lunedì 25 giugno 2012

libri verdi nel mio scaffale

Questo post vuol essere un contributo all'edizione di giugno del Carnevale dei libri di scienza, ospitato da Patrizia Martellini sul suo blog Evolve or die, dal tema "le piante".

I primi due libri che introduco sono due manuali per conoscere le piante,  Franco Muzzio editore, il primo mi ha aiutato nel colmare la mia ignoranza e a distinguere gli alberi
 "Che albero è questo?" di Dietmar e Renate Aichele, Heiz-Werner e Annelise Schwegler, 
 il secondo è "Che fiore è questo?"  sempre di  Dietmar Aichele, con Marianne Golte Bechte e Golte Spohn.  

proseguo con:
Elogio del pomodoro
Pietro Citati, Mondadori.

la nostalgia dei pomodori che mangiavamo da bambini, durante le lunghe estati. Il pomodoro era il frutto supremo di quelle vacanze, colto sulle pianta, nell’orto.

Naturale inclinazione. Divagazioni coerenti di un paesaggista ribelle.
Ippolito Pizzetti (curatore per anni di una pagina verde sull'Espresso). Editore: Encyclomedia Publishers

Libereso, il giardiniere di Calvino. Da un incontro di Libereso Guglielmi con Ippolito Pizzetti
Ippolito Pizzetti ,  Libereso Guglielmi
Editore: GEM Edizioni
  • Libereso infatti ha avuto due vite. Una immaginaria, come personaggio nel racconto di Italo Calvino Un pomeriggio, Adamo, scritto all'epoca in cui era giardiniere del professor Mario Calvino, padre dello scrittore. L'altra reale, vissuta intensamente come chi rinasce ogni giorno su questa terra che egli considera l'unico paradiso, e durante la quale è diventato un giardiniere noto in Italia e all'estero. La storia di Libereso, espressione di uno spirito vitale e libero, a stento si lascia imbrigliare in una narrazione: come una pianta in perenne primavera "getta" e intreccia sempre nuovi ricordi da cui spuntano, a ogni pagina, curiose e talora affascinanti rivelazioni.... Ma sono soprattutto le idee di Libereso sugli uomini e sulla natura… a lasciare un senso di profonda simpatia e ammirazione ...

Il giardino dei frutti perduti. Disegni e descrizioni dei fratelli Roda
Elena Accati ,  Agnese Fornaris

L'Artistica Editrice
  • L'opera raccoglie la preziosa e inedita Pomologia dei fratelli Giuseppe e Marcellino Roda, maestri giardinieri e progettisti di parchi e residenze reali, formatisi alla corte di Carlo Alberto. Le meravigliose tavole di questo volume permettono di cogliere, grazie alla vivezza delle forme, colori e particolari la bellezza di circa 170 frutti, molti dei quali scomparsi
In giardino non si è mai soli. Diario di un giardiniere curioso
Paolo Pejrone
Editore: Feltrinelli (i Tulipaneers, gli alberi tulipano, i giardini segreti d'Italia e d'europa...., piante favolose...)
  • Architetto dei giardini, collaboratore di giornali e riviste d'opinione e specialistiche, vicepresidente per l'Italia della International Dendrology Society, Pejrone dedica questo libro all'amore, la disciplina, 'arte di badare a orti e giardini, all'arte di capire le piante. Offre molti esempi del "ben fare" ma anche numerosi esempi del "mal fare"
Cronache da un giardino. Le piante e le loro stagioni. 
Paolo Peyrone.  Mondadori electa.

  • Pejrone racconta l'esperienza quotidiana vissuta nel proprio giardino di Revello, nel Saluzzese, ai piedi del Monviso, luogo privato e giardino segreto dove negli anni ha sperimentato soluzioni e composizioni poi riusate nei lavori commissionati. La prima parte del libro ne riporta l'evoluzione e, corredata di foto private, traccia una linea evolutiva del luogo, mettendo a volte a confronto l'attuale stato con il passato. A questa ricca parte testuale ne segue una prettamente fotografica... 

