venerdì 21 aprile 2023

Raccolte a punti e premi grandi marche

All'inizio furono le figurine. Negli anni 1936-37 quelle della Perugina, insieme ai prodotti Buitoni ed alle sigarette "Fano", "Zara" e "Principe di Piemonte" delle Manifature Tabacchi Orientali di Zara. L'introvabile Feroce Saladino valeva 25 punti ed era necessario per completare gli album.

Gli album davano accesso al concorso per vincere una FIAT 500 Topolino oltre a vari premi (un libro illustrato ispirato alla trasmissione; confezioni di pasta assortita; scatole di cacao, mandorle, cioccolatini o caramelle).  In quegli anni vigevano le sanzioni economiche che la comunità internazionale applicava per la guerra in Etiopia.  Nel marzo del '37 il Ministero delle Corporazioni  promulgò un’apposita legge per imporre la produzione di figurine in uguale numero, per evitare la corsa a quelle introvabili (la bella Sulamita; il cagnolino pechinese; Madame Butterfly; il leone della Goldwin). La febbre delle figurine colpì tutto il paese, al punto da produrre “borsini, stamperie illegali e circoli di scambisti. A Roma un orefice accettava album completi come pagamento, a Nettuno i biglietti potevano essere barattati con le figurine". La Barilla, sempre nel 1937, lanciò il “Concorso Bonaventura”. Per partecipare bisognava completare l’album con 50 esemplari diversi, stampati e messi in circolazione negli stessi quantitativi, come espresso a chiare lettere nel regolamento. Un valore aggiunto ribadito, sulla copertina dell’album, dalla scritta sul cartello in bocca al cane del signor Bonaventura: «nessuna figurina rara». Il Minculpop si occupò della trasmissione del radiosceneggiato: I quattro moschettieri, che richiamava al libro di Dumas ed alla cultura francese, a cui la raccolta era abbinata al Feroce Saladino della Perugina. Il 10 novembre 1937 il Ministero decretò la fine di tutti i concorsi basati sulla raccolta di figurine. Paola Basile "Il museo della figurina. Dagli antecedenti alla figurina moderna" in collaborazione con Thelma Gramolelli, Modena, Panini, 2014, p. 75).

Negli anni '60 ritornarono in auge le raccolte di figurine, come quelle della ditta Panini di Modena, con figurine dello sport, della natura e di animali. In terza media (1966) ero spesso dal giornalaio, a cercare qualche bustina per completare l'album sulla natura. I ragazzi se le giocavano tirando contro il muro una pietra piatta, vinceva chi ne faceva girare di più.

Un'altra collezione era quella delle raccolte a punti, passavamo i pomeriggi a ritagliare con le forbici ed incollare i punti sull'album delle varie aziende (ricordo che andavo a casa di un compagno di classe, Bertoldi, nel 1965-66). Le raccolte a punti continuano ancora oggigiorno, sia per prodotti della stessa linea, che per i supermercati.

Ma la collezione che mi dava più soddisfazione era quella di francobolli, scambiate con gli amici o ricevuti dal frate a scuola, nel doposcuola, o compravo le bustine della Bolaffi di quelli usati, o qualche prima stampa, come quella sui 50 anni della liberazione, sull'anniversario della resistenza, nel 1995, bellissimi. Ci fu un periodo in cui ricevevo le nuove uscite con timbro da mia nonna, in Repubblica Ceca, ed ho ereditato dallo zio Doskocil, morto in un incidente d'auto nel '66, una bella collezione di francobolli europei, ne ero felice. La storia della Comunità Europea per mezzo delle emissioni di francobolli del XX secolo.

A parte queste attività prolungate nel corso dell'anno, c'era l'attesa della apertura di prodotti per la casa, scatole di Tide e di detersivo in cui trovavo soldatini di plastica verde, nella posizione di marines appostati a terra a sparare, o in formazione di marcia, e che segnarono un periodo di disegni di carri armati ed aerei da guerra. 

