giovedì 12 maggio 2022

ricordi del dottorato a Verona

 Tra il 1990 ed il 1995 ho trascorso cinque anni presso la facoltà di Medicina a Borgoroma, Verona, presso il  complesso dei laboratori universitari di ricerca medica (fino a fine 1990) e poi presso l'istituto di Biochimica.

                   Ilaria Dalprà di spalle, con il Bertini e Caterina

La prima borsa di ricerca era ospedaliera, con il Professor Radin e il Dr. Dellagiacoma (Gianni, originario della Valsugana) che si occupava di ricerca sul trapianto del pancreas endocrino, utilizzando cellule di ratto e di maiale. Quando la sua dottoranda venne in laboratorio, gli chiese: Gianni, quando lo fai il maiale? e lui rispose: Tutti i giorni! A fianco della nostra stanza vi era un laboratorio di proteomica, con un medico e due tecniche, di cui ricordo Monica, perchè ci siamo frequentati in varie occasioni, originaria del Veronese là dove si producono amarone e recioto, una sera ce ne fece dono, era squisito.  Quando ho vinto il dottorato, e fine anno, ho lasciato la mia borsa ad una biologa, Teresa, che aveva un conflitto latente con gli uomini, ma allo stresso tempo riusciva a suscitare l'interesse dei colleghi. Invece Gianni, sciupafemmine, era intento a corteggiare le infermiere. Più avanti ritornerò su Gianni e le sue conquiste.

A Biochimica,  ero nel gruppo del Professor Suzuki, e cisi occupava di tessuti animali da cui estraevamo proteine con particolari proprietà. Dai ratti, ghigliottinati, si sezionavano gli organi distinguendone le funzioni (Ad esempio, dal cervello si raccoglievano le varie zone separatamente: cervelletto, bulbo, talamo, corpo striato, corteccia, ippocampo, e così via), fino a venti diversi tipi di organo, i tessuti venivano crioconservati a meno 80 dopo averli polverizzati in azoto liquido. Inoltre, c'erano organi come testicoli bovini, tagliati in forma di pizzette, che davano origine a sollazzi da parte degli amici, che mi prendevano in giro. Venivano anche studenti stranieri, ricordo una vietnamita, Nguyen, che mi ha ricontattato di recente, ha lavorato negli USA con la sua famiglia. Altri laureati frequentavano il nostro gruppo, Sofia è rimasta ed è docente ancora oggi, e il farmacista Checco, che lavorava ma aveva la passione per la ricerca. Una sera era impegnato in una estrazione dell'enzima ADP ribosil Transferasi, con una studentessa di un gruppo napoletano, ma dopo il passaggio sulla colonna di affinità e analisi del contenuto proteico nelle varie frazioni, il risultato era negativo. Trovandomi ancora sul posto, ci siamo messi insieme a riequilibrare le frazioni per eliminare l'eccesso di sali (con il potenziometro per leggere la conduttività in milliohms)  e l'ho convinto a ricaricare la colonna di affinità. Fu un successo!

Nei gruppi diretti da altri professori c'erano persone simpatiche, Chiara, sposata con famiglia, Patricia di origini libanesi fidanzata con Elio, e una ragazza olandese, con cui mi intrattenevo a parlare, e mi offrivo di lavarle la biancheria, perchè non aveva la lavatrice. Mi fecero notare che avrei dovuto fare attenzione ai suoi camici, perchè lavorava con sostanze radioattive, e si macchiava il camice. Visto che anche io ho lavorato con molecole radiattive, non me ne sono preoccupato. Un fine settimana Gianni ci invitò ad andare con loro a Bormio, aveva le chiavi di una baita per gli ospiti, nel parco dell'Adamello, e io chiesi alla ragazza olandese di accompagnarci. Sono partito insieme a lei con la mia 500, chiacchierando lungo il viaggio, e a Bormio ci siamo ricongiunti con il gruppo,  la casa era confortevole con vari letti, a castello e a due piazze. Ad un tratto, la mia amica mi raggiunge pensierosa e mi chiede: scusa, ma io con chi devo dormire, con te  con Gianni? Il dottore si era fatto avanti e la mia amica forse aveva fatto un progetto che mi riguardava. Comunque, fu un fine settimana bello e di libertà, arrivammo anche a Livigno, città esentasse; in seguito i due si frequentarono ancora per qualche mese. Passata la cotta per il medico, ci siamo rivisti, l'ho introdotta alla mia cerchia di amicizie disinteressate, alcune LGBT, con cui si facevano grasse risate e mangiate di costatine a Verona e nell'entroterra, tra osterie e fresche frasche, tipo le osmize, come le chiamano in Friuli.