Le stagioni del maestro giardiniere. 182 suggerimenti d'autore per coltivare giardino, orto, balcone e piante di casa con competenza e intima soddisfazione
Carlo Pagani ,  Mimma Pallavicini
e
30 segreti del giardiniere
Carlo Pagani ,  Mimma Pallavicini
 Editore Vallardi.

e infine,
Come creare raffinati giardini giapponesi
Gianluigi Enny, Editore: Il Castello  
Questo l'ho aggiunto ispirato  dalla gestione di pietre, sabbia, bambù, muschio e l'acqua.
L'acqua che salta il dislivello tra conche e le rocce sul fondale, dislivelli grandi o appena percettibili rendendo il senso del flusso e del tempo che scorre. Cosa fa riempire la conca? L'intervento dell'uomo. La tecnica dietro l'impressione naturale. La natura riceve e scambia con l'uomo, generando un nuovo habitat, un ecosistema umanizzato.

mercoledì 20 giugno 2012

il tempo, la chimica e i pacemakers

E' uscito sul numero di maggio de The Scientist un'interessante articolo sul metabolismo, il ritmo circadiano  e l'ossidazione della perossiredoxina, una proteina presente dai batteri alle piante al mondo animale, e componente autonomo del complesso sistema che tiene il tempo, e fa da "pace-maker"   annotando il ciclo o ritmo circadiano della vita cellulare.
In pratica, alcuni amminoacidi contenenti residui sulfidrilici, (metionina, cisteina) hanno la tendenza a reagire con l'anione superossido, ed ossidarsi nell'arco delle 24 ore. E' noto che i gruppi -SH sono soggetti a ossidazione, e vengono modificati in presenza di ossido nitrico, dando vita a ossidazioni reversibili, regolate da  sistemi redox, come il glutatione, tripeptide che assimila su di sè  i gruppi idrossile e da  enzimi riducenti (e cofattori vitamine).   
  • L'anno scorso, Akhilesh Reddy e colleghi dell'Università di Cambridge nel Regno Unito hanno dimostrato che almeno un componente della macchina dell'orologio circadiano non è coinvolto nella trascrizione di geni periodici- ma si tratta di una famiglia di proteine antiossidanti,  perossiredoxine, spugne capaci di assorbire il perossido di idrogeno in eccesso nelle cellule in 24 ore di ossido-riduzione dei cicli legati al metabolismo.  Il team di Reddy ha scoperto che queste proteine, che si trovano in ogni organismo, presentano oscillazioni durante i cicli circadiani, nell'uomo, nel topo e nelle alghe marine. "Per dimostrare che  gli organismi eucarioti avevano questi ritmi,  abbiamo deciso di approfondire lo studio nei  batteri ed archeobatteri", ha detto Reddy. Nello studio più recente, il suo team ha esaminato i ritmi di ossidazione perossiredoxina in Synechococcus elongatus, una  cianobatterio di acqua dolce, e Halobacterium salinarum , un archeobatterio marino aerobico. Ogni organismo è stato mantenuto a luce e temperatura costante per 48 a 72 ore, durante i quali i ricercatori hanno prelevato campioni periodicamente per vedere se le peroxiredoxine erano ossidate o no. In entrambe le specie, le proteine ​​hanno mostrato robuste oscillazioni di ossidazione che seguivano una ciclo di 24 ore.
    Il team ha inoltre esaminato il legame tra i meccanismi di clock precedentemente identificati e la perossiredoxina: quando i geni orologio sono mutati, in Drosophila ed  Arabidopsis, i cicli redox della perossiredoxina continuano senza interruzioni. Ciò suggerisce che entrambi i componenti tradizionali (ciclo circadiano regolato da fattori di trascrizione-traduzione in proteine, nei nuclei soprachiasamtici nell’ipotalamo) e la  perossiredoxina lavorano indipendentemente per generare i ritmi circadiani di un organismo.
Per quanto riguarda l'orologio biologico o ritmo circadiano, si tratta di una sequenza ordinata di attività : un complesso proteico sequenstrato nel citoplasma, la liberazione di un inibitore,  
I fattori di trascrizione Cyc (cycle) detto anche Bmal, e  Clock, dimerizzano e sono trasportati nel nucleo, si legano al DNA in regioni specifiche e fanno produrre proteine che variano circadianamente: Per, acronimo di period, e i criptocromi (Cry) chiamati anche Timeless.
Nell'uomo il segnapasso o pace maker è nell'ipotalamo, è formato da fattori di trascrizione che hanno una vita inferiore alle 24 ore e sono trasportati ciclicamente dal citoplasma al nucleo, 

Schema del ritmo circadiano nelle piante (transcriptional feedback loop in Arabidopsis.
LHY and CCA1 negative elements,  repression against TOC1 in the morning 
 TOC1 a positive element because it results in increased transcription of LHY and CCA1 during the evening because of its accumulation)

Nelle piante, i criptocromi sono importanti per la produzione giornaliera di fotorecettori
  • Facella et al., Gibberellin and auxin influence the diurnal transcription pattern of photoreceptor genes via CRY1a in tomato.  PLoS One. 2012;7(1):e30121)
Questo meccanismo conferma quanto è saputo ed avviene anche negli animali.