Stessi argomenti che cercavo nei fumetti "Intrepido" ed "Il monello", che per fortuna  alternavano storie di guerra con altre meno cruente, di cowboys, astronavi, principi indiani, e personaggi scanzonati. In quei primi anni 1963-66 non ero io a fare l'acquisto, era mia sorella maggiore, che inoltre collezionava un feuilleton/romanzo d'appendice su un maharajah, con ambientazione in India. Caratteri del romanzo d'appendice erano: pubblicazione su un mezzo di comunicazione di massa, frammentazione della vicenda in puntate con lo scopo di mantenere viva la curiosità del lettore, ripetività degli schemi narrativi, fidelizzazione del pubblico. Questi giornalini si scambiavano tra amici, e furono seguiti alla fine degli anni '60 dai fumetti monotematici, Alan Ford, Il grande Blek, Diabolik, Tex Willer, Zagor, Corto Maltese). Negli anni '70, oltre a questi fumetti, il giornale che ho comprato con interesse è stato Linus, di cui ho acquistato anche vecchi numeri sulle bancarelle di corso Siccardi: su Linus venne dato spazio ai Peanuts, agli interventi di Oreste Del Buono, che ha lanciato strisce come Braccio di Ferro, Li’l Abner, Krazy Kat. Linus ha avuto collaborazioni importanti con Stefano Benni, Beniamino Placido, Pier Vittorio Tondelli, Michele Serra.

Infine, un giornale che non è mai mancato a casa fin dagli anni '60 era La settimana enigmistica, che oltre ai cruciverba classici offriva spazio al pubblico per concorsi, tra cui Finisci il disegno, Invia una barzelletta, o quelli a puntate, Trova gli oggetti. Come premio, si vincevano oltre a biciclette o elettrodomestici, scatole di biscotti (Plasmon), almeno una volta anche io avevo vinto.


mercoledì 12 aprile 2023

scrittori salentini

 Una cara amica giapponese, Mikiko, guida turistica su Alberobello e Matera, mi parlava di un compagno di vita, con cui spera di convivere, ma non qui a Lecce. Si tratta di uno spirito artistico, che non sopporta l'ambiente ristretto e provinciale, abituato alla vita culturale di Firenze e che vorrebbe trasferirsi in Toscana. In effetti, gli eventi culturali a Lecce sono scarsi, poche case di arte e quadri, quelli pubblici organizzano mostre con pochi quadri significativi (Marc Chagall al castello Carlo V, 5 piccoli quadretti e molte litografie). Ovviamente, considerando anche Bari e le mostre di tutta la Puglia, si è visto ben altro. E penso che la valutazione si possa estendere anche alla vita sociale dei leccesi, a quell'abitudinario incontrarsi in centro, dopo le 20, parlottare aspettando il gruppo, per decidere finalmente in quale locale consumare una bevanda o altro, aspettando l'ora di qualche esibizione musicale: insomma, la movida in centro o nelle marine (San Cataldo, Otranto, Gallipoli). E, dulcis in fundo, ritrovarsi verso mezzanotte in un caffè, parlottare ancora, prendersi l'ultimo tè o cappuccino, prima di congedarsi " uoru uoru, ognuno a casa loru".

Per contro, il Salento crea un ambiente favorevole per la letteratura, ci sono parecchi autori della generazione Y, i millenials, quarantenni o poco più, di questi ho già parlato di Mario Desiati, di Martina Franca, che trattano dei temi sociali della loro generazione e di quelle successive. In questo post parlo di questi due libri che sto leggendo, e degli scrittori Omar di Monopoli, Luisa Ruggio, e Livio Romano


 


Omar Di Monopoli:

 trilogia Uomini e cani (la volontà di proteggere la natura creando un parco, o di ostacolarlo, come per l'omicidio di Renata Fonte, un Salento crudele prima degli eventi di Avetrana), Ferro e fuoco (romanzo sociale sullo sfruttamento dei braccianti), e La legge di Fonzi. Brucia l'aria, noir e western confluiscono in un gotico meridionale aspro e potente, crudo eppure aperto ai sentimenti. "Tra i resti bruciati dell'immenso falò viene rinvenuto un cadavere, che le autorità registrano subito come il responsabile del disastro: si tratta di Livio Caraglia, pompiere locale dai trascorsi ambigui. Per alcuni un eroe, per altri un estortore locale in odore di mafia". Poi ci sono, in successione, Precamuerti (becchino), un vecchio capobastone della Sacra corona unita. Gaetano, il protagonista, suo fratello Rocco e il suo amico Pilurussu, la masseria, e Nunzia, primo amore di Rocco. 

