venerdì 3 marzo 2023

In Giappone allo sbaraglio

 Nel 1993 avevo ottenuto l'incremento della borsa di dottorato per un soggiorno all'estero, e il  mio prof ospitante, amico del mio prof giapponese a Verona, aveva acconsentito a seguirmi nel suo laboratorio a Tsukuba. A quel tempo nessuno di noi aveva ancora idea delle pratiche burocratiche da espletare per ottenere il visto di soggiorno per lavoro, ma ce ne facemmo una idea nei due mesi prima di Natale. Siccome non avevo il visto, rientrai per le feste, comunque ero obbligato a uscire dal paese avendo il visto da turista. Ma prima di recarmi a Tsukuba, dal prof ospitante, quell'ottobre 1993 avevo visitato il National Cancer Center Research Institute a Tokyo,  perchè stavamo studiando il cervello di ratto e la produzione di ossido nitrico. Dall'aeroporto alla casa che mi avrebbe ospitato a Tokyo mi accompagnarono due dottori di Tsukuba, mandatimi incontro per aiutarmi nel trasferimento. Arrivati in casa, la prima regola che stavo per violare era nel momento dell'ingresso, per fortuna mi dissero di togliermi le scarpe. 

Da casa al NCCRI il viaggio in metropolitana era semplice, e nel laboratorio feci amicizia sia con i medici giapponesi che con alcuni ospiti stranieri. A pranzo, qualche volta si usciva insieme, a mangiare tempura  su una coppa di riso (tempura-don) a mille yen, costi accessibili per pranzare fuori, impiegati e lavoratori. Altre volte facevo da solo, prendendo qualche sandwich da un bar vicino, gustosi, nella mayonese mettevano il wasabi. Oppure mi cucinavo la sera, e mi portavo da mangiare da casa. Un appartamento che avrei dovuto condividere con Federico, che però era fidanzato con la segretaria del suo laboratorio. La prima settimana ero da solo, ma sarebbe rientrato presto. Una sera chiamò sul telefono di casa una sua amica italiana di Osaka, Stefania, e scambiare due parole con una compatriota è stato una bella esperienza, ogni volta che si ha la fortuna di trovare chi sta come te all'estero porta a fraternizzare. 

Non vedevo l'ora che arrivasse il giorno del rientro di Federico. Per conoscerlo, e per capire come ci si sarebbe divisi l'appartamento, visto che vedevo un solo letto in camera. Intanto, iniziai a fare ricerche con i tessuti di ratto, ne chiedevo  qualche campione e me ne davano a 10 grammi per volta, fettine congelate di cervello. Il primo fine settimana una collega americana mi accompagnò al parco di Ueno, facemmo la spesa alimentare nel supermercato davanti alla fermata della metro, un grande magazzino che la scritta OIOI, ma che si legge in altro modo. Ovviamente non avevo nessuna nozione di kanji, di scrittura (ne imperai le basi successivamente, hiragana, katakana). L'unico modo per comunicare era in inglese, e quasi nessuno per strada era disposto a comunicare in inglese, a quel tempo.

dai miei appunti sul diario: i colleghi pensano "figurati, il suo capo è stato qui un mese e non ha portato a termine il lavoro, e lui vuole risultati in una seettimana". Dopo qualche giorno ho detto al direttore del laboratorio: guardi, il suo strumento non è calibrato, ed a sentire il responsabile, non è neanche affidabile. Ci vuole uno standard di acido nitrico/nitriti senza impurezze. Lui ci resta male, risponde che non è stato informato, fa una lavata di capo al suo ricercatore, ed io finalmente posso cambiare la guaina alla sonda per l'ossido nitrico, cambio la soluzione di elettrolita, taro lo strumento e faccio una nuova curva standard.   Ho avuto la soddisfazione di farmi riconoscere che la sonda andava lasciata in acqua distillata, e non a secco)

Federico era rientrato ed io fui preso dalla necessità di trovare un letto su cui dormire, per cui chiesi al dipartimento di prenotarmi un albergo, che mi trovarono vicino al Centro di ricerca, ma al prezzo di 16.000 yen. In quel periodo il cambio lira-yen è stato svantaggioso, 16:1, per sapere il costo corrispondente in lire, bisogna moltiplicare 16000 yen per 16. Circa 250 mila lire per una notte. Comunque sia, una notte da re può starci. 

