volta gli ho tagliato la strada con la bicicletta tra il sentiero e il bosco, sorpreso si è messo a correre sgambettando con scatti di ali.
Poi ci sono i fagiani di montagna, come questo raffigurato un un nihonga del 1970 (Youdeki Shuko).
mercoledì 11 febbraio 2009
buone notizie
lunedì 9 febbraio 2009
preannuncio di primavera
Orto e giardino in fiore, fine settimana dell' 8 febbraio 2009.
Puntarelle, cicorie col cuore in accrescimento
cicoria di Galatina (puntarelle)
già alcune piante di fave sono coperte di fiori, queste sono state seminate molto presto...
narcisi a trombetta, molti stanno ancora uscendo...
Rosa gialla a febbraio
nel complesso, dopo tutta la pioggia di gennaio e anche in questi giorni, una giornata ventosa ma asciutta, e le piante si sono riprese bene. Nel paesaggio di mandorli fioriti, già qualche mimosa stracarica di un giallo solare, che sembra di sentirne l'odore a distanza. E' un giallo evocativo, onirico.
venerdì 6 febbraio 2009
giovedì letterari a Lecce
Ieri sera, siamo andati allo spazio "libri e cibo" della libreria qui indicata.
Ieri sono stati presentati 4 vini della Cantina Cantele di Guagnano, dal giovane Paolo che ha raccontato la storia, recente, della famiglia e della realizzazione di questi vini che rivalutano le produzioni salentine a livello mondiale.
Tra un calice e l'altro, sono stati letti alcuni brani del libro "Afra" di una interessante giovane scrittrice (molto simpatica), Luisa Ruggio, la cui passione è raccontare.
Ecco, per descrivere i 4 vini presentati, il Fiano (Alticelli), il Rosato, il Teresa Manara (Negroamaro), e l'Amativo (Negramaro- Primitivo) li paragono ai venti, i messaggeri dei quattro punti cardinali.
Il Fiano, solare, è il grecale, messaggero dell'est, porta sentori di mughetto e notizie da amici intimi, scambi di frasi sul blog o su twitter, sentimenti di leggerezza e vitalità.
Il rosato, questo distillato degli umori del mosto, anche chiamato lacrima per il poco tempo che rimane in sosta con le bucce, è uno scirocco, il messaggero del sud. Caldo, accompagna sentimenti profondi, aroma intenso, passione avvolgente. Porta notizie di amori che stanno per arrivare, o lettere di commiato.
Il Teresa Manara è il ponente, messaggero dell'ovest. Carico e denso, porta aromi di mosto cotto e denso concentrato di frutti di bosco, è carico di aromi speziati, è combattivo, avvolge e trascina, con forza, ma è un opporsi misurato alla sua spinta, un braccio di ferro consapevole, di sfida. Porta notizie lontane, fa entrare in dimensioni inaspettate, amici inattesi, fuori dall'ordinario, incontri che lasciano una traccia, memorie.
L'Amativo è una tramontana che detta legge, cupo, buio, non lascia possibilità di opporsi. Deprivato di aromi prevalenti, un pozzo senza fondo in cui si sprofonda come nel fondo del bicchiere che lentamente ma costantemente si svuota fino al fondo.
Porta notizie di destini, di cambi definitivi, di decisioni e separazioni. Porta una dimensione interiore profonda, induce uno stato di trance.
mercoledì 4 febbraio 2009
febbraio, bella stagione
Carciofi, Artichokes
questi li ho raccolti dicembre, primizie da mangiare crude in insalata
la carciofaia quest'anno è piena di piante, da sfoltire e consumare come cardi. Anche a gennaio ci sono 8-10 capolini pronti da tagliare.
bocche di leone, sul terrazzo soleggiato
azalea fiorita, sul terrazzo, esposto a sud
mandorlo precoce, Monteroni
lunedì 2 febbraio 2009
I film di animazione della Ghibli studio
Neighbour Totoro / Hayao Miyazaki e i temi cari alla Ghibli studios
Uno dei temi cari e ricorrenti è l'eta dell'oro, il ricordo della campagna e dei boschi, la casa dei nonni e gli odori dell'infanzia, che contrasta con la vita moderna e urbanizzata dei nostri giorni. Molte persone da me interrogate su questo tema, sentono la nostalgia della loro infanzia e del periodo trascorso presso i nonni, ma danno per scontato che i luoghi e la natura siano completamente cambiati, persi definitivamente. Ecco allora che l'argomento delle vacanze in campagna acquista una valenza mitica, di mito.
Un tema molto caro a Miyazaki riguarda alberi straordinariamente giganteschi. Sia in Totoro che in Laputa, castello nel cielo, c'è un albero gigantesco, magico, che compare in un baleno dai semi magici di Totoro, quelli che, tra fede e speranza, aiuteranno l'orto a far germogliare le piantine, mentre in Laputa è un albero gigantesco che ricopre Laputa e la sua struttura ipertecnologica perchè la forza della natura riprende il sopravvento se lasciata fare.
One recurrent theme in Ghibli studio's movies is the gold era, the memories of countryside and woods taking to grandparents house, the smells of childhood, contrasting with the modern urban life of today. People asked said they feel the places have changed too much, so to feel them irreversibly lost. Thus the theme of summer holidays acquire the dimension of myth.
Another theme touched often by Hayao miyazaki is extraodinary trees. Either in My neighbour Totoro either in Laputa, castle in the sky, a giant tree appears,growing in one night from the magical seeds of Totoro, Those that will help the seedling in the orchard to grow, trhough children believes and hopes, while in Laputa it is an enormous tree that covered the hypertechnologic floating island, because the nature's strenght always prevails when left undisturbed.
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