Per Nella perfida terra di Dio, western gotico, al nome di Omar Di Monopoli ne sono stati accostati  altri come: Sam Peckinpah, Quentin Tarantino, William Faulkner, Flannery O'Connor; un uso della lingua etichettato come verismo immaginifico, di neorealismo in versione splatter. Nonché di noir mediterraneo. Con una lingua «tornita, barocca e dialettale» descrive i personaggi (un vecchio pescatore riciclatosi in profeta, santone e taumaturgo dopo una visione apocalittica, un malavitoso in cerca di vendetta, due ragazzini, i suoi figli, che odiano il padre perché convinti che sia stato lui a uccidere la madre, una badessa rapace votata soprattutto ad affari loschi, alcuni boss dediti al traffico di stupefacenti e di rifiuti tossici, due donne segnate da un destino tragico). Una lettura nuova nel panorama italico, un autore dallo stile originale in cui mischia dialetto, scrittura ricercata e poetica analisi, racconta un mondo che pare “terra di confine”, il far west all’italiana senza regole e dove la sopravvivenza è legata a dei fili limitati, chiamati “rapporti umani”. Omar riesce a congegnare con abilità fenomenale sequenze forti, grottesche e truculente in un magistrale impasto di dialetto e italiano letterario. I dialoghi in dialetto sono godibili, esilaranti; questo vale anche per me: quando voglio ottenere una risata,  parlo in salentino, non uso la lingua italiana, ma riesco a comunicare un aspetto di comicità che porta alla risata (anche se parlo il dialetto come qualsiasi altro immigrato). 

Luisa Ruggio: Attivista e organizzatrice di creatività letteraria. #Sciamunde #ivagabondideldharma #PescatoridiOmbre23 #ilmestierediscrivere #CasadellaScrittura #LAB22

Ti porto sempre nel cuore. E poi dicono a te che te ne vai. (Da: Un poco di grazia)

"Sul muro laterale del monastero delle Benedettine, dove appena cala la sera una fata si fa un incantesimo e come un'attrice alle prese con l'ennesima replica prende i panni di una vecchia strega che urla nei vicoli il nome del suo gatto preferito - al secolo: "Mezzaricchiaaaaaaaa!" - seguendo con lo sguardo i piccioni in volo, si può vedere in una minuscola nicchia questa statua che la fata strega e il gatto Mezzaricchia confermano essere dedicata a Francesco d''Assisi (inutile smentirli, solo a loro credo io) nell'atto di predicare agli uccelli"...

Per l'uscita di "Le Confidenze" l'autrice ha scritto: vi avverto, NON LEGGETE QUESTO ROMANZO SE AVETE PAURA DEL BUIO, DEL FUOCO, DELLE LAME, DELL'EROS, DELLE OSSESSIONI, DEI SOGNI RICORRENTI, DELLE ATTRAZIONI FATALI, DELLA VITA, DELL'AMORE E DELLA SUA FOLLIA, DELL'IGNOTO CUORE UMANO

Scrittore di riferimento, secondo me, è Gabriel Garcia Marquez (realismo magico), ed in parte Alessandro Baricco.

Il titolo del libro prende il nome da un quadro di Tamara di Lempicka, Confidenze, detto anche "Le amiche".

Dico solo "leggete questo libro", è un bel romanzo, ed è composto da tanti capitoletti, che possono essere letti come singoli racconti o episodi della storia della protagonista, Violante. E le storie ispirano scene del nostro passato, delle nostre esperienze. Ad esempio, per me, l'esperienza di avere vissuto in un appartamento dove si lasciavano le scarpe all'ingresso, e si camminava scalzi sui tappeti, o aprono ricordi di quelle case in cui si usavano le pattine sotto il piede, sul pavimento lucido. E riportano alla luce i miei sogni, sogni veritieri e sogni aggiustati, con finale desiderato, su eventi non reali ma auspicati. Come la campagna immaginaria ma favolosa dietro casa in cui mi avventuravo con mia suocera, o di lingue di spiaggia che mai ho ritrovato, nella realtà. O campagne soleggiate in cui ci si spogliava dei vestiti e si prendeva il sole nudi.

Livio Romano: docente e valutatore di romanzi per le case editrici. Il suo ultimo libro A pelo d'acqua, lo cerco il libreria, non lo trovo, lo prenoto, è arrivato da giorni, finalmente lo inizio.

"...Insomma, nuotare a pelo d'acqua. Evitare di dirci le parole che avremmo dovuto dirci. Che mancherà loro la mamma. Che non è mai successo che restassero più di quindici giorni lontano da lei. Che OK, c'è il Ryanair diretto e potrà tornare spesso, ma non è uguale, non è come svegliarsi con lei, sentirla cantare, o urlare per il disordine..."