Colonne sonore: It's the end of the world as we know it (and I feel fine), R.E.M.; Nevermind, Nirvana;

 Sax And Violins  Talking HeadsSummer Kisses, Winter Tears  Julee CruiseMove with Me (Dub)  Neneh CherryThe Adversary  Crime and The City SolutionWhat's Good  Lou ReedLast Night Sleep  CanFretless  R.E.M.Days  Elvis CostelloClaire's Theme  Graeme Revell(I'll Love You) Till The End Of The World  Nick Cave & the Bad SeedsIt Takes Time  Patti Smith e Fred "Sonic" SmithDeath's Door – Depeche ModeLove Theme – Graeme RevellCalling All Angels – Jane Siberry. 

Wim Mertens: Close cover, Whisper me, The fosse, Struggle for pleasure. Peter Gabriel: Secret World. Gianna Nannini: America; Ciao amore: io senza te.

Degli altri istituti, in ognuno c'era qualche amica simpatica, con cui scambiare due parole, c'era chi cantava nei gruppi come corista, ma il gruppo di ricerca più numeroso era a istologia, varie ragazze che organizzavano party e serate in campagna. Ad una uscita, mi sono presentato con una mongolfiera, e la serata è stata divertente, tra medici stranieri ospiti del professore, a Negrar, nella campagna veronese, nel giardino di Caterina, una delle ragazze del team. 

Marilena a sinistra, Lucia al centro, e Chiara

                                            Adriano il tecnico, e Betta
Jun Wu, universitario cinese

Una delle interne di Anatomia era Ilaria Dalpra (inseparabile dalla sua compagna Lucia Gabrielli), grande amica sportiva, spesso sono andato a Vicenza da lei per giocare a calcetto od a pallacanestro, nel 1993, mi ha fatto conoscere la sua cerchia di amicizie: Giuliano, e la squadra di calcio ospitata a Borgoroma per una sfida VI-VR (Giampaolo, Stefano, Filippo, Nico, Marek dalla Czechia). Si era una comitiva numerosa, ricordo pomeriggi nuvolosi, tramonti carichi di nuvole nere e vento di settentrione, al rientro dai giardini da una partita insieme. Colonna sonora: 883: Come mai, Pitura Freska: Un papa nero.

La festa di saluto prima della partenza fu a casa mia, mi regalarono una T shirt bianca tutta firmata con bei pensieri e dediche (Sii felice; partire non è andare e tornare, è imparare le lingue degli altri, imparare ad amare).  Al ritorno dal Giappone, ho trascorso il 1995 abitando a Vicenza e viaggiando a Verona per scrivere la tesi di dottorato. Le amicizie erano consolidate, e ripresero le partitelle di pallacanestro (oratorio) e pallone (ai giardini pubblici), inoltre siamo andati insieme una sera al cinema a vedere Kitchen, dal libro di Banana Yoshimoto.

Durante il mio secondo soggiorno in Giappone, ho rivisto il professore Armato ad un convegno nel 1997, insieme a  due sue dottorande, una delle quali era Ilaria. Prima di partire nel 1994, le avevo lasciato lo stereo, al rientro mi ha aiutato a fare il trasloco a Vicenza. Marilena (Ribecco) ottenne una borsa per il Canada, da cui mi ha scritto varie volte nel 1997, sul freddo (-38 gradi) di Montreal, e su Ilaria che l'aveva raggiunta per lavoro.

Solo con Marta, la ricercatrice di Suzuki, e con la figlia di Suzuki, ci sentiamo ogni tanto, abbiamo mantenuto i contatti. In un paio di occasioni sono passato a trovarli, in istituto, e quando il prof è mancato, per un tumore,  ho provveduto a comunicarlo a chi non sarebbe stato raggiunto dalla notizia, come il


responsabile scientifico all'ambasciata italiana a Tokyo, Angelo Volpi, e grazie a Suzuki ed alle persone che avevano rapporti  di lavoro con lui, in Giappone,  ancora oggi ci sono rapporti di amicizia e di lavoro tra Italia e Giappone, grazie a questi studi e scambi pionieristici. 


martedì 10 maggio 2022

repertorio dei matti della città di Tokyo

 E riprendo la serie dei "repertori dei matti", serie di caratterizzazioni umane fatta da Paolo Nori nei suoi libri sulle città del mondo, in questo post l'esercizio ha per tema i Giapponesi.