Mi sono messo in contatto con il professore ospitante, a Tsukuba, che mi ha trovato subito posto in una guest house, e mi sono trasferito da Tokyo a Tsukuba. Devo dire che sono stato trattato bene su tutti i fronti, il direttore mi ha pagato tutto le spese del soggiorno (affitto, luce); in seguito, quando ho ricevuto il visto di lavoro, nel periodo da gennaio 1994 fino a novembre, mi sono trasferito in una casa per stranieri, in cui coabitavo con due colleghi, un olandese, Hans Kremers, l'altro all'inizio è stato un ucraino, poi un tedesco e successivamente un coreano.  

Per i pasti, oltre alle varie mense universitarie, c'era la caffetteria, il supermercato interno, con i cibi pronti, il microonde per riscaldarli, e tanti negozietti (convenience stores) all'esterno per ritirare cibo e bevande e tirare fino a tardi la sera nel laboratorio.

Arrivando in Giappone per un soggiorno così lungo, raccomando a tutti di verificare la data di scadenza della carta di credito. Tutte le operazioni di prelievo avvengono tramite banca, ma a fine estate non mi fecero più nessuna operazione, e mi accorsi che la carta di credito era scaduta. Subito chiesi un vaglia dall'Italia, che mi coprì per un mese circa, e per la fine del soggiorno mi aiutò il professore, fecendomi un prestito. Che ho restituito al momento del rientro, circa due milioni di lire. 

Per il viaggio di ritorno, avevo un biglietto aereo con validità di un anno. Ci fu una certa difficoltà da parte della compagnia aerea, perchè i voli dal Giappone sono molto richiesti in certi periodi dell'anno, come le festività di Natale o la prima settimana di maggio. Per fortuna viaggiare a inizio novembre non era in overbooking, e trovarono posto per me. Fino all'aeroporto mi accompagnarono le colleghe del laboratorio, per qui scoprire che anche la mia amica Keiko era venuta a salutarmi.

  
                                                              con Keiko Saito
 
 a casa con Takashi, Naoyoshi e Hiromi

Quello che mi capitò nel 1995 fu davvero straordinario. Scrissi la tesi di dottorato, inviai la domanda di partecipazione alle selezioni per un assegno di ricerca per post-doc in Giappone, offerti dalla Japanese Society for Promotion of Science, che venivano selezionati dal CNR di Roma, e date le poche domande mi fu assegnato. Son partito a gennaio 1996. Il mio prof fu felice di ospitarmi di nuovo, questa volta non doveva nemmeno coprire le mie spese, anzi il JSPS assegnava un budget per il laboratorio e per i costi della ricerca.

Non ero sicuro che sarei rimasto un anno o più a lungo, ma a fine 1996 feci domanda per una estensione della borsa e rimasi tutto il 1997. Questo per dire che non si è mai sicuri di nulla, e che se penso a come ho fatto a rientrare in Italia, non so rispondere. Probabilmente avevo un biglietto aereo aperto, cosa che si rivelò un vero assist fortunato. Poter scegliere la data del rientro mi ha facilitato a prendere le decisioni giuste. 

in laboratorio, stanza del professor Miwa, con studenti e dottorandi
Edo-Tokyo museum, con Keiko, la sua amica e un amico di Osaka
Uno degli ultimi eventi a cui ho parteciapto è stato un concerto di bandoleon, in un teatro di Shinjuku a Tokyo, organizzato da una associazione di volontari a cui partecipava anche Keiko, mi invitò a venire, pagai il biglietto, fu una serata molto piacevole, un maestro più anziano ed un musicista più giovane, la mia amica si era fatta in quattro e dirottare il pubblico  nei posti a sedere, sudata ma felice.

Gli ultimi giorni di dicembre sono stati clamorosamente frenetici e caotici, una serie di attività in successione, dal chiudere casa, a sistemare il passaggio di proprietà dell'auto, scrivere la relazione di lavoro per il prof, sistemare le cose del laboratorio, fare i pacchi per la spedizione via mare, regalare tutto l'arredamento, fare diverse cene di saluto con i colleghi, con il proprietario di casa,  tutto a un ritmo incalzante. E finalmente  poter dormirci sopra, arrivando al giorno della partenza, a prendere il volo da Narita, accompagnato in auto da due mie colleghe.


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