Anche questa estate sarà segnata dalla stagione balneare, vissuta tra scogli e spiaggette tra Sant'Isidoro e Torre Squillace, penisola della Strea, parco regionale protetto di Porto Cesareo. In attesa di ritrovarci insieme all'amico Mario, rientrato da Bergamo, come di consueto allestisco qui nel post la lista dei libri che ho letto in questi mesi, e di altri ancora non iniziati.
Lo scrittore Murakami Haruki è tornato su un argomento che aveva trattato nei primi anni '90, una città isolata, remota, seclusa, in cui gli abitanti vengono privati delle loro ombre, il segno distintivo del luogo è una mandria di unicorni nel fossato. Il titolo del suo primo libro è Hard-boiled wonderland and the end of the world (hard-boiled è un termine che sta per polpettone, una storia pulp), il titolo dell'edizione francese era La fin du monde, mentre il nome di quella italiana è riportata sulla copertina.
Io l'ho ricevuto in regalo nella versione inglese, e mi sono appassionato alla scrittura di Murakami. Avevo anche incontrato una dottoranda di Roma che lo aveva studiato per la tesi, e me ne aveva decantato la bravura e l'interesse letterario in occidente. Come scrittore si ispira al minimalismo di Raymond Carver, che ho apprezzatto principalmente nei suoi racconti.
Nel primo libro,
La fine del mondo, si descrive un mondo molto moderno, progredito tecnologicamente, e ricco di creature che vivono negli abissi della metropolitana, gli inklings, ed in parallelo un io narrante che entra nella città fortificata e isolata, dove vivono gli unicorni. Nel finale, l'autore lascia immaginare che il soggetto, tecnico informatico, abbia una involuzione a livello dei circuiti cerebrali, per non riprendere più conoscenza, e si chiuda in se stesso e nella sua storia all'interno di quella città circondata da mura e dal fossato degli unicorni. In cui il tempo non scorre, non si accumula.
In questo nuovo libro,
La citta e le sue mura incerte, l'autore ci ripresenta la stessa situazione di isolamento e confinamento, e anche la stessa struttura a capitoli alterni, con episodi del protagonista nel mondo attuale, dove il tempo scorre, che si alterna alla vita del ragazzo nella città fuori dal tempo. La finalità del protagonista è di ritrovare la sua ragazza, il suo amore giovanile, che per ragioni inspiegabili è sparita, un evento comune ad altre storie di questo scrittore.
In un loro penultimo incontro lei gli dice che la sua vera se stessa non vive in questo tempo e spazio, ma in un altro luogo. Il ragazzo racconta: " migliaia di fili invisibili sembravano tenerti strettamente legata al mio cuore". E la ragazza spiega: "in realtà, la vera me stessa è lì che vive, nella città dalle alte mura. Tu puoi accedervi". E lui: " una volta entrato, potrò incontrare te, giusto?" E lei: "se riesci a trovare la città, e se... se stai cercando davvero me. Basta che tu lo desideri".
Murakami rielabora la storia all'interno della città dalle mura incerte, il modo in cui il protagonista fa scappare la sua ombra, e come riesce finalmente ad evadere lui stesso, dopo aver detto addio alla sua amica nella biblioteca. Il nucleo della storia era già presente in un racconto dallo stesso titolo, uscito nel 1980. A distanza di quarant'anni, lo scrittore lo ha rielaborato durante gli anni del Covid, dandogli una struttura in tre parti.
Un segno distintivo dei libri di Murakami sono le citazioni musicali, come la sinfonietta di Janacek in 1Q94, che viene citata in un brano degli
Emerson Lake and Palmer; le canzoni di Bob Dylan presenti in La fine del mondo, i brani jazz spesso descritti, o il nome del personaggio alterego del protagonista, Yellow Submarine, come un CD dei Beatles.

Di Fabio Genovesi, e di Chi manda le onde, avevo parlato i
n questo post del 2023. Nella prefazione di
Mie magnifiche maestre, lo scrittore parla della formica e della cicala. La cicala non è un insetto da condannare, perchè non vive alle spalle di nessuno, ma il suo canto è il simbolo di una azione gratuita, allo scopo di riprodursi dopo anni di crisalide, tutte insieme per poi scomparire. Povere formiche, poveri noi. Passiamo la vita a testa bassa per raccattare le briciole e non possiamo saperlo, ma quel canto è antico e immenso, parte dal profondo della terra e sale a carezzare il cielo. E quanto l'estate il canto dura. Poi in caldo finisce e finisce lui, finisce la cicala. Che scende dal ramo, semina i futuri figli a terra e lì si spegne. L'inverno non è un problema, per la cicala l'inverno non esiste. Esiste un'unica stagione, un attimo infinito a cui dedica una musica preparata per anni e anni sottoterra. Dove la formica non la vede e non sa immaginarla, non può capire la sua inutile importanza, quell'urgente necessario spreco di bellezza, che è l'unico modo per dare l'amore.