I suoi romanzi non rincorrono una meridionalità di paese arretrato, sono contemporanei e con persone economicamente ben messe, con mutui da pagare certo, ma appartamenti di design, canali TV a pagamento e DVD su cui guardare episodi di Shameless, la Casa di carta, e le ultime novità. Niente realismo magico, verismo immaginifico, surrealismo, immaginario fiabesco, romanzo psicoanalitico. Anzi, la dinamica relazionale dei due coniugi, ormai separati, è quella della non finzione, non c'è nulla che si nascondano, lo scrittore propone varie stratificazioni nelle loro confessioni dei loro stati d'animo, gli amori, le scappatelle, le vere motivazioni dietro ad esse.

Non è un poliziesco, ma gran parte del libro gira intorno a un delitto, a affari loschi, a una borsa di soldi. Uno scrittore che utilizza uno stile simile è Alessandro Robecchi: simile, ma più profondo dei libri di Robecchi. Mentre Robecchi scrive quasi in automatico, quasi con una ChapGPT o intelligenza artificiale, e la storia va dritta allo scopo dello svelamento del colpevole, con una musica di sottofondo di sessant'anni, Bob Dylan, Livio Romano scrive perchè è la sua prima e principale missione. Ci sono tanti risvolti nella psicologia dei suoi personaggi, ed è un piacere scoprirli. E si confronta con le nuove generazioni, riesce a parlare della mente e dei gusti di un diciottenne.

Livio Romano di sè dice: "Il mio Sud è tutt’altro. È grandissima vivacità sociale, economica e culturale. Sono i tanti che hanno studiato fuori e son tornati. È, perché no, il posto del buon vivere, della slow life, ma anche di un libertinismo mai davvero indagato dalla letteratura degli ultimi trent’anni. Si spaccia come “lontano dall’oleografia” tantissima narrativa che proprio quell’oleografia ricalca e amplifica. Sono un tondelliano. Nessun narratore della mia generazione avrebbe mai scritto una riga se non avesse scritto prima, per tutti noi, Pier Vittorio Tondelli. Quindi generazionale, anche. Convinto che tutte le volte in cui mi metto a raccontare una storia lo faccia a nome di un’intera generazione. Sono stato profondamente influenzato dagli stralunati e picareschi autori emiliani come Celati e Cavazzoni, ma anche Paolo Nori."

molto apprezzato sui blog, è candidato a premi letterari

lunedì 13 marzo 2023

Artisti del Piemonte: Paolo Spinoglio

 Di Torino manengo alcuni contatti, preziosi, con compagni di liceo e di università. Con uno di questi, Lino Sturiale,  condivido le esperienze di teatro sperimentale, sotto la guida di Renato Giuliani, ai tempi di Nalpas teatro, del Living theatre, e delle corse in collina alle cinque di mattina. Lino mi ha parlato molto bene di una sua conscenza, Paolo Spinoglio, con uno studio nelle campagne di Canelli, e deceduto nel 2002. Oltre alle pagine dedicate a Spinoglio dalla Associazione fondata dalla moglie e dai figli, con sede a Mombercelli, consiglio di guardare anche il blog di Nadia Presotto. 

La sua arte da figurativa diventa negli anni più essenziale, con prevalenza di sculture, ceramiche in bianco, in nero o in terra refrattaria colorata, rossiccia, in marmo ed in bronzo; oltre a quadri ad olio, e anche poesie. 

       
  

Delle sue opere, visitabili presso l'Associazione, sono continuamente organizzate grandi mostre: nel 2021 la mostra su Ettore ed Andromaca a Bari, Banca Sella, nel 2022 quella nello spazio BAart ad Agliano Terme,  e quella visitabile fino al 23 marzo 2023 a Santo Stefano Belbo, Sei di sangue e di terra, organizzata dall'Associazione Cesare Pavese. Le sue opere sono esposte in chiese e fondazioni private. Alcune statue  sono state commissionate da Chiese, un esempio quella a Collegno, San Pietro apostolo e San Lorenzo martire, in due nicchie della facciata.   




