In particolare riguardo ai criptocromi, nei pesci adattati all'oscurità (cavefish, Phreatichthys andruzzii), si è persa la risposta alla luce visibile, ed i recettori  delle opsine,   TMT-opsin e Melanopsin servono da fotorecettori del tessuto periferico leganti  il cromoforo retinale, in lunghezze d'onda del non-visibile.
Invece, è assente un  segnapasso  in sintonia con le variazioni di temperatura.
Allora quali sono i meccanismi che segnano il  tempo nei pesci ciechi? 
 - un orologio funzionale basato sui cicli di feeding e non sull'alternanza giorno-notte
-  Rest activity cycling, RA
  • Cavallari et al.  A Blind Circadian Clock in Cavefish Reveals that Opsins Mediate Peripheral Clock Photoreception. PLoS Biol 9(9): e1001142.
Per concludere, si può agire sul metabolismo cellulare, regolante l'ossidazione delle perossiredoxine,  perchè l'abbassamento del metabolismo influenza il ritmo veglia sonno durante l'ibernazione,  che si può imitare per controllare  lo scorrere del tempo biologico.
Due branche della scienza interessate sono:
- la medicina dei trapianti d'organo, mediante peptidi che inducono l'ibernazione, 
- e la scienza e tecnologia dei viaggi spaziali 

  • Körtner G, Geiser F. The temporal organization of daily torpor and hibernation: circadian and circannual rhythms. Chronobiol Int. 2000 Mar;17(2):103-28.
  • Revel et al. The circadian clock stops ticking during deep hibernation in the European hamster. Proc Natl Acad Sci U S A. 2007  104:13816-20.  "melatonin, rhythm-generating enzyme, whose rhythmic expression in the pineal gland is controlled by the master circadian clock, no longer exhibits day/night changes of expression but constantly elevated mRNA levels over 24 h"
Questo post vuol essere un contributo all'edizione di giugno, N. 18, del Carnevale della Chimica, ospitato sul blog di Emanuela Zerbinatti "Arte e salute", dedicata alla "chimica del cambiamento nel tempo".

martedì 12 giugno 2012

Kmin - Carum carvi

Il cumino è un frutto secco, chiamato erroneamente seme, prodotto da una pianta  della famiglia delle Apiaceae, (Umbelliferae), a forma di ombrello, molto usato in cucina nel  Medio Oriente Asiatico e in India. Lo si aggiunge nei curry, e nel cuscus. L'aroma è secco, aspro.
 In Europa si usa un seme simile, Carum carvi, o caraway, dall'aroma intenso, che si usa per condire carni soprattutto di maiale, e il pane (di segale, nero, ma anche di frumento, e soprattutto i panini salati, da colazione, chiamati in Ceco housky). Nei ristoranti tedeschi lo servono come antipasto sull'Hand-cheese (kase), 
un formaggio quasi trasparente, condito con cipollina e carvi (hand-kase with music)..

Carum carvi: Caraway fruits 
La differenza è ben spiegata su questo sito
Vedete anche questo sito di foto
Ma se andate a comprare il carvi, o anche il cumino, in un negozio non tedesco (mitteleuropeo) o di Trieste, vi daranno sicuramente l'altro, quando chiedete il carvi con il nome scientifico, vi daranno il cumino indiano, se chiedete il cumino, inteso alla tedesca (Kummel, kimmel) vi daranno quello che nominate, di nuovo il cumino indiano.
Attenzione, basta chiedere di odorarlo, e ve ne accorgerete subito, evitando un acquisto improprio.
Di questi semi del carvi se ne usano due varietà, una dall'aroma più secco serve per condire i crauti, quello più dolce a preparare carni arrostite e nel gulash. Si usano sia i semi secchi che macinati (che si amalgano meglio nell'impasto del pane e nel polpettone, che in superficie viene ricoperto di una manciata di frutti secchi.
E' una pianta biennale, nel senso che non produce i frutti il primo anno, ma sverna e va in fioritura. Noi siamo riusciti a resistere alla tentazione di tirarlo via, e adesso abbiamo messo via un buon raccolto 2012.


mercoledì 6 giugno 2012

Mole rat: eterocefalo glabro superstar

Nel numero di giugno di TheScientist si parla dell'eterocefalo glabro, la talpa senza pelo, un animale sociale che vive in colonia in gallerie sotterranee in Africa. Ne avevo parlato in due post precedenti, per la sua resistenza ai tumori, la sua longevità, per la sua abilità ed intelligenza ad afferrare e usare oggetti per proteggersi dalla terra durante lo scavo, e per il suo genoma da poco sequenziato.