Era un laureato con un pallino fisso, ottenere il genoma del topo, e era sbeffeggiato da un suo pari, che invece diceva che il genoma umano era più importante ed utile alla medicina. Con pazienza, si circondò di ricercatori bravi ed internazionali, che misero in opera e brevettarono un metodo detto CAGE, mediante il clonaggio e l'identificazione di tutte le sequenze iniziali dei geni trascritti nelle cellule, nel topo  con la serie dei meetings su functional annotation of  transcribed  ORFs in mouse (FANTOM), poi nell'uomo, e via via in tutti gli organismi modello. Ora è il personaggio più in evidenza tra i colleghi, dirige in RIKEN, e forse sarà ministro per la ricerca giapponese. Nelle riunioni celebrative di fine anno, andava con il suo gruppo a cantare nei Karaoke, brindando con il sakè e la birra. Cantava spesso "davanti a una lattina di biirr, quel fiol de Piero (Carninci) fa le feste, perchè xe un fiol de Trieste, perchè xe un fiol de Trieste..." Dopo, prima di andare a casa, si fermava ad un chiosco di Ramen, perchè è un cibo che attenua il livello alcoolico.

Ai gabinetti della metro, prima di prendere l'ultimo treno per la sua destinazione, l'uomo non sapeva come tenere il mazzo di fiori, così si appoggiava con la spalla al bordo di ceramica, una mano sulla patta, e con l'altra reggeva il mazzo di fiori in mano.

Sulla scala mobile, in salita, la ragazza con la minigonna si copriva il suo lato B tenendo la borsetta sul suddetto lato B con il braccio piegato indietro, per non far sollevare la gonna.

Nella metro, la ragazza, seduta, è nascosta dalla forma della custodia del suo violoncello, il suo doppio.

Sul treno, la ragazza teneva un papero di peluche in una busta di carta, poi gli aggiustava la testa per  farla emergere dalla busta, in modo da lasciarlo respirare.

Lungo i viali pedonali, ragazze con le gonne lunghe sfrecciano su biciclette, come sospese ad un filo. Sembrano ballerine russe, quando si muovono scivolando sul pavimento mentre i piedi sono nascosti dalle gonne. Chi sa se sono veramente a cavallo delle biciclette, forse viaggiano su scope stregate.

Era una collega del laboratorio, solitaria come un gatto, socializzava ma aveva uno spirito autonomo. Mi aveva regalato la foto della sua gatta, una gatta tricolore, chiamata Mikeko per questo.  Per qualche giorno non venne al lavoro, forse una influenza. Con una sua collega, Hiromi, andammo a farle la spesa al supermercato, e passammo dal dormitorio per lasciarle il cibo, ma non ci aprì. Una volta scesi alla macchina, la chiamiamo al telefono. Non voleva farsi vedere, si sentiva non presentabile. "Lasciatemi le buste fuori dalla porta!" 


lunedì 2 maggio 2022

Teatro immediato a Lecce, 1986

 Chiudo con questo post la parentesi sulle iniziative socioculturali e gli scambi tra Torino e Lecce. Nel 1986 il Teatro Immediato, lega italiana affiliata ai gruppi francesi e canadesi, diretto da Renato Giuliani, ora al Teatro Nazionale di Nizza, già fondatore di Nalpas teatro e Baphomet teatro, che aveva un contratto con il carcere minorile di Torino Ferante Aporti per le attività cutlurali nel carcere, effettua due distinte discese a Lecce. La prima, per la rassegna "Incontri internazionali di teatro per ragazzi" al castello Carlo V  organizzata da Mediterranea, ossia Giorgio Di Lecce (e Cristina Ria). Finita l'esperienza di Domus de Ianas, Giorgio è ritornato a Lecce, e fonda il suo gruppo, Aracne mediterranea, e organizza varie manifestazioni teatrali tra cui, Et voilà..."Incontri internazionali di teatro per ragazzi"  al castello e nelle sedi di scuole, come a Caprarica di Lecce. In quel periodo  allaccia rapporti con gli Ucci, i tre cantori della tradizione salentina, e li porta in rassegna con sè. Ricordo una festa di Sant'Antonio a Novoli, 1986, nessuno ballava al ritmo delle pizziche, alla sera li abbiamo ospitati tutti e sette cantori a casa a tavola, tra canzoni e melodie fischiate, passò a trovarci anche Ferdinando Taviani. In quel periodo siamo andati con Giorgio a trovare Uccio Aloisi a casa sua, portandogli la pizza della mezzanotte, a Cutrofiano, dopo esserci incontrati in pizzzeria a Sternatia (un terzo elemento è stato Francesco De Pasquale, che curava i rapporti con i giornali)

in occasione della rassegna a Lecce al castello, Renato ottiene la trasferta del tecnico, Lorenzo, in quel periodo in carcere al Ferrante Aporti: per le pregresse attività sociali di laboratorio di teatro che Renato aveva stabilito dal 1984 e che avevano dato luogo a diversi spettacoli, tra cui Il Figlio della Notte, al teatro Nuovo di Torino, nel 1985, con i ragazzi del Ferrante in uscita-lavoro. 