"Come le cicale, così le donne di casa mia, le mie magnifiche maestre". Che gli ritornano in sogno, segno di un compleanno in arrivo, momento che potrebbe segnare il passaggio alla mezza età.
E lo scrittore vuole ricordarle, ricordare i sogni e le loro avvertenze, scrivendoseli. "cosa che faccio subito, prima che la luce piatta della ragione possa soffiarle via. Per questo al mattino dimentichiamo i sogni... Dimenticare è sparire dalla mente. Scordare invece è sparire dal cuore. I sogni non si scordano".
"Le cicale! l'unico modo di prendere e dare l'amore, e cioè amore diventare".
Questa è una storia di confine, prima e dopo la disgregazione della Yugoslavia, fino alla pacificazione dei conflitti e alla condanna della pulizia etnica. Due giovani, un ragazzo e una ragazza, cresciuti insieme, che si ritrovano e si amano, alla fine, di un sentimento di comprensione, dopo anni di incomprensioni.
"Tre giorni dura il ritorno a Trieste di Alma, che dalla città è fuggita per rifarsi una vita lontano, e ora è tornata per raccogliere l’imprevista eredità di suo padre. Un uomo senza radici che odiava il culto del passato e i suoi lasciti, un padre pieno di fascino ma sfuggente, che andava e veniva al di là del confine, senza che si potesse sapere che lavoro facesse là nell’isola, all’ombra del maresciallo Tito “occhi di vipera”. A Trieste Alma ritrova una mappa dimenticata della sua vita. Ritrova la bella casa nel viale dei platani, dove ha trascorso l’infanzia grazie ai nonni materni, custodi della tradizione mitteleuropea, dei caffè colti e mondani, distante anni luce dal disordine chiassoso di casa sua, “dove le persone entravano e se ne andavano, e pareva che i vestiti non fossero mai stati tolti dalle valigie”. Ritrova la casa sul Carso, dove si sono trasferiti all’improvviso e dove è arrivato Vili, figlio di due intellettuali di Belgrado amici di suo padre. Vili che da un giorno all’altro è entrato nella sua vita cancellando definitivamente l’Austriaungheria. Adesso è proprio dalle mani di Vili, che è stato “un fratello, un amico, un antagonista”, che Alma deve ricevere l’eredità del padre. Ma Vili è l’ultima persona che vorrebbe rivedere. I tre giorni culminanti con la Pasqua ortodossa diventano così lo spartiacque tra ciò che è stato e non potrà più tornare – l’infanzia, la libertà, la Jugoslavia del padre, l’aria seducente respirata all’ombra del confine – e quello che sarà".
"Alma tiene la mano di Vili. Si appoggiano al muretto - loro si tengono la mano - ora sono più vicini, le spalle separate da un filo d'aria e i fianchi che combaciano, sentono una pace benefica inondargli le vene e le arterie, risalire fino al cuore e poi ai polmoni e al cervello, quel tipo di sentimento che probabilmente sentono le persone tutte d'un pezzo".
La tematica degli esuli Dàlmati, e del senso di nostalgia per una patria che non esiste più, erano stati descritti bene nei romanzi di Enzo Bettiza, "l'esilio" di cui ho parlato qui e "il libro perduto", di cui ho parlato qui.
Della Perrin avevo apprezzato l'umorismo chiuso e cupo di Cambiare l'acqua ai fiori. In
Tatà, parla di una regista affermata che torna al paese della zia, ignara di una seconda vita segretissima e della storia di questa zia calzolaia e tifosa di calcio, che la lascia tanti nastri registrati per raccontarsi.

La scrittrice Nishiki è
autrice di romanzi, libri illustrati e saggi, per adulti e per bambini. Nel 1994 ha pubblicato il suo primo romanzo: Un’estate con la Strega dell’Ovest ha vinto il premio JAWC New Talent Award, il premio Nankichi Niimi e il premio Shogakukan; il libro ha avuto un successo enorme in Giappone e è stato adattato al cinema. Ha inoltre pubblicato Le bugie del mare (Feltrinelli, 2021).Della Calandrone avevo postato nel 2023, con
Dove non mi hai portata. Lo leggerò con calma, come tutte le scritture poetiche di questa autrice richiedono.