 










Negli anni tra il 1970 ed il 2020 molti artisti torinesi affermati sono stati presenti nei circuiti espositivi nazionali ed internazionali. Tra questi cito Ugo Nespolo (che ha allestito una mostra anche a Novoli, per la festa della Focara 2013); Nicola De Maria, uno dei cinque della Transavanguardia, come Mimmo Paladino, che con i suoi cavalli ha allestito la Focara del 2012.   
Le elaborazioni di artisti italiani come Boetti, Merz, Zorio e Anselmo sono il risultato della relazione tra energia manuale e mentale: un tentativo di far risorgere un’artigianalità tutta italiana. Tra gli esponenti dell’Arte Povera, Pistoletto e Piero Gilardi sono gli unici a perseguire negli anni un’intenzione creativa comunitaria, anche al di fuori dei luoghi istituzionali dell’arte.
Ebbene, quasi tutti hanno una pagina su wikipedia. Spero che anche per Paolo Spinoglio sia dato questo spazio sul web.

venerdì 3 marzo 2023

In Giappone allo sbaraglio

 Nel 1993 avevo ottenuto l'incremento della borsa di dottorato per un soggiorno all'estero, e il  mio prof ospitante, amico del mio prof giapponese a Verona, aveva acconsentito a seguirmi nel suo laboratorio a Tsukuba. A quel tempo nessuno di noi aveva ancora idea delle pratiche burocratiche da espletare per ottenere il visto di soggiorno per lavoro, ma ce ne facemmo una idea nei due mesi prima di Natale. Siccome non avevo il visto, rientrai per le feste, comunque ero obbligato a uscire dal paese avendo il visto da turista. Ma prima di recarmi a Tsukuba, dal prof ospitante, quell'ottobre 1993 avevo visitato il National Cancer Center Research Institute a Tokyo,  perchè stavamo studiando il cervello di ratto e la produzione di ossido nitrico. Dall'aeroporto alla casa che mi avrebbe ospitato a Tokyo mi accompagnarono due dottori di Tsukuba, mandatimi incontro per aiutarmi nel trasferimento. Arrivati in casa, la prima regola che stavo per violare era nel momento dell'ingresso, per fortuna mi dissero di togliermi le scarpe. 

Da casa al NCCRI il viaggio in metropolitana era semplice, e nel laboratorio feci amicizia sia con i medici giapponesi che con alcuni ospiti stranieri. A pranzo, qualche volta si usciva insieme, a mangiare tempura  su una coppa di riso (tempura-don) a mille yen, costi accessibili per pranzare fuori, impiegati e lavoratori. Altre volte facevo da solo, prendendo qualche sandwich da un bar vicino, gustosi, nella mayonese mettevano il wasabi. Oppure mi cucinavo la sera, e mi portavo da mangiare da casa. Un appartamento che avrei dovuto condividere con Federico, che però era fidanzato con la segretaria del suo laboratorio. La prima settimana ero da solo, ma sarebbe rientrato presto. Una sera chiamò sul telefono di casa una sua amica italiana di Osaka, Stefania, e scambiare due parole con una compatriota è stato una bella esperienza, ogni volta che si ha la fortuna di trovare chi sta come te all'estero porta a fraternizzare. 

Non vedevo l'ora che arrivasse il giorno del rientro di Federico. Per conoscerlo, e per capire come ci si sarebbe divisi l'appartamento, visto che vedevo un solo letto in camera. Intanto, iniziai a fare ricerche con i tessuti di ratto, ne chiedevo  qualche campione e me ne davano a 10 grammi per volta, fettine congelate di cervello. Il primo fine settimana una collega americana mi accompagnò al parco di Ueno, facemmo la spesa alimentare nel supermercato davanti alla fermata della metro, un grande magazzino che la scritta OIOI, ma che si legge in altro modo. Ovviamente non avevo nessuna nozione di kanji, di scrittura (ne imperai le basi successivamente, hiragana, katakana). L'unico modo per comunicare era in inglese, e quasi nessuno per strada era disposto a comunicare in inglese, a quel tempo.

dai miei appunti sul diario: i colleghi pensano "figurati, il suo capo è stato qui un mese e non ha portato a termine il lavoro, e lui vuole risultati in una seettimana". Dopo qualche giorno ho detto al direttore del laboratorio: guardi, il suo strumento non è calibrato, ed a sentire il responsabile, non è neanche affidabile. Ci vuole uno standard di acido nitrico/nitriti senza impurezze. Lui ci resta male, risponde che non è stato informato, fa una lavata di capo al suo ricercatore, ed io finalmente posso cambiare la guaina alla sonda per l'ossido nitrico, cambio la soluzione di elettrolita, taro lo strumento e faccio una nuova curva standard.   Ho avuto la soddisfazione di farmi riconoscere che la sonda andava lasciata in acqua distillata, e non a secco)

Federico era rientrato ed io fui preso dalla necessità di trovare un letto su cui dormire, per cui chiesi al dipartimento di prenotarmi un albergo, che mi trovarono vicino al Centro di ricerca, ma al prezzo di 16.000 yen. In quel periodo il cambio lira-yen è stato svantaggioso, 16:1, per sapere il costo corrispondente in lire, bisogna moltiplicare 16000 yen per 16. Circa 250 mila lire per una notte. Comunque sia, una notte da re può starci. 