Ebbene, nel 1986, si è realizzata la prima uscita-lavoro interregionale, con una trasferta da Torino a Lecce, alternando il lavoro diurno di assistente di scena con i pernotti nel carcere minorile di Lecce.

In seguito alle proposte all'EDISU ed ai professori di storia del teatro, l'opera universitaria di Lecce ha approvato un intervento culturale a Lecce, articolato in seminari teatrali e spettacolo finale, nell'aula magna dell'università in viale degli studenti, e interventi presso l'aula del primo anno di Villa Tresca, nell'ottobre 1986.

Nell'aula magna sul palco si sono alternati vari attori, insieme a Renato Giuliani c'erano Jean-Michel Meys a Corinne Galland, Pippo D'Amico, Corrado Parodi, Ugo Giletta, oltre a laboratori in varie aule, e le gags delle scene congelate (si deve mimare un argomento e fermarsi allo stop del regista, con effetti esilaranti, grazie alla fantasia della lettura della scena, che si vede bloccata in un assurdo mix di composizioni incoerenti, a cui viene dato un titolo rappresentativo, come "la crocifissione sul calvario", "botte da orbi", ecc...)
Al corso di improvvisazione si sono iscritti venti studenti, e nelle serate libere ci si incontrava a casa e si dava sfogo a clownerie, con i gemelli Costantino e Beniamino Piemontese si effettuavano traduzioni istantanee multilingue, anticipando con la fantasia il contenuto dei discorsi. Si inscenarono spogliarelli maschili. 
In strada, Jean-Michel si alternava in scene di cascatore, o si arrampicava sui portoni dei palazzi. 
A stage concluso, poichè non si era fatto in tempo ad organizzare un intervento presso il carcere minorile, io con alcuni/e del gruppo che avevano partecipato attivamente abbiamo fatto l'intervento nelle vacanze di Natale, con grande soddisfazione di tutti, anche i detenuti si sono coinvolti nelle scene, danze e musiche da Blues Brothers. Grazie ad Alessandra Falcolini di Ceglie, Evelina Ferocino, Francesco Riccobelli, Alessandro Avellis, Calro Carmignani di Caprarica, Carlo Ginosa di Campi.
Pur non esssendoci frequentati in altre occasioni, ricordo una serata in piazza davanti a Palazzo Tamborrini, con perfetti sconosciuti ci siamo uniti in cerchio ed abbiamo giocato con i suoni, tenendoci per mano, adattandoci ai ritmi suggeriti dal capitano di turno.
Un happening per strada simile mi è successo forse nel 1976, a Modena di inverno, faceva freddo, ci mettiamo a ballare davanti al duomo, cantando un ballo tondo, coinvolgiamo un gruppo di sconosciuti.






                                       





Marcella, Renato, Pippo, Corrado, Jean-Michel, e Ugo

giovedì 14 aprile 2022

lingue indoeuropee

Quando c'è stata la migrazione delle popolazioni indoeuropee da India e Persia verso il nostro continente, gli Slavi hanno conquistato le  parti a nord ovest, per poi dividersi in gruppi linguistici propri. Il russo, l'ucraino, il serbo, mantengono pochi tratti comuni con il Ceco, il polacco, o lo sloveno. 

Per distinguere le radici di queste lingue, si delinea un prima divisione tra lingue che usano Kentum (cento), e lingue che usano Sto (cento in slavo). Ma rientrano tutte in una comune lingua ancestrale che chiama il tè Cha/chai, simile alla parola in uso in Cina e Giappone. 

 In slavo (croato, serbo, ceco e in russo) si dice tvarog per ricotta, golub per colombo, Slava per gloria, pravda per verità, mir per pace.

La mia famiglia proviene da un ramo tedesco ed un ramo ceco, fenomeno comune nella regione dei Sudeti, e molte parole in uso comune erano storpiature di termini tedeschi. Ad esempio, la nonna usava termini come fusekle per dire calze (in tedesco fus è piede), oppure laintuch per dire lenzuola (leintuch). Alcune parole sono originarie della comune lingua ancestrale, per cui si ritrovano anche nel sassone o nelle lingue romanze (Balkon/balcone, danza/tanze/tanzovat, kredenc/credenza, vasa/vaso, Skatule/scatola; gumist /gommista, da guma/gomma). Ma ci sarebbe da stilare un vocabolario per segnalare le analogie tra ceco e tedesco.

