Ho avuto problemi di vista, e per due volte, una per occhio, mi hanno operato di cataratta. Nulla di nuovo, a parte il fatto di una età non ancora definibile senile, senza per questo poter classificarla cataratta giovanile. Tra le cause, sono riportate le radiazioni, UV, radiazioni microonde, e le radiazioni ionizzanti come i raggi X.
In vita, mia, ci sono stati periodi senza prospettive, da cui ne sono uscito con uno sforzo di fede, anche con la preghiera, e ci sono stati anni non particolarmente difficili, in cui ero del tutto sfiduciato, senza prospettive e voglia di uscirne fuori. Durante il dottorato, a Verona, non mi mancava nulla, ma il mio approccio alla vita era nero e privo di fiducia, ero sconfortato, e ho abusato in laboratorio di sostanze radiattive. Non sono droghe che si assumono, ma le dosi di radiazione si prendono per vari motivi, assenza di càmice di piombo, errato dosaggio della sostanza carica di fosforo 32, e errato stoccaggio dei liquidi di scarto. Sono stato richiamato per aver messo un flacone di buffer radiattivo nel congelatore, dove altri colleghi come precauzione hanno verificato con un contatore geyger e misurato una presenza di radiazioni, per cui venivano irraggiati senza saperne nulla (negli anni della tesi, ci fornivano un anello dosimetro, e se durante la settimana si accumulava un tetto di radiazione, ci veniva impedito di lavorare la settimana dopo). Mai più visti i dosimetri!
In seguito ho avuto una borsa di studio per l'estero, e sono stato invitato nel laboratorio dell'università di Tsukuba, dove ho imparato le basi della biologia molecolare, l'uso dei reagenti per lo studio dei plasmidi, degli oligonucleotidi, del clonaggio, e della trasformazione delle cellule per l'espressione inducibile di geni. Nel '94 queste metodiche erano eseguite da una limitata elite di laboratori, basta pensare che la reazione di amplificazione del DNA, base della genetica e della forensica, arrivò a Lecce alla fine degli anni '90.
Ero soddisfatto, quasi presuntuoso, per riuscire a presentare le mie ricerche davanti a colleghi italiani. Nel '95 scrissi la tesi di dottorato, e sono riuscito a partecipare al bando per pochi posti di post-dottorato per il Giappone, che ho iniziato a gennaio '96. Da un assegno di ricerca di un anno, sono stato candidato alla estensione di un altro anno di assegno, e alla fine ho trascorso due anni di lavoro e ricerca in Giappone, rientrando a fine dicembre '97.
L'episodio, che si svolge tra febbraio e aprile del 1996, riguarda una ricerca con l'uso di un reagente radiattivo al fosforo 32, (emivita di due settimane, per cui bisogna utilizzarlo velocemente). Per eseguire dei test di verifica sulla attività di un enzima che stavamo studiando, e di un suo clone mancante di una piccola sequenza, e che era previsto non avere attività enzimatica, volli eseguire saggi di attività, che consistevano nella elettroforesi delle proteine, un tampone di rinaturazione, la incubazione del gel con NAD, substrato che veniva trasformato in nicotinamide, e in un polimero di ADP-ribosio legato all'enzima. Una parte di NAD è radiattivo, in modo che il polimero diventa radiativo, poi il gel viene lavato ripetutamente, ed esposto ad una lastra che si impressiona, evidenziando la banda della nostra proteina, l'enzima radiattivo. Non c'è bisogno di dire che la scarsa attitudine ad una prevenzione dalle radiazioni e la mia trascuratezza hanno avuto un ruolo determinante in questa vicenda. Certe sere uscivo dal laboratorio dei radiattivi, facevo correre la reazione di incubazione sul mio bancone, e rientravo nel laboratorio per le sostanze radiattive con la vaschetta del gel in mano, quindi senza schermo di piombo. Una sera, passando daventi al contatore geyger all'ingresso del laboratorio radiattivi, la sirena si mise a suonare, avvisandomi di essere a diretto contatto di un forte emettitore di radiazioni beta. A parte lo spavento, non c'era anima viva e nessuno a contestarmi l'azione sbagliata, inappropriata.
A questo punto hanno inzio una serie di problemi ai miei occhi. Di notte, al rientro dal laboratorio, tutti i giovedì sera, gli occhi mi scoppiano per il gonfiore, l'occhio sinistro mi duole per la pressione, e si riduce solo al contatto del ghiaccio. Per ben quattro volte, ogni settimana, ho chiamato in laboratorio, mi hanno portato ad una visita medico oculistica del nostro ospedale universitario, anche a notte fonda: la mattina seguente, ogni volta, all'attenuarsi del fastidio, mi hanno congedato con un "non c'è niente". Non hanno saputo spiegarsi il perchè, e neanche io. In laboratorio, abbiamo dato la colpa al fatto che accanto al mio bancone c'èra uno strumento con un laser a raggi UV, ma solo all'apertura e chiusura dello sportello è possibile intravedere qualche raggio. Da parte mia, ho smesso gli esperimenti con il radiattivo, e non ho più avuto episodi di infiammazione agli occhi.
Dopo il primo intervento di cataratta, la spiegazione che mi sono dato è che i giovedì le radiazioni assorbite si accumulavano, dai 4 giorni precendenti, anzi gli esperimenti si concludevano verso fine settimana, e l'occhio che più ne ha patito è quello sinistro, che è stato il primo a essere operato. L'occhio destro ha subito meno danni, ed è durato qualche anno di più.
Vorrei concludere con una considerazione finale. A Tsukuba, ho seguito tre lezioni di formazione per l'uso del laboratorio dei radiattivi, ma poi ognuno faceva di testa sua, contraddicendo le regole. Ed il personale medico sembrava ignorare i più comuni pericoli che possono portare a condizioni fisiche gravi. A Verona, nel laboratorio ho avuto carta bianca e nessuna assistenza teorica, per cui ho accumulato errori su errori. Comunque, nella improvvisazione in stile del fai da te, non ero solo. Assistendo il mio prof, giapponese-napoletano, utilizzavamo un cromatografo per HPLC, una colonnina di separazione, collegata ad una pompa di flusso e ad un monocromatore in uscita sulle lunghezze di onda impostate, con il quale separavamo il NAD marcato con carbonio (il Carbonio 14 ha emivita lunga e si conserva a lungo, il NAD va nel freezer) dal suo prodotto di degradazione, quando ci accorgevamo che il composto era diventato inefficace. Dei due picchi ottenuti, uno era riutilizzato successivamente ed era il NAD-marcato C14, funzionava bene. Lo strumento HPLC era usato solo per quello scopo, e forse nessun altro del gruppo ne era a conoscenza, infatti, a distanza di tempo, ne chiesi la disponibilità, ma era stato eliminato. Il mio tutor si è ammalato di tumore alla fine degli anni duemila, ed è deceduto nel 2011, all'eà di circa 63 anni.
In conclusione, nessuno può sapere le conseguenze delle radiazioni. Chi le subisce maggiormente, e chi di meno. Lo stesso vale per le sostanze chimiche come etidio bromuro, acrilammide. Bisogna limitare al massimo il contatto, e passare a soluzioni ecologiche.