Mi sono messo in contatto con il professore ospitante, a Tsukuba, che mi ha trovato subito posto in una guest house, e mi sono trasferito da Tokyo a Tsukuba. Devo dire che sono stato trattato bene su tutti i fronti, il direttore mi ha pagato tutto le spese del soggiorno (affitto, luce); in seguito, quando ho ricevuto il visto di lavoro, nel periodo da gennaio 1994 fino a novembre, mi sono trasferito in una casa per stranieri, in cui coabitavo con due colleghi, un olandese, Hans Kremers, l'altro all'inizio è stato un ucraino, poi un tedesco e successivamente un coreano.  

Per i pasti, oltre alle varie mense universitarie, c'era la caffetteria, il supermercato interno, con i cibi pronti, il microonde per riscaldarli, e tanti negozietti (convenience stores) all'esterno per ritirare cibo e bevande e tirare fino a tardi la sera nel laboratorio.

Arrivando in Giappone per un soggiorno così lungo, raccomando a tutti di verificare la data di scadenza della carta di credito. Tutte le operazioni di prelievo avvengono tramite banca, ma a fine estate non mi fecero più nessuna operazione, e mi accorsi che la carta di credito era scaduta. Subito chiesi un vaglia dall'Italia, che mi coprì per un mese circa, e per la fine del soggiorno mi aiutò il professore, fecendomi un prestito. Che ho restituito al momento del rientro, circa due milioni di lire. 

Per il viaggio di ritorno, avevo un biglietto aereo con validità di un anno. Ci fu una certa difficoltà da parte della compagnia aerea, perchè i voli dal Giappone sono molto richiesti in certi periodi dell'anno, come le festività di Natale o la prima settimana di maggio. Per fortuna viaggiare a inizio novembre non era in overbooking, e trovarono posto per me. Fino all'aeroporto mi accompagnarono le colleghe del laboratorio, per qui scoprire che anche la mia amica Keiko era venuta a salutarmi.

  
                                                              con Keiko Saito
 
 a casa con Takashi, Naoyoshi e Hiromi

Quello che mi capitò nel 1995 fu davvero straordinario. Scrissi la tesi di dottorato, inviai la domanda di partecipazione alle selezioni per un assegno di ricerca per post-doc in Giappone, offerti dalla Japanese Society for Promotion of Science, che venivano selezionati dal CNR di Roma, e date le poche domande mi fu assegnato. Son partito a gennaio 1996. Il mio prof fu felice di ospitarmi di nuovo, questa volta non doveva nemmeno coprire le mie spese, anzi il JSPS assegnava un budget per il laboratorio e per i costi della ricerca.

Non ero sicuro che sarei rimasto un anno o più a lungo, ma a fine 1996 feci domanda per una estensione della borsa e rimasi tutto il 1997. Questo per dire che non si è mai sicuri di nulla, e che se penso a come ho fatto a rientrare in Italia, non so rispondere. Probabilmente avevo un biglietto aereo aperto, cosa che si rivelò un vero assist fortunato. Poter scegliere la data del rientro mi ha facilitato a prendere le decisioni giuste. 

in laboratorio, stanza del professor Miwa, con studenti e dottorandi
Edo-Tokyo museum, con Keiko, la sua amica e un amico di Osaka
Uno degli ultimi eventi a cui ho parteciapto è stato un concerto di bandoleon, in un teatro di Shinjuku a Tokyo, organizzato da una associazione di volontari a cui partecipava anche Keiko, mi invitò a venire, pagai il biglietto, fu una serata molto piacevole, un maestro più anziano ed un musicista più giovane, la mia amica si era fatta in quattro e dirottare il pubblico  nei posti a sedere, sudata ma felice.

Gli ultimi giorni di dicembre sono stati clamorosamente frenetici e caotici, una serie di attività in successione, dal chiudere casa, a sistemare il passaggio di proprietà dell'auto, scrivere la relazione di lavoro per il prof, sistemare le cose del laboratorio, fare i pacchi per la spedizione via mare, regalare tutto l'arredamento, fare diverse cene di saluto con i colleghi, con il proprietario di casa,  tutto a un ritmo incalzante. E finalmente  poter dormirci sopra, arrivando al giorno della partenza, a prendere il volo da Narita, accompagnato in auto da due mie colleghe.


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