Deka (coperta) si dice decke, tischdecke

Drak (aquilone) si dice Drachen

Shal/sciarpa : scialle si dice Scialek

sister/schwester, in ceco è sestra

schinken, prosciutto, in ceco è sciunka

razzo, roketa, in tedesco è rakete

vasca, Wanne, in ceco è vana

treccia, zopf, in ceco è zopka

Brylle/breile sono gli occhiali

flasche/flaska, bottiglia

klika, per klinke, è la maniglia della porta

schlafen, per dormire, in ceco assume la gergata "Dat si schlafik" darsi un pisolino

poi ci sono termini del ceco parlato, non solo di quello classico, che non hanno corrispondenze

zvon/zvonek, è riferito a campana/campanello, ma anche a uno strumento per schiacciare la biancheria in ammollo nella vasca, a forma di campana di zinco, spinto da un bastone e una maniglia per impugnarlo

Kibl, in piccolo kbelik, è un secchio per lavare per terra od anche per portare il carbone

flinta (fucile)

o parole derivate dall'uso e storpiate: scarpe, italiane, come simbolo di qualità, diventa skrampi


venerdì 25 marzo 2022

Salento estate 1981, il ragno del dio che danza

  Nel 1974 l'Odin teatret di Eugenio Barba soggiorna nel profondo sud, in Salento, in diverse tappe, a Carpignano Salentino, sulle tracce della cultura orale, i cunti, le canzoni e le danze, ed a Monteiasi nel Tarantino, allestendo presentazioni del lavoro teatrale, e parate. I resoconti di questo viaggio sono pubblicati in un depliant distribuito al festival di teatro di Venezia, con le foto di Tony D'Urso a fissare le performance e la meraviglia del pubblico, grandi e bambini. In un post precedente ho scritto su alcuni di questi episodi/eventi. Il depliant dell'Odin: Immagini di una realtà senza teatro, presentava il soggiorno nel Salento, le parate di strada, a Carpignano Salentino. Già avevamo insaurato una amicizia con i gemelli Costa e Benia, bottega di cartapesta "I messapi", ci siamo frequentati a Torino, quindi nel dicembre  '75, e poi varie volte nel 77, sono sceso a Lecce a trovarli e a conoscere il Salento 

Io arrivavo da Torino, città in cui avevo lavorato nell'animazione, con la cooperativa della svolta (1976-1977) e con Renato Giuliani, ai tempi di Nalpas teatro, con vari spettacoli di clownerie e con animazioni nei centri estivi (scuole di Nichelino), avevo conosciuto Giorgio di Lecce, e fatto stages con il gruppo teatrale Domus de Ianas. Con Renato ed i gemelli partecipammo allo spettacolo "per la metamorfosi" da Kafka.

In questo post raccolgo i miei ricordi dell'estate  1981, da marzo ad agosto, quando insieme ai docenti di Storia del Teatro di Lecce, all'Oistros, ed agli studenti che aderirono, si svolse la preparazione degli stages teatrali, e dello spettacolo in turnèe nei paesi della Grecìa salentina, Il ragno del dio che danza.

Il gruppo che si era formato comprendeva attori già provetti, come Franco Corallo, Cristina Ria, e Mario Blasi, e studenti, come Marcella Quarta, Annarita Rizzo, Marcella Ferraro, Maria Rosa da Martina Franca, Vera De Luca, Grazia da Bari, Raffaele (reduce da Pontedera ma domiciliato in Salento) oltre a vari partecipanti che per loro ragioni non proseguirono fino alle rappresentazioni di luglio, tra cui l'uomo pietra, Vito Mazzotta, Anna Cerignola, e Costantino Piemontese, che con il gemello Beniamino (I Messapi) utilizzò Raffaele come modello per la colata di gesso, e fecero un Cristo crocifisso in cartapesta di dimensioni reali.