In questo nuovo articolo, si descrive come questi animali riescano a resistere in condizioni di ipossia, quelle che ci colpiscono durante un infarto o una modificazione del circolo sanguigno cerebrale, anche 3 volte di più degli altri mammiferi. Dop o15 minuti di ipossia la talpa senza pelo non soffre di danno cerebrale, questo grazie alla presenza di canali del calcio molto selettivi, che si aprono lentamente e lasciano fluire ioni calcio gradualmente. Questi canali del calcio di tipo infantile sono presenti anche nei neonati, che sono più tollernati all'ipossia, ma vengono sostituiti durante l'infanzia da quelli di tipo adulto, più rapidi, ed il flusso di calcio risulta tossico alle cellule nervose.
L'articolo presenta la prospettiva di applicare terapie anti-infarto basate sull' induzione dell'espressione di canali del calcio di tipo neonatale:
  • If a drug is designed to quickly upregulate production of infant-style channels in the brains of heart attack and stroke victims, it could provide valuable protection during a time when a steady supply of oxygen-rich blood is not reaching the brain.
Un'altra possibilità è di applicare farmaci che rallentino l'attività dei canali del calcio di tipo adulto.

Un altro aspetto meglio noto è il meccanismo alla base della resistenza ai tumori ed alle radiazioni.
In un articolo del 2013, su Nature, viene presentato un meccanismo, uno dei vari, probablimente non l'unico, che consiste nella capacità di produrre acido ialuronico ad alto peso moelcolare:
ialuronani ad alto peso molecolare e suoi recettori ad elevata affinità, sarebbero alla base di una inibizione da contatto ottimale, un controllo intercellulare, alla base della assenza di sviluppo di tumori. Una volta modificati questi polimeri o introdotto un enzima che li degrada, i tumori si sviluppano.
http://www.nature.com/nature/journal/v499/n7458/full/nature12234.html
Tian et al. High-molecular-mass hyaluronan mediates the cancer resistance of the naked mole rat. Nature 2013, 499, 346-349. doi:10.1038/nature12234

Nella talpa senza pelo, le cellule trasformate entrano in uno stato di quiescenza, bloccano la divisione cellulare, ed eventualmente sono indotte alla morte cellulare programmata e riassorbite per autofagia.
  • Moreover, subjecting mole-rats to ionizing radiation does not induce much DNA damage, as seen in other animals, nor does it result in tumors, even 5 years later. Attempts to turn naked mole-rat cells cancerous via injection of oncogenes have also failed, whereas similar methods using human, mouse, and even cattle cells results in conversion to highly aggressive and invasive cancer-forming cells. Instead of starting to proliferate in an uncontrolled manner, transformed naked mole-rat cells immediately stop dividing, though they do not die.  Several different labs have now shown that naked mole-rat cells grow to even higher densities than do mouse cells under optimal conditions, and do not avoid cellular contact under these circumstances. Rather, it has become clear that naked mole-rat tissues are better able to recognize abnormal cells, neutralize their tumorigenic properties, and repair their DNA.
Meccanismi antitumorali
la proteina antimitotica p16 è asintetizzata dal locus INK4, che nell'uomo produce due proteine chiamate secondo il loro gene p16 e p15. Ora, è stata identificata una proteina che origina da entrambi i due geni, e che nell'eterocefalo glabro svolge un ruolo attivo di inibizione della crescita tumorale.

  • Scientists have identified a new protein formed by the fusion of two other proteins, which protects the rodent from cancer. The protein appears to increase when cells become crowded together, making mole rats more likely to arrest the growth of cells if they are at risk of becoming malignant. 
  • Although humans lack the hybrid protein, it is produced from a cluster of genes also found in humans that makes proteins responsible for preventing damaged cells that might cause cancer from multiplying. Tests show that the protein can prevent human cells from turning cancerous.
  • referred to as INK4 gene locus—synthesize the same three cancer-suppressing proteins in both species: p15INK4b, p16INK4a, and ARF, all of which stop cells from dividing when the cells are stressed or mutated. A student-researcher, Jorge Azpurua, wanted to clone the p16 protein of the naked mole rat for a separate experiment and noticed something unexpected: The presence of a fourth protein, which was the result of p15INK4b and p16INK4a being fused together.