"Niente, nessuno, in nessun luogo mai, è perduto per sempre. Un cuore solo non basta per ricambiare la bellezza che vedo. Così bello, privo di senso, perfetto".

Per anni, dopo il liceo, ho sempre pensato che Orcynus Orca fosse il libro più ostico da leggere, molto più de l'Ulysses di Joyce. Forse perchè non è andato in ristampa per trent'anni. Invece Arrigo è piacevole da leggere, ed è autore di poesie molto intense. Infinite Jest è del 1996. Wallace è uno scrittore moderno che ha insegnato corsi di scrittura creativa e letteratura inglese in California. Una vita in depressione, tra alcool e alti e bassi, autore amato e tuttavia non riconosciuto abbastanza, lo hanno portato a togliersi la vita a 48 anni.
Ambientato per lo più a Boston in un futuro imprecisato, ma non troppo lontano dal periodo in cui fu pubblicato, il romanzo tocca una vastissima gamma di argomenti, quali il tennis inteso come metafora dell'agonismo insito nello stile di vita medio americano e delle "infinite soluzioni in uno spazio finito", la dipendenza dalle sostanze stupefacenti e i relativi programmi di recupero e riabilitazione (vero fulcro su cui ruota la maggior parte delle vicende), gli abusi sui minori, la pubblicità e il suo rapporto dialettico con il tessuto sociale, l'intrattenimento popolare nelle sue forme maggiormente parossistiche e alienanti, le più disparate teorie cinematografiche, e il complesso rapporto dell'identità nazionale e dei suoi processi gestativi, con la vicenda d'un gruppo secessionista quebecchese illustrata nel libro. Invece che Sesso, droga e rock and Roll, David Wallace ci descrive un'America paranoica per sport, droghe e pistole Smith e Wesson.
Il titolo cita una frase di Amleto che fa riferimento a Yorick, il buffone di corte: "Ahimè, povero Yorick! L'ho conosciuto, Orazio: un compagno di scherzi infiniti" (infinite jest, in lingua originale). A tale citazione si fa allusione molte volte, dato che la compagnia cinematografica di James Incandenza si chiama "Poor Yorick Productions".
"Che ci sono persone alle quali semplicemente non piacete, qualsiasi cosa facciate. Che nonostante pensiate di essere furbi, non lo siete molto. Che la validità logica di un ragionamento non ne garantisce la verità. Che le persone cattive non credono mai di essere cattive, ma piuttosto che lo siano tutti gli altri. Che è possibile imparare cose preziose da una persona stupida. Che se il numero sufficiente di persone beve caffè in una stanza silenziosa, è possibile sentire il rumore del vapore che si leva dalle tazze. Che a volte agli esseri umani basta restare seduti in un posto per provare dolore. Che la vostra preoccupazione per ciò che gli altri pensano di voi scompare una volta che capite quanto di rado pensano a voi. Che esiste una cosa come la cruda, incontaminata, immotivata gentilezza. Che è semplicemente più piacevole essere felici che incazzati. Che le persone di cui avere più paura sono quelle che hanno più paura. Che ci vuole grande coraggio per mostrarsi deboli. Che gli altri, anche se sono stupidi, riescono spesso a vedere cose di voi che voi non riuscite a vedere. Che è consentito volere. Che tutti sono identici nella segreta tacita convinzione di essere, in fondo, diversi da tutti gli altri".
"Il libro ha dei bei passaggi (ad esempio la descrizione del suicidio del padre, o la parte in cui si racconta la carriera sportiva e il contemporaneo innamoramento di uno dei tanti protagonisti)". La conclusione è interessante, e concentra molti temi contenuti nelle varie parti del libro. Io ho letto solo queste circa trenta pagine finali, ma mi riprometto di riprenderlo in mano in autunno. "Dopo l'ultima pagina, continua a proiettarsi verso un punto di fuga dentro il lettore, e, anche per questo, continua a lavorarti dentro; può terminare la lettura, non il segno che continua a scavare". Come ha detto lo scrittore, DFW: "C’è un finale per quanto mi riguarda. Una serie di linee parallele dovrebbero in teoria cominciare a convergere in modo che una “fine” possa essere proiettata dal lettore da qualche parte oltre la cornice. Se non ti capita di osservare questa convergenza o proiezione, allora il libro non ha funzionato con te. "
Reputato un romanzo enciclopedico, per la complessità e vastità della sua struttura e dei temi trattati, si accosta, come altre opere dell'autore, alle correnti postmoderne del realismo isterico e dell'avantpop.