disegno dell'assistente del prof.  Lapassade, il ricercatore Abdelatif Elazami

Gli stages teatrali erano presieduti dal sociologo francese e specialista della transe nel mediterraneo Georges Lapassade, la trance allucinatoria delle discoteche odierne e di paesi del mediterraneo come Egitto e Marocco, in cooperazione con i docenti Nicola Savarese e Marisa Turano, e gli assistenti di Storia del teatro, come Gino Santoro, fondatore del gruppo teatrale Oistros, la partecipazione di Luigi Chiriatti, antropologo di Calimera e tra i fondatori del gruppo musicale Canzoniere Grecanico, della casa editrice Kurumuny,  del centro studi Diego Carpitella, etnomusicologo e docente alla Sapienza, raccoglitore delle musiche tradizionali del Salento insieme a Ernesto De Martino, autore del libro di lavori sul tarantismo nel Salento "La terra del rimorso" della tarantola e della condizione sociale disagiata delle donne, sul lavoro nei campi ed in famiglia. Venne anche proiettato uno degli ultimi reportage cinematografici sulle tarantate davanti alla cappella di San Pietro e Paolo a Galatina, ad opera di Oronzo Marmone e Luigi Chiriatti nel 1977. 

Da marzo a giugno si sarebbero alternati vari corsi, con Tapa Sudana, balinese attore di Peter Brook nel Mahabarata, sul tema: corpo movimento e espressione, Monica Solem (The House), sulle tecniche corporali e vocali, Cristina Cibils e Erico Carbeiro, attori del Living theatre, su trance e lavoro dell'attore.

Sternatia, atrio del castello (Marisa Turano davanti a Cristina Ria, Franco Corallo di spalle, il padre di Gino a destra, in secondo piano Annarita Rizzo, Maria Rosa e Marcella))
qui sulle spiaggie di Sant'Andrea


servizio fotografico di Oronzo Marmone
nelle campagne di Caprarica, sulle serre salentine



Raffaele, Mario Blasi, Vito Mazzotta

La prima fase si svolse nelle aule dell'università, con studi sulla trance, le tradizioni popolari. i canti e lamentazioni funebri, le Baccanti di Euripide, il ruolo dato a Dioniso nella Grecia classica e nelle rivisitazioni colte, e fasi di improvvisazione e psicodrammi sulla vita personale nella famiglia e società odierna. 

Il nome della rassegna e dello spetttacolo estivo deriva dal Dio bambino, il sole dentro di noi

Dioniso è la forza vitale (per Janmaire) coloro che si riparano dietrro la sicurezza della ragione sono destinati a cadere. Per Dodds, riguardo gli attacchi di isteria collettiva  il rito doinisiaco riesce a contenerli, sfociando nel rito religioso. Resistere a Dioniso è inutile, la parte più profonda si scava una via di uscita, se è repressa esce fuori con violenza, invece di manifestarsi come forza vitale. Anche Ernesto De Martino ha descritto azioni di isteria collettiva, in "Furore, simbolo, valore".

Dioniso è quello che facciamo con lui. Euripide non prende posizione, lascia le contraddizioni perchè la nostra sensibilità possa analizzarle. "Le supplici" parla del significato della sepoltura rituale, l'importanza degli onori ai defunti, per assicurarsi la benevolenza degli dei e della morte. Per Oreste, le Erinni esistono solo nella mente degli uomini, e dietro c'è la mentalità che l'assassinio richiami l'assassinio, come diritto dell'anima a essere vendicata. 

Lamentazioni funebri: Nel villaggio Iugur in Romania, nel buio una vecchia si lamenta camminando, segue un rituale e cerca aiuto nel pianto. Nel villaggio Tei in Carpazia, i lamenti non sono suoni umani, sono molto intensi. Non isolano la voce che piange, ma la fondono in un luogo vivente. Parla con tutti quelli che possono ascoltare, i monti, le piante, tutti gli uomini sulla terra.

Dibattiti sono serviti a formare un ponte tra storia delle religioni e il tarantismo studiato da De Martino, Luigi Chiriatti, i musicisti delle musiche tradizionali Diego Carpitella e Alan Lomax.

Nel frattempo, si studiava, per eventualmene utilizzare qualche brano, il testo delle Baccanti

Dalle terre dell'Asia                          Asiàs apogàs
dal Tmolo il sacro monte                 ieròntmolon amèipsasa toàzo
qui accorro in delirio                         bromiò pomoèdiu
sforzo dolce, fatica felice                  xamatòn t'èukamatòn
per celebrare Bacco.                        Bakkion èuazomenà.
Chi è là, chi è là, nella via?              Tis odò? Tis odò? Tis?
nelle stanze sta appartato                 melatròis exoposèsto
e la sua bocca nel silenzio santifica  Stomatèufemon apàs exosiùsto.
Con i miei canti rituali                        Ta nomìzenta garàei
sempre Bacco celebrerò                   Dyony'son ymnèso.
Beato chi conosce
i misteri divini
e vive religiosamente
e si entusiasma nell'anima
e partecipa sui monti
alla purificazione bacchica
e partecipa alle orgie di Cibele      Ta te màtros megalàs
la grande madre                             orghia Kùbelas temitèuon
e solleva il suo tirso                        ana ty'rson te tinàsson 
e si circonda di edere                     kissò te stefanòteis  
come servo di Dioniso                   Dyony'son terapèuei. 