Longevità
La talpa senza pelo vive in media 26-28 anni, con punte fino a 32 anni.  Non mostra segni di invecchiamento lento, che invece sopraggiunge rapidamente. Ad un'età corrispondente a quella umana di 92 anni, non mostrano metabolismo rallentato, artrosi, riduzione della massa muscolare. Hanno un controllo  della qualità e della degradazione delle proteine alterate molto sviluppato. Invece, sono sensibili allo stress ossidativo come tutti gli animali, anche in giovane età. Però applicano questo meccanismo del controllo delle proteine e del riparo del DNA danneggiato. E' sfatato invece che i telomeri e l'attività telomerasica differiscano, anzi questa è più bassa che in altre specie.

  •  These clear indications of both attenuated and delayed physiological aging are also accompanied by the maintenance of protein quality and gene expression levels.
  • Some of the oldest naked mole-rats (>26 years; equivalent to humans >105 years old) do begin to show signs of muscle loss, osteoarthritis, and cardiac dysfunction, demonstrating that mole-rats do, eventually, age like other animals. These findings of sustained good health are surprising given that the naked mole-rat is an exception to many of the current theories of why we age.
  • The oxidative stress theory of aging attributes the gradual decline in function to damage caused by the free radicals or reactive oxygen species formed as an inevitable by-product of oxygen respiration. In much the same way that oxygen causes metal to rust when exposed to the elements, cell membranes, proteins, and DNA are damaged by the gas, and this accumulating damage, so goes the theory, causes physiological systems to malfunction. Naked mole-rats in captivity, however, show very high levels of oxidative damage at an early age, yet cellular function is not impaired, and the animals are able to tolerate these high levels of oxidative damage for more than 20 years.
  • Another aging theory posits that the length of an organism’s telomeres, the repetitive DNA that caps the ends of chromosomes, is a biomarker of aging and will correlate with species’ life span. But compared to the much shorter-lived laboratory mouse, the naked mole-rat has relatively short telomeres—similar in length to those of humans, in fact. Alternatively, cellular levels of telomerase, a reverse transcriptase enzyme that extends telomeres, may correlate with species longevity. But while telomerase activity has been measured in mole-rat skin cells in culture, it is generally very low, and is limited to those tissues that are actively replicating, such as testes, spleen, and skin. Thus, telomere length or maintenance is unlikely to explain the exceptional longevity of the naked mole-rat.
  • References

  1. J. Larson, T.J. Park, “Extreme hypoxia tolerance of naked mole-rat brain,” NeuroReport, 20:1634-37, 2009.
  2. B.L. Peterson et al., “Adult naked mole-rat brain retains the NMDA receptor subunit GluN2D associated with hypoxia tolerance in neonatal mammals,” Neurosci Lett, 506:342-45, 2012.
  3. B.L. Peterson et al., “Blunted neuronal calcium response to hypoxia in naked mole-rat hippocampus,” PLoS One, 7:e31568, 2012.
  4. T.J. Park et al., “Selective inflammatory pain insensitivity in the African naked mole-rat (Heterocephalus glaber),” PLoS Biol, 6:e13, 2008.
  5. E.S. Smith et al., “The molecular basis of acid insensitivity in the African naked mole-rat,” Science, 334:1557-60, 2011.
  6. S. Liang et al., “Resistance to experimental tumorigenesis in cells of a long-lived mammal, the naked mole-rat (Heterocephalus glaber),” Aging Cell, 9:626-35, 2010.
  7. K.N. Lewis et al., “Stress resistance in the naked mole-rat: the bare essentials,” Gerontology, in press, doi:10.1159/000335966, 2012.
  8. E.B. Kim et al., “Genome sequencing reveals insights into physiology and longevity of the naked mole rat,” Nature, 479:223-27, 2011.
  9. K.A. Rodriguez et al., “Altered composition of liver proteasome assemblies contributes to enhanced proteasome activity in the exceptionally long-lived naked mole-rat,” PLoS ONE, 7:e35890, 2012.
  10. R. Buffenstein, “Negligible senescence in the longest living rodent, the naked mole-rat: insights from a successfully aging species,” J Comp Physiol B, 178:439-45, 2008.
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