Baccanti, riti dionisiaci, trance, accompagnati da musiche  e tamburello, sin dalla Grecia antica

Gli incontri con Tapa Sudana si svolsero tra il salone del collegio Argento, uscite all'aperto (Caprarica, Torre dell'Orso), e la chiesa degli Agostiniani a Melpignano. Molti esercizi di ginnastica orientale e arti marziali, come il Tai Chi Chuan, e lavoro con le maschere del teatro balinese, la donna, il demone, il vecchio. A conclusione, si tenne una rappresentazione di gruppo a storia del teatro, inscenando un Gamelan, il coro balinese (TIAK, TIAKTIAKTIAK ripetuti, PON PON PON SRR, HES HES BIO SRR; Sorian gherian narian horian), con noi nella posizione del fiore di loto, in cerchio.
Canzone di Gianin Gianguer

Tapa Sudana è una persona ed un attore fuori dal comune, unisce tecniche di uso delle maschere giapponesi e orientali con la danza. Di notte, è andato a piedi fino al mare, nel neretino; negli anni '80 cambiò tutto e il traffico notturno sulle strade non permetterà più queste libertà. 

Degli incontri con Monica Solem ricordo gli esercizi sulla corsa personale, spostando il peso del corpo avanti, indietro, e la canzone corale, con gruppi alternati sulle prima, seconda e terza strofa 
Cucù when I was walking   in a may morning           I heard a bird sing!
                                           Cucù when I was walking....
                                                                                  Cucù when I was walking........

Con gli attori del Living theatre ricordo pochi stages, tenuti nel salone del collegio Argento, in cui si decisero le sorti di quella estate: ci fu una presentazione di lavoro al collegio Argento, con tavole viventi di ogni partecipante (il juke box). Gli attori del Living lasciarono a fine giungo, per dissidi interni.
Fu a questo punto che lo studio seminariale del fenomeno tarantismo ed i seminari teatrali si trasformarono in una carovana del teatro itinerante.
Gino Santoro prese accordi con i sindaci dei 7 comuni della Grecìa Salentina, finanziatori, per ospitare la carovana itinerante della preparazione dello spettacolo, e delle serate che ne conseguirono: A Martignano, nella chiesa e nelle strade (5/7/1981), a Sternatia, nel palazzo baronale (18/7), a Melpignano, nella scuola elementare (belle le serate alla fine degli incontro, sotto il loggiato della piazza, a bere un'acqua tonica o un panino del chioschetto, ricco di salse), ed a Muro Leccese, in piazza. In tutto, lo stage è durato 41 giorni, fino ai primi di agosto.

Tra le persone che seguirono i seminari fino all'estate, le motivazioni erano varie. L'apparire insieme nelle rappresentazioni, la potenziale partecipazione ad un festival che si teneva ad Essaouirà in Marocco sulla trance del mediterraneo (poi sfumata, per mancanza di fondi, a vedere altre culture, altri spettacoli, ad Essaouirà fu girato l'Otello di Orson Welles, con la cittadella fortificata, la Medina, e altre scene furono girate al El Jadida, all'interno della cisterna portoghese); 
per alcuni fu occasione di nuove amicizie e frequentazioni, come i due ragazzi gay che arrivavano con dei palloncini dalle forme sessuali), per altri fu occasione di spogliarsi, al mare, dei vestiti, e culturalmente, di pregiudizi e morali superate. 
Ci fu assegnato un rimborso, per la benzina, per tutti i viaggi su e giù tra casa e la Grecìa Salentina. I comuni con le amministrazioni di centro sinistra avevano finanziato gli interventi teatrali.
Discussioni si animarono per scegliere i costumi e gli oggetti di scena, dai taraletti per far asciugare il tabacco, oggetti dell'universo domestico (danza-incubo degli ombrelli, la valigia di cartone, lenzuoli, scope, sedie, appendiabiti, fascine, comò)
il sogno-incubo, ma anche l'entusiasmo
un sogno con delle pause, di scena, dentro il sogno, di realtà sociale, le partenze, le separazioni
orgia di oggetti quotidiani con molti usi
il bestiario dei sogni ed ossessioni delle tarantate
uno degli elementi totemici del tarantismo, i fili/fettucce di seta, colorati, sgargianti, usati per decorare la stanza della tarantata sotto terapia, secondo il colore della taranta che l'ha posseduta, nello spettacolo sono stati elemento decorativo ma anche rappresentativo, disposti a raggera come tela di ragno, 
il sonoro dà densità allo spettacolo e regge le immagini
uccelli, attori sbattono le ali, universo domestico allucinante, giostra trascinante
le creature come ospiti interni alla tarantata, prologo della donna che racconta, 
spazio mentale, oggetti sono ospiti della sua mente
lei come casa abitata da quegli oggetti che cantano, si agitano, sono dentro di lei
i canti delle prefiche, moruloia,
le grida delle tarantate nella cappella di S. Pietro e Paolo, lavò, lavò
Montaggio sonoro con le musiche dei Pink Floyd, dall'album "the wall" (Gianni Renna alle musiche)
Costumi: tanti camicioni del nonno e camicie da notte del primo novecento

Tra i testi da recitare 
ognuno si scelse qualche verso di Vittorio Bodini, o anche di Vittorio Pagano 

Quanto manca d'azzurro a questo cielo (Mario Blasi)

Oh non sapremo mai d'essere stati fantasmi!

Vattene cielo vattene, voltati dall'altra parte

da cui uscivamo al sole come numeri
dalla faccia d'un dado.

Sulle pianure del Sud non passa un sogno.

Battono colpi a case addormentate, ne trasale la luna (Grazia)

Uomini con camicie silenziose
fannno un nodo al fazzoletto
per ricordarsi del cuore

Qui non vorrei morire dove vivere
mi tocca, mio paese
così sgradito da doverti amare

Viviamo in un incantesimo 
tra palazzi di tufo
in una grande pianura. 
Sulle rive del nulla
mostriamo le caverne di noi stessi (Raffaele)

Chiudi le mani a pugno o luna sull'asfalto
lasciaci indovinare dove hai nascosto la moneta d'oro

Le bambine negli orti 
a ogni grido aggiungono una foglia 
alla luna e al basilico.  (vedi link)

Che erba hai in mano! - ho un mazzetto
di balconi e di capre 
di calce azzurra,
e per cielo, lattuga e erba cedrina
il verde cielo d'una tartaruga...

di cicogna, che si spulciano il petto 
che prendono pietre da terra
 e le buttano più in là.

Tre bambine che saltano alla corda 
arancio limone mandarino
e il cielo ai vetri rotti di un finestrino 
arancio limone mandarino (Maria Rosa)

Io avevo una pietra
e questa pietra aveva un orizzonte
e l'orizzonte un desiderio
d spaccarsi, di fendersi
in melagrane
in bianchi muri di calce
secondo un disegno che era
il disegno della mia morte.
E' con la propria morte
che bisogna abitare.....
ma ormai
senz'ombra
senza pietra come
come farò a sapere
dove sono, fino a che punto sono morto
o vivo
le cose da lasciare 
e quelle da prendere.
E' la caverna, è la caverna.
E' la caverna dell'uomo 
che ha i pantaloni stirati.

E' in una sera dipinta sulla seta che vi lascio
negli odori di umido e di carta bruciata (Addio e non leggete)

Sto davanti alla tua caverna.
Esci fuori e arrenditi.
Noi abbiamo la sintassi e la radio,
i giornali e il telegrafo,
e tu non vivi che del mio sonno,
non hai che la roccia a cui ti tieni abbrancato,
e per farmi dispetto
non mi rispondi nemmeno.

Uno l'ho visto io
camminare col capo in giù
sul soffitto,
altri bevevano a un pozzo
di scorpioni e di serpi,
non senza gridi,
nel viola acido e sporco
d'una cappella,
mentre fuori era il chiaro giorno
steso coi piedi avanti
come il Cristo del Mantegna.

Cade a pezzi a quest’ora sulle terre del Sud
un tramonto da bestia macellata.

E' qui che i salentini dopo morti
fanno ritorno
col cappello in testa.

Un monaco rissoso vola tra gli alberi.

Tutto ciò che ti dono 
non t'interessa.....
cos'è che ti rattrista,
che respingi ogni cosa:
se è l'orgoglio e i belletti del piacere
o se il dispetto di non essere eterno.

Quando tornai al mio paese nel Sud,
io mi sentivo morire.

Biancamente dorato
è il cielo dove
sui cornicioni corrono
angeli dalle dolci mammelle,
guerrieri saraceni e asini dotti
con le ricche gorgiere.


Bibliografia





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